R E C E N S I O N E
Recensione di Andrea Notarangelo
Ammettiamolo, ci abbiamo creduto un po’ tutti quanti alla reunion dei Supergrass. Prima il cofanetto “The Strange Ones 1994-2008”, uscito nel 2020 e comprensivo di (quasi) tutto lo scibile prodotto dalla band, poi il tour celebrativo che, causa pandemia, si è protratto per più tempo rispetto al dovuto e ha fatto vivere ai fan speranze che il quartetto fosse impegnato in qualcosa di grosso. In seguito la doccia fredda, con un comunicato stringato che pose fine alle speranze, calmierato dall’annuncio di un nuovo disco dell’ormai ex leader Gaz Coombes. Il nostro eroe è quindi tornato con Turn The Car Around, quarta prova solista, nonché parte conclusiva di una trilogia iniziata con Matador (uscito nel 2015), e proseguita attraverso World’s Strongest Man (del 2018). L’artista ha però scritto e registrato un disco in evoluzione, pensato negli ultimi sette anni e che, a detta di Coombes stesso, “cattura alti e bassi della vita moderna”.

Venendo al sodo, il disco parte con ottime premesse già dalle prime note di Overnight Trains, che ci accoglie con un piglio notturno e cangiante. La voce calda à la Leonard Cohen, poco alla volta si trasforma e il timbro umbratile cede il passo a una versione più solare, tirata e vicina al consueto stile del cantautore, ma è proprio questo effetto straniante che offre il valore aggiunto. È come se, il treno decantato, dopo una partenza notturna e burrascosa ci conduce all’alba in una pigra stazione estiva non ancora troppo affollata. Don’t Say It’s Over, primo estratto del disco, è anche accompagnata da un bel video ‘minimale’ diretto da Tom Cockram che ben descrive il mood della canzone. La storia è semplice: Gaz ci racconta con stile ed eleganza le emozioni provate nella notte del primo incontro con sua moglie. In una recente dichiarazione però, ha aggiunto che, quando l’ha scritta aveva in mente l’immagine di questi due innamorati che vagano di notte per un’allegra città di villeggiatura, nellla quale condividevano momenti belli e altri inconsueti. In questa cornice il protagonista prova un sentimento d’amore puro seppur con le immagini future di tutte le complicazioni che conseguiranno da quel rapporto. Allo stesso tempo si sofferma a pensare alla realtà vacua di una vita senza quell’amore. È pertanto una canzone sulle riflessioni, su dove si potrebbe essere senza quella persona e di quanto meglio si sta ora, attraverso la sua presenza e il suo affetto costante. Il video citato in precedenza va proprio in questa direzione e mostra l’anziana protagonista femminile tirare le somme del rapporto intimo con il suo lui. A corredo di questo, la canzone presenta un assolo imperdibile di chitarra a cura dello stesso Coombes.
La successiva Feel Loop (Lizard Dream) è una traccia inconsueta con una chitarra acida mischiata ad un cantato che mi ricorda a tratti i Verve del periodo Urban Hymns. Mettiamola così, non è presente alcun elemento della band di Wigan, né la voce, né la parte strumentale in sé, che, di primo acchito, potrebbe far pensare più a una traccia sperimentale dei Blur di 13, eppure, l’amalgama finale mi ha riportato ai fasti dell’epopea Brit pop e a come verrebbe personalizzata da Gas stesso una cover dell’ex gruppo di Richard Ashcroft. Si cambia completamente registro nella successiva Long Live the Strange, una ballad accorata, sorretta da un piano robusto ed energico e dove, nel titolo, si può forse ritrovare una sorta di citazione. I Supergrass presero il loro soprannome “The Strange Ones” (gli strani), da una canzone del primo disco pubblicato e, probabilmente, lo “Strano” del titolo fa riferimento proprio a Gas stesso. A proposito della band madre, si percepisce tra i solchi un forte richiamo a Road To Rouen, disco pubblicato nel 2005 che segnò un distacco netto dalla produzione precedente (e anche dalla successiva a dire il vero), abbracciando uno stile più personale e introspettivo. Not the Only Things va proprio in questa direzione, dove una vena malinconica pulsa nella parte strumentale che avvolge la chitarra acustica e la voce matura dell’artista. In generale, in questa nuova prova gli arrangiamenti giocano un ruolo fondamentale e tessono il giusto abito a canzoni essenziali che arrivano dritte al punto e regalano emozioni vive nell’ascoltatore. La title track a seguire ci racconta una storia differente da quella che tutti conosciamo, una fiaba dove il Brit pop ha vinto e alcune delle loro band sono arrivate a completa maturazione e incidono tuttora dischi di qualità e successo. Non è infatti concepibile come musicisti del calibro di Gas vengano ricordati con un effetto nostalgia quando invece sono ancora qui, sono ancora vivi e hanno molto da dire e da dare in ambito musicale. Sonny The Strong è un sentito omaggio al pugile Randy Turpin, campione del mondo britannico che negli anni migliori sconfisse anche Sugar Ray Robinson. Un vita da romanzo, dove successo e fama si fondono con l’ambiente della criminalità portando all’inevitabile conclusione in una fine tragica. Tutti questi elementi inevitabilmente costituiscono una storia da romanzo d’altri tempi e nel caso specifico ci resta una canzone romantica e dolceamara. Dance On, forse il pezzo più bello del disco, ci conduce magistralmente al termine di un album perfetto e pregno di sostanza.
Non so quando Gaz ha deciso il momento in cui girare la sua automobile, ma quando ha sterzato aveva le idee ben chiare e ci ha condotto in un posto nuovo, un paesaggio che profuma di casa senza somigliare però a nulla di quanto vissuto fino ad ora.
Tracklist:
01. Overnight Trains (3:45)
02. Don’t Say It’s Over (3:47)
03. Feel Loop (Lizard Dream) (3:35)
04. Long Live The Strange (4:24)
05. Not The Only Things (5:37)
06. Turn The Car Around (3:47)
07. This Love (3:46)
08. Sonny The Strong (4:11)
09. Dance On (5:05)
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