R E C E N S I O N E


Articolo di Giovanni Tamburino

Fermatevi tutti un attimo.
Mettetevi sul divano, fate sedere con voi la persona che amate (o anche solo il pensiero di lei). Fate un respiro profondo, premete play e chiudete gli occhi.
È così che sarete pronti a dare il benvenuto al ritorno dei Fast Animals and Slow Kids e di Animali notturni, il loro quinto disco e primo ad uscire per la grande casa discografica Warner, uscito alla mezzanotte del 10 maggio.

Se avete già iniziato ad ascoltarlo avrete capito perché ci si raccomanda di non stare in piedi: l’inizio spiazza. Il distorsore è puntato poco sopra lo zero e sembra che i ragazzi siano intenzionati a lasciarlo così, sul punto di prevalere per mordere il freno un istante prima.

Dal primo attacco di batteria che segue con un battito cardiaco, voce e chitarra non esplodono come siamo abituati, ma si tengono bassi. Aimone tira dritto e Orso (aka Alessandro Guercini) gli va dietro con un arpeggio soffocato dal palm mute. E poi si sale, si sale ancora senza mai diventare urlo incazzato, bensì una lacerante preghiera, la supplica di chi, davanti ad una vita appagante non può fare a meno di guardarsi alle spalle per fare il conteggio di superstiti e dispersi e chiedersi chi o cosa sia sopravvissuto alle tempeste del tempo.
Segue Cinema, in cui torna ad affacciarsi la dualità che è il marchio di fabbrica di casa FASK, che nello specifico del pezzo è l’altalena tra la solitudine di una casa vuota e il bisogno di essere presi per mano. Quella stessa dualità ancora una volta abbraccia tutto l’album, mostrando i due mondi degli animali notturni: gli eroi della serata, divoratori di ogni istante la vita abbia da offrire, e i solitari che nel buio della propria casa fissano un punto nel vuoto cercandoci dentro i frammenti della propria esistenza.

Animali notturni è la confessione più onesta di chi, pur avendo raggiunto i propri traguardi, riconosce ancora quella disparità abissale tra sé e una vita che si ostina (e meno male!) a rinfacciarci la nostra umana miseria in tutte le sue forme sviscerando il tormento di entrambe le metà dell’anima del disco pezzo dopo pezzo, raccontando di storie iniziate e finite, di incontri e addii in L’urlo – dove la voce e i toni tornano ad esplodere con tutta la loro energia appassionata –, Non potrei mai, Dritto al cuore, Un’altra volta.

I FASK sono diventati grandi, sono cresciuti a pane e rock’n’roll e adesso hanno preso la decisione di compiere un altro passo avanti nella loro crescita umana e musicale, rivelandocelo in maniera spiazzante. Canzoni tristi è la canzone “meno rock” del disco eppure è proprio in questo che si dimostra una vera e propria granata, mettendo in chiaro in maniera innamorata ed inequivocabile l’onestà di una band che non è disposta a rimanere prigioniera nemmeno del proprio stile, nemmeno di se stessa:

“Sai
Per tanti anni
Pensavo fosse alternativo fare il punk
Ma oggi
Ho trent’anni
Vorrei soltanto dire quello che mi va
Lo so
Ti parrà strano
Ma in fondo questa è la mia nuova libertà”

Non si torna indietro, la strada dei Fast Animals and Slow Kids è a senso unico e non hanno intenzione di diventare una macchietta, concedendosi di sperimentare sonorità non abituali a chi ha in mente Cavalli, Hybris o anche solo Forse non è la felicità e facendoci scorgere come seguano l’esempio di alcuni dei loro grandi mentori, come nell’arpeggio springsteeniano della già citata Non potrei mai o nel sound preso in prestito dai R.E.M. di Demoni.

I ragazzini disperatamente nichilisti de Il mare davanti si sono fatti le ossa, hanno scoperto che dai calci in faccia si esce più forti, che il dolore più buio fa splendere ancora più radiosa la luce del giorno dopo senza che la sofferenza sia negata. Hanno accettato la spaccatura che percorre tutta la loro carriera e la loro vita perché è la porta per quel magma rovente che li ha portati a crescere senza accartocciarsi nelle proprie convinzioni, ma al contrario spingendosi sempre più avanti come band e soprattutto come uomini. Non hanno paura di sfidare i fan “reazionari” che li potrebbero accusare di aver “tradito la causa”, né un mondo che li vorrebbe più mansueti, urlandolo in Radio Radio, togliendosi pure lo sfizio di dare uno schiaffo alla tradizione musicale italiana con la semicitazione di Battisti e il suo “male nero”, e poi chiamare a unirsi a loro tutti coloro che avranno coraggio di guardarsi in faccia per poter cominciare senza timore nel viaggio della vita.
E proprio in Novecento, perla conclusiva del disco, sembra iniziare il viaggio di Aimone, Alessandro, Jacopo e Alessio: possiamo vedere il momento in cui si mollano gli ormeggi e si salpa senza alcun rimpianto verso un futuro sconosciuto che non può non essere quello giusto, soprattutto se si è insieme.

Tracklist:
01. Animali notturni
02. Cinema
03. Urlo
04. Non potrei mai
05. Dritto al cuore
06. Canzoni tristi
07. Un’altra ancora
08. Demoni
09. Radio radio
10. Chiediti di te
11. Novecento