R E C E N S I O N E


Recensione di Arianna Mancini

In Holy Flux Tour, si chiama proprio così: “Nel Flusso Sacro”, il tour che partirà il prossimo 8 dicembre da Los Angeles e nel corso del quale Weyes Blood presenterà il suo nuovo album: And in the Darkness, Hearts Aglow, uscito lo scorso 18 novembre per Sub Pop.
Fra flussi sacri e cuori che ardono nell’oscurità siamo ormai ben lontani dagli esordi e la metamorfosi di Natalie Laura Mering (classe 1988), in arte Weyes Blood, oggi ha avuto pieno compimento. La giovane cantautrice, compositrice e polistrumentista originaria di Santa Monica è cresciuta in una famiglia di musicisti. È partita da nuclei sonori folk-psichedelici per attraversare poi anfratti noise. Prima di prendere piena padronanza della sua strada è stata infatti bassista della formazione Jakie-O Motherfucker, per un breve periodo cantante e tastierista della formazione noise-rock Satanized e conosciuta come Weyes Bluhd per i suoi dischi autoprodotti.
Il suo debutto da solista si consacra nel 2011 con The Outside Room e da allora con cadenza quasi regolare ha pubblicato altri quattro album: The Innocents (2014), Front Row Seat to Earth (2016) e Titanic Rising (2019).
And in the Darkness, Hearts Aglow, quinto lavoro in studio registrato all’EastWest Studio di Los Angeles, è un album co-prodotto, come il precedente, insieme a Jonathan Rado, fatta eccezione per A Given Thing, coda di chiusura del disco, che vede la collaborazione di Rodaidh McDonald. Fra le trame sonore di questo lavoro si può annoverare la partecipazione di Meg Duffy (chitarra), Daniel Lopatin (sintetizzatori, sonorizzazioni ambient ed elettronica) e Mary Lattimore (arpa).

Il nuovo nato di “Sangue Saggio”, (/ ‘waiz blʌd/, è così che si pronuncia il suo moniker) è il secondo capitolo della trilogia iniziata con Titanic Rising, il cui concept verteva sull’osservazione di ciò che sarebbe stato, ovvero un presagio di catastrofe. Con la nuova uscita siamo nel territorio dello sgretolamento della struttura sociale e dei rapporti umani e come ha anticipato l’autrice stessa, nel terzo capitolo avremo un lieto epilogo approdando sui territori della speranza.     
Se si scorrono i titoli dell’album possiamo percepirne la traiettoria, le idee espresse nella scaletta composta da dieci brani sono una sorta di declinazione di un universo interiore fratturato, in cui il cuore, fulcro di ogni moto dell’anima, regna sovrano. Complice assoluto ne è il titolo, “E nell’Oscurità, i Cuori Ardono”, che si fa supremo portavoce di questa sfera oscura, sfuggente e difficile da sondare che è l’animo umano. È un disco intimo, ispirato, come recita la nota stampa, dallo stato d’isolamento che ha provato mentre viveva a New York nel “periodo cruciale collettivo”, nota che ricorre come uno spettro in tutti i lavori usciti in questo trascorso biennio. Nel turbinio di delusioni sentimentali e realtà danneggiate, non mancano però bagliori di ricerca della speranza e di un senso di pietas che possa farci condividere un sentire comune.   
Le composizioni prendono corpo attraverso sonorità solenni, un pop barocco caratterizzato da bagliori vintage in cui si respirano atmosfere anni Ottanta e raffinata ritualità orchestrale.

Il brano d’apertura, It’s Not Just Me, It’s Everybody, scorrendo aulico su eleganti orchestrazioni, evoca un senso di solitudine condivisa, è una sincera considerazione dell’attuale condizione umana: “Siamo diventati tutti estranei/ Anche per noi stessi”, fino a comprendere che: “Fa tutto parte di un’unica grande cosa/ Non sono solo io, sono tutti”. Children of the Empire, con le sue armonie corali e le ambientazioni folk-soul, perpetua lo scenario di una realtà decomposta in cui “non abbiamo più il tempo di avere paura”.
Grapevine, splendida ballata angelica che si apre con l’intro di un’avvolgente chitarra, vive di senso di smarrimento per una storia d’amore andata in frantumi. Lo stesso sentore di turbamento si mantiene intatto nella suggestiva God Turn Me Into a Flower, brano che si ispira al mito di Narciso contestualizzato nella società odierna, e lì dove tutti sono intrappolati nello spettro di un’irrisoria vanità, lei preferisce la flessibile naturalezza di un fiore. Qui fra tappeti elettronici guidati da un organo si erige in primo piano la voce di Weyes che riluce limpida in tutto il suo fulgore fra vocalizzi e giochi di stile. I toni si smorzano verso un pop orchestrale nella seguente Hearts Aglow che però brilla di sognante romanticismo.
And in the Darkness e In Holy Flux, due eterei e brevi intermezzi strumentali, incastonano nel loro centro Twin Flame che scorre su pulviscoli digitali e ritmi orecchiabili mentre lei canta: “Siamo più dei nostri travestimenti/ Siamo più del semplice dolore”.
The Worst Is Done, che precede il brano di chiusura del disco, assume apparentemente l’andamento scanzonato di un jingle, ma il testo non mente: ”Dicono che il peggio è passato/ Ma io credo che il peggio debba ancora arrivare/ …Siamo tutti così distrutti dopo questo”.
A Given Thing, sulla scia di sentimentali accordi di pianoforte, ci conduce al termine di questo ascolto introspettivo, portando una nuova luce, quella di un sentimento non arrendevole, l’amore eterno che vince ogni cosa.  

And in the Darkness, Hearts Aglow è un lavoro maturo e strutturato, composto da lussureggianti ballate, che tocca vette auliche ed eleganti mantenendosi sempre ad un livello di raffinatezza quasi maniacale. Volendo trovare qualche increspatura, si potrebbe osare ammettendo sottovoce che potrebbe risultare lievemente ampolloso per orecchie più inclini ed abituate a mutamenti ed increspature, ma Sangue Saggio dimostra di aver piena padronanza della sua strada e di percorrerla libera e fiera.
Esplorando la sua discografia, a tratti mi è sembrato di intravvedere in Weyes il fantasma di Nico. Mi chiedo se pure John Cale abbia avuto la stessa impressione dato che l’ha voluta come ospite nel brano Story of Blood, parte del suo prossimo album (Mercy) che uscirà il 20 gennaio.

Tracklist:
01. It’s Not Just Me, It’s Everybody (06:16)
02. Children of the Empire (06:03)
03. Grapevine (05:25)
04. God Turn Me Into a Flower (06:25)
05. Hearts Aglow (05:49)
06. And in the Darkness (00:14)
07. Twin Flame (04:22)
08. In Holy Flux (01:47)
09. The Worst Is Done (06:00)
10. A Given Thing (04:01)

Photo © Neil Krug