L I V E – R E P O R T
Articolo di Arianna Mancini
È una fresca serata di fine estate, ci troviamo a Gubbio, una delle perle medioevali dell’Umbria, che all’arrivo ci regala un tramonto infuocato sul Teatro Romano. Il bagliore di un’ineffabile poesia rapisce da subito i sensi, che avranno modo di destarsi vividi a breve. Siamo qui per assistere ad una delle tappe estive del deSidera Tour, Cristina Donà è tornata con un nuovo album regalandoci brani con cui riscaldarci il cuore e riflettere. Il concerto avrà luogo proprio qui nell’area archeologica, testimonianza dell’epoca romana e di ciò che rimane del teatro risalente al I secolo a.C., culla di cultura e trascorse gesta, le cui pietre profumano di storia.
L’evento è stato reso possibile grazie alla collaborazione fra Gubbio Oltre Festival e Moon in June, sempre attenti ai progetti artistici nazionali ed internazionali, sia emergenti che più conosciuti e che da anni ormai portano sui palchi umbri esperienze sonore dalle più svariate e molteplici cangianze.
Il tramonto infuocato che ci ha accolti ha lasciato il giusto posto alla sera, siamo già tutti seduti nelle gradinate e l’illuminazione non rende possibile la vista delle stelle, sembra non ce ne siano. Si parte da qui, deSidera: mancanza di stelle. L’album uscito nei primi giorni dello scorso dicembre per Fenix Music, è stato scritto a quattro mani con il musicista e produttore Saverio Lanza, fedele Virgilio che ha affiancato Cristina nella realizzazione dei suoi ultimi tre lavori. Il filo conduttore di questo nuovo disco, e che lega un po’ tutti i brani, lo si può trovare nel titolo del quarto brano del disco: Desiderio. Un’entità che da sempre smuove l’animo umano, sia come meta a cui tendere ma anche come percezione di un incolmabile vuoto. È un disco che cerca di smuovere l’essere umano in profondità, a partire dal singolo per poi ampliarsi alla collettività, verso una reale presa di coscienza, cercar di infondere un nuovo punto di vista più consapevole di approccio alla vita. deSidera è altresì un nuovo punto di partenza sonoro, su qualche brano spuntano tappeti elettronici, quel substrato sintetico tipico dei primi anni Ottanta, che va a dare nuove sfumature alle sonorità.

Il palco è ancora vuoto ed illuminato da luci bluastre. Una melodia prende corpo espandendosi tutt’intorno, è Daydreaming dei Radiohead. Congrua introduzione, “Dreamers/ They never learn”. Con incedere elegante e deciso entra il duo, Cristina e Saverio, l’incipit si materializza con il primo brano del disco: Distratti, testimone di un’umanità che non desidera più con consapevolezza ipnotizzata da un consumismo sfrenato, “attratti da tutto ciò che luccica”. Proseguiamo sul filo del nuovo album con Colpa, si cerca sempre un capro espiatorio.
Il duo si ferma un attimo e Cristina ringrazia il pubblico accogliendoci con: “Bentornati a questo respiro comune che è lo spettacolo dal vivo”. Presenta il nuovo disco e, rimanendo in materia di astri con Stelle Buone, ci riporta alle sue origini sulle vibrazioni dell’album d’esordio, Tregua (1997), che sancisce il momento in cui il panorama indipendente italiano si arricchì di questa nuova preziosa voce-anima. Un attimo ancora per sentire il passato e guardarsi indietro ed è ora con noi Un Esercito di Alberi (Torno a casa a piedi, 2011). “Proteggi la mia testa/ Dai ricordi inutili”. Conto alla Rovescia ci risintonizza sulle frequenze del nuovo album. Sempre tesi a desiderare, a domandare senza ricevere risposta.
Di nuovo un improvviso salto indietro e rimaniamo un po’ a girovagare nel trascorso discografico con Ho Sempre Me (Tregua, 1997), Triathlon e Dove sei Tu (Dove Sei Tu, 2003).

La serata trascorre cullandoci nelle melodie, le luci del palco portano il loro immancabile tocco di magia, variando in sfumature di colore e d’intensità, precise con il mutare dei brani. Il duo tiene le redini del palco senza fratture o mancanze, suoni pieni, colmi come se ci fossero altri musicisti con loro. Le riflessioni della nostra poetessa arrivano al cuore come un abbraccio, alternate a lampi ironici e più giocosi. C’è sinergia, siamo nel flusso di questo “respiro comune” che ci avvolge facendoci vibrare in un sentire condiviso. Il taumaturgico potere della musica ci avvicina a noi stessi, fino in fondo, si tocca l’anima con le proprie mani. Un desiderio essenziale esaudito è possibile qui.
Si riprende poi il sentiero del nuovo disco con Torna, che fluisce su una melodia acustica carica di malinconica intensità e a seguire: Senza Fucile né Spada. Cristina presenta questo brano, è l’unico dell’album composto nel corso della prima ondata pandemica, primavera 2020. Tutti gli altri erano stati scritti prima che questo spettro risucchiasse le nostre vite. È “dedicato”, come memoria, all’apocalisse vissuta in Val Seriana, dove Cristina risiede. Il testo è di una lucidità agghiacciante nel descrivere il senso d’impotenza, il dolore per le perdite e l’isolamento: ”Non sapevamo che/ Saremmo stati mandati/ A combattere/ Persino la morte/ Restando fermi/ Come statue/… Arruolati in guerra/ Prigionieri in casa/ Senza fucile né spada”.

La tensione si scioglie con il palesarsi del brano successivo, Universo, cantata all’unisono ed a tratti solo dal pubblico. Pathos corale e brividi. Sul finire, il brano, con immensa sorpresa per i presenti, si ingloba con l’incipit di Oceano di Silenzio di Franco Battiato, per poi confluire nuovamente in un’altra cover, Across the Universe dei Beatles, si avvertono fremiti ed un inusuale senso di completezza. In certi momenti, come in questo, sembra davvero di custodire l’universo dentro noi stessi.
Lo spettacolo sta per volgere al termine e negli ultimi bagliori di questa esperienza catartica ci fanno compagnia due brani tratti dall’ultimo disco, Desiderio e Titoli di Coda, che chiude l’album. Fra un desidero cannibale, una rincorsa verso ciò che è inafferrabile come le stelle e una storia d’amore che finisce, siamo già in attesa del bis che non tarda ad arrivare. In tutto questo non manca l’occasione per Cristina di proposi come nostra “cantaterapeuta”, facendoci idealmente riversare nei nostri vocalizzi le tossine da espellere ed i desideri da inviare alle stelle per essere esauditi. Questo è uno spettacolo totalizzante, in cui viene nutrita ogni sfaccettatura e indole dell’essere. Nel tutto c’è profondità, sogno, gioco e impegno sociale.

Mangialuomo (Nido, 1999) preceduta da un’accorata dedica alla memoria di Gino Strada apre il bis, poi Cristina crea generosamente uno spazio per le richieste del pubblico: Settembre e Invisibile ci conducono per mano al termine, impossibile rimanere alieni dall’incanto, perché anche se le hai sentite milioni di volte, è come se fosse la prima.
Certi concerti in realtà sono bolle di sospensione nel tempo, tutto si ferma in equilibrio in un fulgido senso di completezza interiore. In viaggio nelle sonorità da atmosfere acustiche, spazi elettronici fino a toccare vette più rocciose. Le liriche dei brani storici e dei nuovi nati toccano le nervature del cuore facendole vibrare. È stato uno spettacolo terapeutico, un’esperienza di liberazione. I nodi che avevi in gola si sono sciolti, le emozioni sopite risvegliate, le lacrime bloccate dietro al muro dell’autodifesa sono sgorgate. Alla fine se ci guardiamo davvero dentro, le stelle non sono poi così lontane o assenti, loro ci sono se ci focalizziamo su ciò che è veramente essenziale, su ciò che ci nutre. “Siamo fatti di polvere di stelle”, le possiamo scovare dentro noi stessi se c’è qualcuno che ci guida nel trovarle. Grazie Cristina, grazie Saverio.

Ringraziamo di vero cuore lo staff di Gubbio Oltre Festival e la premura di Giovanni Sannipoli, direttore artistico del festival, per averci inviato i suggestivi scatti di Marco Signoretti, che ben raccontano il magnetismo della serata.






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