L I V E – R E P O R T


Articolo di Luca Franceschini

Bello finalmente tornare ai concerti. Certo, ci sono le limitazioni, gli artisti che suonano sono esclusivamente italiani e di cosiddetti “grandi eventi” non ce ne saranno per chissà quanto. Al netto del pur comprensibile ottimismo dei promoter, che continuano ad annunciare date per il 2021 quando di evidenze che si tornerà alla normalità non ce ne sono, le poche e piccole cose a cui stiamo assistendo in queste settimane sono l’unico dato di realtà che al momento abbiamo recuperato. È poco? È tanto? È quello che c’è. Prendiamolo e cerchiamo di godercelo. 
Marco Parente e Paolo Benvegnù avrebbero dovuto suonare a Bassano del Grappa a maggio nell’ambito del loro Lettere dal mondo ma sappiamo purtroppo com’è andata. Lo recuperano ora, mentre nelle singole carriere dei due artisti sono sopraggiunte alcune novità: per Benvegnù l’uscita del nuovo Dell’odio dell’innocenza, che sta iniziando timidamente a portare in giro in queste settimane, per Parente il progetto Poe3 Is Not Dead, una trilogia sotto lo pseudonimo di Buly Pank, inaugurata proprio in questi giorni con l’uscita del disco-metraggio American Buffet

La location del concerto è suggestiva: si tratta di Villa Angaran San Giuseppe, appena fuori dalle mura della città vecchia, un complesso del XVI secolo che attualmente ospita diverse realtà: un centro diurno per persone con disabilità, una comunità per minori, un ristorante, laboratori per bambini e spazi per eventi privati. È proprio nel suo bellissimo giardino che viene montato il piccolo palco e vengono sistemate le sedie. Il tutto, lasciatemelo dire, in un perfetto clima di rilassatezza e collaborazione. Si sono fatte tante polemiche sulla ripresa degli eventi in pubblico ma poi, nel momento in cui questi sono ripartiti, si è vista sempre la più grande correttezza ed educazione, sia da parte degli intervenuti che degli organizzatori. 
Sono passate da poco le 21.30 quando Marco Parente e Paolo Benvegnù, entrambi chitarra acustica a tracolla, entrano in scena in sordina, partendo dagli alberi nel retro palco, sussurrando una melodia che poi, non appena arrivati davanti alla platea, diventerà Wake Up. La suonano così, senza amplificazioni, a ridosso delle prime file, come a sottolineare l’intimità del luogo. 


Lo spettacolo è semplice ed essenziale: ci sono loro due e basta, che suonano le canzoni del loro repertorio, che vengono alternate con una leggera preponderanza dei pezzi di Parente, e che vedono quasi sempre un buon grado di interazione: quando uno suona il suo pezzo, l’altro è lì accanto, a mettere dentro dei fraseggi di chitarra, delle seconde voci, addirittura degli effetti “al naturale” (succede ad esempio con Love is Talking, con Marco che batte le mani e picchia sulla chitarra a creare un divertente gioco di percussioni). Per tutta la serata c’è un’atmosfera di rilassatezza e complicità: al di là dell’evidente soddisfazione di poter ritornare ad esibirsi (per Marco Parente è in assoluto il primo concerto dopo il lockdown) c’è la grande stima reciproca, la voglia che hanno di confrontarsi con i rispettivi repertori, di creare qualcosa di unico mettendo insieme le loro canzoni.   


E poi ci sono momenti narrativi che fanno da collante alle canzoni, sia toccanti (quando Parente racconta un episodio della propria infanzia legato al dormire, che si collega poi ad Hannah di Benvegnù, sorta di ninna nanna per la figlia che all’epoca non era ancora nata) sia esilaranti (Only For You viene presentata come una canzone simil dadaista per la presenza della parola Mitsubishi nel testo), che contribuiscono a rendere più intenso e vivo lo spettacolo.
Spettacolo che, inutile a dirsi, prospera comunque sulle splendide esecuzioni da parte dei due: in ordine sparso le varie Farfalla pensante, Proiettili buoni (dall’omonimo progetto che aveva già visto insieme Parente e Benvegnù nel 2008), Nello spazio profondo, Feed The Destruction, Buone prestazioni, Dare avere, sono tanti piccoli tasselli di una bellezza pura, di quella “grazia”, come dicono loro, che serve davvero ad illuminare il mondo in questo momento di buio. 
 


Bellissimo soprattutto il finale, con una canzone a testa eseguita in perfetta solitudine: da brividi Marco con Il diavolaccio e altrettanto intenso Paolo nella sempre magnifica Avanzate ascoltate. Poi, sospinti dall’entusiasmo del pubblico (sempre silenzioso e attentissimo, occorre sottolineare) si ripresentano senza microfoni, così come all’inizio, per uno strampalato omaggio in stile Motown a Duchamp, tratto da Poe3 Is Not Dead: fare della vita un’opera d’arte, secondo il credo del grande esponente dadaista, anche se nel loro caso, ironizzano, tale opera è “mancata”.
Marco Parente e Paolo Benvegnù sono due artisti di altissimo livello, non ci stancheremo mai di dirlo, tra i migliori e purtroppo tra i più sottovalutati in Italia. Ascoltarli dal vivo è sempre un piacere ma lo è stato soprattutto questa volta, in un frangente così delicato per la musica dal vivo. E vedere il posto così pieno, la gente così entusiasta, non può che essere di buon auspicio per un futuro che resta ancora molto incerto. Grazie ai ragazzi di Ugly Dogs per averci provato, dunque. Per noi, speriamo sia solo il primo di una lunga serie di report. 

Grazie a Uglydogs aps per le foto (Veronica Bassani e Orazio Bao)