Intervista di E. Joshin Galani
A distanza di 5 anni dall’album precedente, Giorgio Canali e Rossofuoco tornano con un grande atto d’amore nei confronti della musica, ”Perle per Porci”. Uno scorcio aperto su quarant’anni di ricchezza musicale dal passato al presente, non solo brani stra illuminati dai riflettori, ma anche quelli più in disparte, a loro volta non meno preziosi.
Giorgio Canali ci presenta il suo personalissimo “patrimonio dell’Unesco” sonoro, caratterizzato in stile Rossofuoco. L’ho incontrato in occasione del suo concerto milanese del 9 aprile al Serraglio, con dialoghi inframezzati da mille risate fragorose.
Da anni state facendo un lunghissimo tour, ci si aspettava un lavoro nuovo, ed invece una comunicazione passionale, quella passione emozionale che in diverse epoche musicali ti ha fatto godere del raffinato lavoro di altri colleghi. Le canzoni scelte ti emozionano per somiglianza o differenza con te?
Mi emozionano, punto! C’è sia una certa famigliarità che una differenza. E’ chiaro che ci vuole un minimo di feeling, una familiarità con le cose, quindi annusarsi, riconoscersi, pur rispettando le differenze. Più che altro è vera invidia, nell’80% dei casi, per la mancanza di violenza nelle parole. Quando scrivo, nei miei testi ce n’è sempre molta, anche se parlo d’amore. Invidio moltissimo quelli che riescono a limitarla, a limarla, la violenza. Io non sono un violento, non sono neanche un pacifista, non sono neanche ottimista, però mi piacerebbe esserlo. Infatti adoro Jovanotti perché è un ottimista incurabile. Cosa ci posso fare, mi piacerebbe essere come lui, non lo sarò mai e forse anche per questo desidero assomigliargli. Vorrei aver scritto io quelle canzoni, ci è arrivato qualcun altro prima, amen.
Sembra un album a stratificazioni sia per il tempo a cui appartengono, sia per la distanza tra “assolutamente noti” e “per orecchie tesissime”. Pensi di averle abbellite, massacrate, rimodernate o semplicemente riproposte?
Io penso che le abbiamo presentate come Rossofuoco le avrebbe fatte, come io le avrei cantate e al meglio delle nostre possibilità. Voglio dire… il migliore dei mondi possibile sarebbe fatto di persone come me (risata generale). Chiaro, non entro nel merito se la cover è più bella dell’originale o il contrario, non me ne frega niente; mi emozionava l’originale, mi emoziona quello che abbiamo fatto e questo mi basta.
Sei riuscito a vestirle per come le sentivi?
Sono, anzi siamo, riusciti esattamente a vestirle come le sentivamo. Rossofuoco è un gruppo molto unito, lavoriamo tanto insieme su tutti i dettagli. Fondamentalmente è questo, credo che siamo riusciti a ridare una vita a delle canzoni che erano state dimenticate. Qualcuna no, ma la maggior parte era proprio passata nel dimenticatoio, anche se avevano avuto un piccolo momento di gloria. I Plasticost erano uno dei gruppi deliranti della new wave, “fuori dai coppi”, come si dice in Romagna, però non hanno mai avuto la ribalta che meritavano. I Frigidaire Tango, della stessa onda, sono un po’ più famosi, però anche loro insomma… Ricordo la prima volta che ho re-incrociato Steve (Dal Col, chitarrista dei Frigidaire Tango), fra l’altro ci frequentiamo da un po’ di tempo, adesso suoniamo insieme. Sei, sette anni fa, aveva appena rieditato un cofanetto che conteneva i primi due album più un disco di live e inediti e ancora un libretto con la storia della band… una roba terrificante. Quando ho messo su “The Cock”, l’album che all’epoca avevo su cassetta, mi è venuto da piangere. Una roba che non sentivo da anni e mi ha colpito tantissimo. E’ questa la cosa che ti porta avanti, ‘sti giochi, l’emozione, non c’è niente da fare. La maggior parte di queste canzoni quando le ho sentite la prima volta le ho tenute sul lettore. Che forse all’epoca un lettore di materiale in vinile, fosse cd o una musicassetta, quando girava faceva un fruscio, qualcosa che proprio emozionava, e io sono andato a caccia di emozioni. Non è un’operazione nostalgia, vorrei che fosse chiaro! Detesto i nostalgici e la nostalgia intesa come saudade, quella roba lì mi da l’orticaria, picchierei tutti i brasiliani che la pronunciano questa parola… (risata)
C’è stato qualche brano per cui avete impiegato più tempo per deciderne la veste musicale?
No, perché quando ci mettiamo a lavorare con gli altri lo facciamo improvvisando. Stavolta avevamo griglie di accordi ben definite, strutture e melodie più o meno precise. Ci siam messi a giocare con queste cose. Non credo che abbiamo fatto fatica, alla fine le abbiamo realizzate come le avrebbe fatte Rossofuoco, tutto lì. “Storie di ieri” l’avevo in testa come se fosse fatto da Dylan nel momento in cui si rompe i coglioni di essere acustico, diventa elettrico e tutti cominciano a fischiarlo. Infatti, se vai a risentire, il pezzo assomiglia abbastanza come tipo di arrangiamento a “Like a Rolling Stone”. Mi piaceva questo brano, so che Francesco (De Gregori) è un fan di Dylan, guarda a caso l’ultimo album è proprio di sue cover perciò, voglio dire… Ci stava di provare a rifare proprio quel pezzo che nel suo disco è molto sperimentale. Un suono di chitarre con un contrabbasso che fa robe strane e un sax non so di che tipo. Detesto i sax quindi potrebbe essere un contralto, un alto, non ne ho idea che cazzo di tipo sia, un piffero di merda… E’ bellissima la sua versione, molto in punta di piedi, la nostra invece è molto cafona, dilaniata. A parte che il testo è spettacolarmente bello e io, spesso, do molta più importanza alle parole. C’è da dire una cosa: questa canzone è una perla nella versione di Francesco de Gregori. Poi è uscita nella versione dell’altro… (pausa) quello spocchiosone lì… Tutti la conoscono in quella versione, è quello il fatto! Quando io la faccio dicono: “ehh, cazzo! Hai fatto una canzone di De André “… Col cazzo che ho fatto un pezzo di De André! Ho fatto un pezzo di Francesco De Gregori. Si sente che non sopporto De André vero? Non l’ho mai retto, non ci posso fare niente. E’ proprio di Francesco, ma la gente la conosce in una versione di De André che è molto più famosa. Comunque de André ha cambiato anche delle parole, sai quando cambi le parole delle cose grandi… le ha cambiate cazzo! “I poeti che brutte creature”, la cambiò in “che strane creature” non esiste di fare così, forse perché “quello” si sentiva un poeta e quindi… E’ lì che casca l’asino, cascano tanti asini che volano, va beh, non lo so. So che mi faccio dei nemici quando dico che mi piace Jovanotti e detesto de André, però non ci posso fare un cazzo…
Un perfetto lavoro di traduzione per Cormen e Tuscado. Non era prevedibile per te cantarla in originale?
Guarda, sinceramente, se non mi fosse venuta fuori così bene, l’avrei cantata in inglese; però ho visto che spingendo da una parte, tirando dall’altra, saltandoci sopra per farla entrare negli spazi, più o meno la metrica teneva, il senso era perfetto, il suono non era poi così male. Non ho neanche chiesto a Mark (Simon) se gli piaceva la mia versione, sapevo che gli sarebbe piaciuta, anche perché parla italiano per cui avrà apprezzato molto. Il testo corrisponde, non ci ho messo una virgola in più, traduco Mark Simon non traduco Dylan (risata generale). Con Mark posso permettermelo, Dylan non lo so, non credo.
L’altra traduzione in italiano è dei Frigidaire Tango, “Recall”. Alcune scelte sono cadute sulla new wave italiana..
Con i Frigidaire Tango ho fatto quello che volevo, ho detto: “Carlo (Casale), il tuo testo fa cagare, perciò fammi dire un po’ le cose che mi pare a me”… e lui rispondeva: “va benissimo” (risata).
“Un giorno come tanti” di Mary in June l’hai coverizzato prima dell’uscita ufficiale (salvo la compilation) su cd ed hai ospitato ai cori Alessandro (Morini). Prevedi qualche partecipazione anche nei live?
Io le avevo previste nell’album queste ospitate, ma il problema è che siamo andati talmente veloci con la realizzazione della cosa, che alla fine mettersi a cercare di avere dei cameo in giro voleva dire ritardare il disco di due mesi e io avevo urgenza di uscire. Se capita nei live sì, però stasera ci sono almeno due persone che avrebbero potuto essere qui. Una non la conosco personalmente, l’altra, Fausto mi son dimenticato di chiamarlo (risata)… Fra l’altro ogni tanto ci vediamo, ma non so se sarebbe venuto, è strano… magari gli fa cagare veramente la versione che ho fatto, non ho idea di come l’abbia presa, forse ero anche un po’ imbarazzato al pensiero e per questo mi son scordato di contattarlo.
Per il video hai scelto “Tutto è così semplice” di Macromeo. Le immagini sono quelle di un campionato di freesbee. Sei un giocatore o volevi portare nelle immagini un simbolo degli anni ’70?
C’è una specie di flashback nella cosa, è successo stranamente che una sera ero davanti alla tv, a Rai Storia, stavano trasmettendo un estratto da un programma degli anni ’70 “Mezz’ora giovani” mentre stavo sentendo i mix. E’ partito un filmato, quello del campionato mondiale di frisbee del 1978 a Pasadena. Mentre sotto ascoltavo “Tutto è così semplice” nel momento in cui dice “tutto sta girando” vedevo questi alla tv che facevano girare il frisbee in aria. Ho detto: “cazzo, perfetto”! Abbiamo cercato di trovare i diritti originali, nessuno ne sa niente. Abbiamo trovato lo stesso documentario su youtube in qualità pessima (si vede). L’abbiamo scaricato, garbato, lavorato un po’, montato in maniera che fosse più o meno come poteva essere e poi ci abbiamo aggiunto questo playback surreale, in bianco e nero a strati. Spesso non è neanche sincrono, però perché sono un cazzone io, non imparo i labiali. Anche dal vivo sono abituato a cambiare le metriche delle mie canzoni per non fare cantare la gente (risata). Quindi, difficile, ogni ritornello non è lo stesso, ha sempre qualcosina che slitta, capito? Avremmo dovuto passare dieci ore a farci dei labiali, a questo punto dopo 5-6 take ho detto al tecnico: “vedi cosa riesci a tirar fuori di qui, se no vaffanculo! Cazzone, così, è più in stile Canali! Mi danno fastidio i concerti perfetti però magari un labiale a sincrono non sarebbe stato male, colpa mia, chiaro… Comunque nel video ci sono quegli anni 70 lì, c’è quella nostalgia lì. E’ l’antitesi del punk se ci pensi. Erano gli stessi anni, pensa nel ‘78 campionato mondiale di frisbee a Pasadena, sei anni di campionati mondiali, erano partiti poco prima, all’inizio si giocava col fustino dei detersivi americani, poi qualcuno si è inventato ‘sto aggeggio. In sei anni ha scalato in popolarità fra i teenager americani, ma anche quelli un po’ più vecchi. Se tu guardi le immagini, ci son gli stadi pieni con 120 -130 mila persone. Ti vai a vedere su youtube, campionato mondiale di frisbee, anche solo del 2013, ci sono venti persone sugli spalti, capito? Non c’è più quella cosa lì, era veramente un ritratto, uno stampo di un’epoca che poi è andata. Abbiamo fatto anche le T-shirt col logo taroccato del campionato mondiale del ‘78 di Pasadena. T-shirt con sotto scritto Rossofuoco perle per porci tour. Stasera ce le abbiamo, son bellissime! Non le vuol nessuno (risata generale), la gente chiede quelle con la stella e “fatevi fottere” …facile!
Con Angela Baraldi avete condiviso molti palchi sia come ex CSI che come omaggio ai Joy Division. Una scelta naturale quindi “Mi vuoi bene o no”?
Si, viviamo insieme da un bel po’ di tempo è normale. Credo che quel pezzo avesse un arrangiamento veramente penalizzante, che lo rendeva simile a cose non belle di quell’epoca lì, inizio anni ’90. Il testo spacca e il ritornello è bellissimo anche nell’originale, poi c’è tutta quella specie di roba lì che uccideva la canzone: troppo tentativo di vascorossaggine, non so, sono i musicisti di Bologna che fan danni, ne han sempre fatti. Sta per uscire il disco di Angela (Baraldi), ci siamo anche io, Steve (Dal Col) e Vittoria (Burattini) dei Massimo Volume per suonare; però il disco è di Angela, è proprio a nome suo, cavoli, mica Wess e Dori Ghezzi! A, noi piacerebbe che riuscisse ad esser pronto per la fine di giugno in modo da pubblicarlo dopo l’estate, che è una mossa molto strana. L’abbiam già fatta con “Rojo” questa mossa di uscire il 28 agosto, ultimo giorno di vacanza esce un album prima di tutto gli altri, a “Rojo” questa scelta ha portato abbastanza fortuna. Credo che questo sarà il nostro impegno, poi se esce il mese dopo non importa. La produzione non c’è, sì sono io, però è difficile fare il produttore con Steve, con Angie, non imponi niente, il produttore dovrebbe dire: “ok ragazzi fidatevi, bisogna andare in questa direzione“, ma non me lo lasciano fare. Questo disco lo stiamo realizzando e producendo insieme. E’ bello, son convinto che farà male, molto male, è molto molto nero, e sì, bello! (risata)
Con “Buon Anno” hai raccolto una poesia delle nevi di Fausto Rossi, e l’hai resa elettrica rock’n’roll. Quale altro suo brano avresti potuto scegliere?
Tutti, proprio indistintamente! Prima che si chiamasse Fausto Rossi tutti, dopo dovrei scegliere però fino all’album coi bambù in copertina, fino a quello, invidia su tutte le canzoni. Fausto è uno degli artisti italiani che ho imitato di più nelle mie vite precedenti, col Politrìo cercavo di scrivere, di pensare… il mio immaginario era quello. Provavo ad essere quello, poi lui era molto più bravo. Abitando anche a Milano, ha avuto più culo e sfiga allo stesso tempo, avendo a che fare con dei musicisti di merda che gli han rovinato i primi album. Quello è stato un problema, poi si è anche trasferito, va beh, a 30 km… (risate). Io quando son partito da Predappio me se ne sono andato a Parigi! (risate). Penso che Fausto, in Italia, sia l’artista che mi ha influenzato di più in assoluto.
E’ rimasto fuori qualcosa da questa selezione?
Un mucchio di cose molto più morbide che con Rossofuoco avremmo probabilmente massacrato. Rossofuoco purtroppo ha questo difetto, siamo dei cafoni che fanno rarrrarrrarr sulle cose, non riusciamo ad esser lievi. Probabilmente tra un album di inediti, altri impegni e l’album di Angela avrò anche il tempo per cercare di fare uscire “Perle per porci” di roba molto minimale, molto piccola, molto strappa mutande, con questa voce qua (dice mentre parla delicato) e senza urli. Mi piacerebbe moltissimo! Ci sono cose che son rimaste fuori come gli Eva Mon Amour, un gruppo romano che mamma mia! I Virginiana Miller della prima ora, di cui avrei scelto “Altrove” come prima cosa e poi anche “Oggetto piccolo (a)”, quella lì affascinantissima. Di Jovanotti ho già fatto “Mi fido di te”, ma probabilmente cercherei di rifare anche quella.
Che commenti hai avuto dai vari artisti a lavoro finito?
(risata) A me dell’opinione degli altri musicisti non me ne è mai fregato un cazzo! Cerco di ascoltare la musica, anche la mia, quella che produco o quella degli altri, mettendomi nei panni di una ragazzina bruttina, non brutta, non la stra-figa ok? molto triste che ascolta musica. Ecco, cerco di ascoltar musica in quella maniera lì, e se mi emoziona è bello. Quando penso a cosa ne pensano i musicisti mi vien da ridere. Gli album di Rossofuoco sono veramente come il porco, hanno un suono molto molto grezzo, per i fanatici di hi-fi, pollice verso. Musicalmente, a parte Luca (Martelli) che è un batterista spaventosamente bravo, siamo tutti dei cazzari che sanno tirar fuori delle cose dallo strumento ma non eccelsi come strumentisti. Come cantante obiettivamente faccio cagare va bene, cioè voglio dire non posso pensare a cosa pensano gli altri musicisti.
Io credo che tu abbia veramente fatto un atto di amore verso 40 anni di musica italiana…
Michele che ha scritto “Tutto è così semplice” è felicissimo, Angie è felicissima di come è venuta “Mi vuoi bene o no?” Fausto non lo so, con Finardi e De Gregori non so.., non ho un canale diretto, per rapportarmi con loro. “F104” è una versione un po’ estrema. Abbiamo tirato via un bel po’ di armonie, c’è meno rock &roll, è un po’ più sbiascicato, strascicato.
Non lo so cosa pensino, se son felici della versione. Mary in June sono felici della versione, Umberto (Palazzo) quando ha sentito 6-7 anni fa che avevamo finito “Luna viola” per la prima volta ha detto: “non mi son mai emozionato per una canzone mia, è successo stavolta”. Questa è bella comunque, poi spero che nessuno si senta insultato da come ho fatto miei i pezzi che ho scelto per il disco.
Neanche Vasco (Brondi) hai sentito per “lacrimogeni”?
Vasco non l’ho ancora sentito. Gli ho rispedito il link (che aveva perso in precedenza) per scaricare l’album. Non l’ho più sentito ne più visto, probabilmente gli fa anche cagare la nostra versione, perché l’abbiamo un po’ violentata “lacrimogeni”, specialmente nel finale. Se devo dire una cosa, quello è il pezzo di cui sono meno soddisfatto. Sulla carta aveva un gran potenziale, penso di non averlo cantato bene, penso che la violenza che gli abbiam fatto nel finale sia giustificata, però tutto l’inizio un po’ così di traverso, su una gamba sola, molte note blu, molto dissonante, sia un po’ esagerato…
Allora la potresti mettere nel secondo volume una versione più introspettiva…
Potrei farne tanti di pezzi di Vasco in versione introspettiva, quella ormai è fatta, di sicuro l’originale è 100.000 volte meglio, ma anche degli altri pezzi l’originale è meglio.
Qual è il tuo rapporto con il passato?
Mi fa cagare il passato, mi fa incazzare in una maniera quando mi chiamano “pezzo di storia della musica italiana”! Non sono un pezzo di storia, io sono la storia, io sono la musica italiana, basta! Non perché io rappresenti, ma perché io sono. Pezzo di storia è l’equivalente di quella bruttissima espressione inglese “has been”. No cazzo, non sono Mal dei Primitives ok? (sorriso). Non sono … no dai non voglio andare oltre… cazzo, pezzo di storia sei archiviato! No, non va bene, penso di essere parte di una storia che la stiamo ancora facendo. Mi danno fastidio i nostalgici. Sono quelli che si dimenticano che si sono innamorati di una cosa perché, all’epoca, erano innamorati dei loro vent’anni.
Non hanno riferimenti nel presente?
Dicono: “ehhh, che bello era quello perché “… perché avevi vent’anni, testa di cazzo! E’ un po’ come nel film di Nanni Moretti in cui l’italiano medio diceva: “come siamo brutti adesso, eravamo bellissimi allora, io sono un magnifico 40enne”… Caro Diario…
Nei concerti che portate in giro come Ex CSI o Post CSI c’è spesso differenza di prefisso…
Semplicemente perché non volevamo che ci fosse la sigla CSI, chiedevamo alla stampa che non ci fosse, mentre c’era continuamente sia sui giornali, che sui manifesti. Quando abbiamo cominciato a fare questa cosa eravamo: Gianni Maroccolo, Massimo Zamboni, Giorgio Canali, Francesco Magnelli, Angela Baraldi e Simone Filippi. Il progetto si chiamava “ciò che non deve accadere, accade”. C’erano tutti i nostri nomi e cognomi in fila, punto. La stampa questo non lo scriveva, scriveva semplicemente Csi o ex Csi. A questo punto Massimo e Giovanni (Lindo Ferretti) si son trovati a un pranzo Massimo a chiesto: “cosa potremmo fare per ovviare a questo inconveniente?” Giovanni ha proposto: “chiamatevi post-csi così l’avete risolta”. Ed è stato così, un bel consiglio. Noi non l’abbiam mai voluta ‘sta cosa, il repertorio era quello però, eravamo noi individui. Alla fine i nostri cognomi erano scritti piccolissimi e Csi o exCsi giganteschi. Bisognava trovare il modo per uscire da questa trappola, Giovanni che è un tipo sveglio l’ha trovato…
Chi è il tuo Dio che bestemmi? Perché hai sempre questa urgenza?
Io non ho urgenza di bestemmiare, si tratta di una rivalsa stupida e banale. I cattolici integralisti ogni giorno mi insultano, mi fanno rimanere male, mi fanno imbestialire con le loro affermazioni sulla difesa della vita e la sua sacralità. L’aborto? No! L’eutanasia? No! Le coppie miste? No! E questo no! No e no!!! Ogni volta io ci rimango malissimo, mi girano i coglioni forte. Qual è il modo per fare incazzare un cattolico? Bestemmiare! Hai capito? Basta! E’ semplicemente strategia: tu mi mandi nei matti con le tue storie, io ti mando nei matti con una bestemmia… Per me non vuol dire niente bestemmiare, non sono ateo! Vorrei che fosse chiaro, io non sono ateo, perché essere ateo vuol dire già ammettere che esiste un Dio. No, non sono ateo, io non sono niente . Il Dio di cui parlano è un problema loro e se si arrabbiano quando io ne parlo male son solo felice. E’ una mia risposta, e poi serve a svuotare i locali. Quando siamo in troppi in luoghi troppo piccoli, magari vedi che quelli più fighi son rimasti fuori, pensi: “adesso fuori i cattolici.” Io bestemmio ed i cattolici se ne vanno, veramente! Già fatto più di una volta e funziona. Ci sono sempre quelli che hanno il retaggio Csi, Pgr, Cccp e tutta quell’amalgama lì, arrivano lì se vanno via delusi perché comunque io non c’entro niente. Non c’entra la mia roba con quello che facevamo con Giovanni e Massimo.
Photo credits:
[1-4] R. Amal Serena
[5-8] Claudio Modonese
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