I N T E R V I S T A


Articolo di Riccardo Provasi

Tardo autunno, quasi inverno. Una Milano fredda, appannata da una luce offuscata dai vapori gelati. Eppure, si sentono in lontananza grida di lotta, gladiatori, creature infernali, dei ed eroi, e tutto d’un tratto siamo catapultati in un passato glorioso, nel mito. Un sapore di salsedine, una ventata d’aria calda mediterranea sembra colpirci, mentre all’orizzonte sembrano scorgersi paesaggi incantati, tra villaggi bianchi, navi da commercio, legionari e stregoni. Tutte queste sensazioni nascono dopo un ascolto di Mondo Peplum, secondo capitolo del side project del cantautore Alessandro Grazian, Torso Virile Colossale uscito l’11 novembre di quest’anno.
Oltre ad aver ascoltato questo piccolo capolavoro della musica strumentale, ho avuto il piacere di poter incontrare Alessandro e farci due chiacchiere, in un grazioso bar sul Naviglio Grande, per parlare dell’origine, della realizzazione e dei segreti di questo lavoro.

Quali sono le ragioni del titolo Mondo Peplum, da cosa sei stato ispirato?
In generale i Peplum sono un genere di film italiano molto in voga negli anni ’50 e ’60. Si tratta di realizzazioni generalmente a basso costo di produzione. Io sono sempre stato affascinato da questi colossal italiani fin da quando ero bambino: ne amavo l’estetica e il mondo attorno. Diciamo che con questo album ho voluto esplicitare il nucleo fondante del progetto “Torso virile colossale”, sia il legame coi peplum appunto, sia con un altro genere di film che invece rappresenta l’altra faccia della medaglia del cinema anni 60 ovvero il Mondo Movie.

Studiando il tuo lavoro si vede come la data di uscita del primo singolo, Fenici miei, sia di giugno 2021… e quando si parla di qualcosa del biennio 2020–2021 non può che saltare fuori una domanda sul lockdown. Quanto ha influito sulle ispirazioni per la realizzazione stare mesi senza poter fare granché? Al contrario, forse con una visione più “romantica”, quanto ti ha ispirato il mondo esterno, come i reperti archeologici?
Guarda, in realtà il lavoro, sotto il profilo della scrittura, era sostanzialmente completo già nella primavera del 2020. Di solito io scrivo le varie parti tramite simulatori digitali e spesso c’è poca differenza tra la prima traccia registrata e il lavoro finale. Era tutto prenotato per le sessioni di registrazione quando è scoppiato il primo lockdown che ha ovviamente ritardato tutto. Avevamo ripreso fiducia verso la primavera del 2021, perciò ho realizzato e pubblicato il primo singolo, Fenici miei, uscito a giugno 2021 per annunciare “l’imminente uscita dell’album”… non è proprio andata così visto che è uscito a novembre dell’anno successivo! Ci ha frenato nuovamente il rialzo dei contagi, ma la lunga gestazione ha portato idee sotto il profilo grafico, come la serigrafia del vinile del singolo.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, amo suonare in location in grado di esaltare il valore evocativo della mia musica, come il complesso di Santa Giulia a Brescia, e in generale i musei e le aree archeologiche sono da sempre un’ispirazione. Torso virile colossale è il nome di una statua presente in un museo a Catania per esempio.

Domanda stupida… ascolti podcast storici come Barbero?
Certo! Anzi, apprezzo questa modalità informale di condividere la conoscenza.

L’album è un omaggio al mondo antico, ma vediamo civiltà spesso ricordate appena: cosa ti ha spinto ad essere ispirato dai Fenici, gli Etruschi e i Babilonesi?
Perché sono i più misteriosi, sia perché poco approfonditi dal Cinema Peplum, sia per il fascino generale dei loro destini. Per esempio, i Fenici sono stati in sostanza i primi ad aver compiuto una vera e propria globalizzazione nel Mediterraneo, gli Etruschi avevano delle visioni molto avanzate su alcune tematiche sociali come il ruolo della donna e i vari manufatti Babilonesi sono stati trafugati e sparpagliati in tutta Europa: abbiamo Babilonia persino in fondo al Mediterraneo per colpa di alcune catastrofi che hanno colpito diverse navi cariche di reperti.

In sostanza abbiamo un legame tra storia, impressioni visive, ricordi e tanta musica. Di solito i titoli dei brani nascono una volta che la traccia è composta o sono le immagini e ciò che descrivi a portare l’intuizione musicale?
In realtà dipende molto. Fenici miei è uscito appena completata l’opera, mentre Chi guida l’orgia? è un titolo che è nato una volta concluso. Alcune volte un titolo continua a cambiare fino al definitivo, com’è successo per Trionfo!

Questo è un album che sotto il profilo chitarristico direi che non si risparmia affatto, è questo il tuo strumento principale di composizione?
In realtà no, lo strumento che uso maggiormente per comporre in realtà è il piano, in generale le tastiere, per poi aprirmi ad uno sviluppo attento a tutti i tipi di strumenti. Comunque è vero, si tratta di un album in cui la chitarra elettrica è fondamentale: è quell’ingrediente in grado di attualizzare tutta la composizione e di spaziare nella sperimentazione, rimanendo a fianco della sezione più “classica” come quella degli archi.

Sempre a proposito della chitarra elettrica, si sentono moltissimo le influenze del mondo rock: in Estasi a Tor Caldara le percussioni mi ricordano Innuendo dei Queen, mentre il coro ricorda The Great Gig in the sky, dei Pink Floyd. Quali sono le tue ispirazioni da questo mondo?
Innanzitutto, io ho iniziato a suonare la chitarra negli anni ’90, il periodo in cui il rock era tornato in classifica declinato nelle nuove tendenze come il Grunge di Seattle. La visione della chitarra come “strumento – macina – riff” mi ha portato ovviamente a riscoprire tutto il mondo del rock anni ’60 e ’70, un mondo di fraseggi distorti e pesanti. Se devo citarti dei nomi così, a freddo, mi vengono in mente i Black Sabbath, Sepoltura, Sound Garden, ma anche tutto quel mondo “dream pop”, con chitarre liquide e sonorità “oniriche”. Diciamo che in generale in questo album ho voluto portare quel suono muscolare, aggressivo dei grandi riff chitarristici, ampliandone lo spettro creativo con stratagemmi come accordature particolari, spesso aperte.

Domanda tecnica da chitarrista: pedaliera elettronica o analogica?
Analogica, ho usato diversi pedali tra cui fuzz, delay e molti altri.

In Chi guida l’orgia? le percussioni ricordano l’andamento ritmico del sirtaki, una sorta di “falso storico musicale” ideato da Mikis Theodorakis, compositore greco per il film Zorba il Greco del 1964, creando la falsa credenza che si tratti di musica tradizionale ellenica. Hai fatto ricerche etnomusicologiche per realizzare questo lavoro?
Sì, anche se più che una ricerca in generale storico – musicale, sono da sempre appassionato di musica popolare delle varie zone del mondo. Anche per questo ho utilizzato divere accordature aperte: mi hanno permesso di creare sonorità affini agli strumenti tradizionali.

Questa domanda doveva arrivare prima o poi: quali sono stati i compositori di film che ti hanno ispirato maggiormente?
Ovviamente al primo posto non posso che mettere Morricone! L’ho ascoltato, riascoltato e studiato in ogni sua forma. In generale però sono comunque legato a diversi compositori italiani degli anni ’60 e ’70, come Ortolani o Angelo Francesco Lavagnino. A livello internazionale direi nomi come Alex North e Georges Delerue.

Per concludere, vorrei sapere una cosa: ma tu vorresti fare la colonna sonora di un vero film? Che genere?
Ovviamente, e direi un peplum anche se so che ormai non avrebbero senso. In un film c’è sempre in una piccola parte anche un riflesso della società che andrà a vederlo al cinema. I peplum erano così anche per la dimensione più innocente dei loro spettatori e della società dell’epoca in generale, ad oggi film del genere sono più film d’azione ambientati in epoche storiche.

Ci alziamo e andiamo via. Stiamo per salutarci quando gli dico che il gruppo per cui suono si chiama ol55, come il celebre brano di Tom Waits, artista che adoro alla follia. Ed ecco che fa mente locale e aggiunge: anche Russian dance di Tom Waits, inconsciamente, mi ha ispirato a questo tipo di composizioni… ascoltala!