R E C E N S I O N E
Articolo di Luca Franceschini
Il disordine delle cose si sono affacciati per pochi anni nel panorama musicale italiano, ma gli hanno dato un contributo importante, con tre dischi bellissimi tra 2009 e 2014, che hanno provato ad operare una sintesi tra la tradizione italiana ed il più ampio contesto internazionale, cosa abbastanza inusuale ai tempi, con un album registrato in Islanda, un altro in Scozia e collaborazioni con svariati nomi importanti tra cui i Belle And Sebastian. Non hanno mai goduto di grande visibilità, osannati più dalla critica che dal pubblico, ma a modo loro un ruolo lo hanno avuto, all’interno di una intensa stagione creativa dove il cosiddetto Indie italiano recitava ancora la parte dell’outsider.
Dopo la lunga pausa (nel 2018 è uscito un singolo e mentre scriviamo abbiamo appreso che le registrazioni del nuovo album si sono appena concluse) Marco Manzella ha deciso di iniziare un percorso solista, quello che forse aveva in testa sin dall’inizio ma che poi ha declinato assieme alla band. Le mie cose, titolo che dice di una chiara volontà di riappropriazione, nasce, come ha spiegato lui stesso, dal riordino e dalla selezione di una grossa mole di appunti accumulata nel corso degli anni, incanalate in otto canzoni arrangiate grazie agli amici Carlotta Sillano ed Enrico Caruso.
Il disco in realtà è uscito ad aprile e se ce ne stiamo occupando adesso è solo perché, nel vortice dell’emergenza sanitaria e negli incerti mesi di lockdown, è stato piuttosto facile dimenticarsene, senza contare che lo stesso autore è stato piuttosto discreto a riguardo. Proviamo a recuperare ora, visto che i contenuti meritano e sarebbe un peccato che passasse inosservato. Manzella nella scrittura ha sempre avuto una bella marcia e qui non fa che dimostrarlo. La dimensione cantautorale è ovviamente più accentuata ma non mancano certi accorgimenti in sede di arrangiamento, certe finezze che avvicinano questi brani al repertorio della sua band madre. Pur muovendosi su un territorio noto, quello di un Pop elegante e raffinato, c’è sempre una grande attenzione alle atmosfere e spesso si avverte come un dato in più che sfugge alla percezione, come se questi brani, senza dubbio immediati e lineari, nascondessero comunque una dimensione profonda, che occorre chiedere loro di svelare.
C’è questa capacità di essere freschi e leggeri senza per questo scadere in una introspezione cupa o, peggio, artificiosa. Ne è già un perfetto esempio l’iniziale Ostaggio, che ha funto anche da singolo apripista: un Beat discreto, una chitarra che porta la melodia, un bel lavoro di archi, un finale strumentale dove è protagonista il piano, contornato da un tappeto elettronico. Poi c’è Almeno un po’, una prima parte a piano e voce, prima dell’entrata degli altri strumenti (tanti ospiti in questo disco, da Daniele Bovo a Christopher Ghidoni, da Eugenio Cesaro a Daniele Celona), un rivolgersi ad un amore che sembra finito ma da cui non ci si riesce fino in fondo a staccare e che si risolve in una serie di interrogativi senza risposta, sul desiderio che l’altra persona ancora suscita, nella consapevolezza inesorabile che gli eventi non si possono semplicemente lasciare scorrere, che la realtà arriverà sempre ad esigere il suo prezzo.
Ben riuscita anche Ti dovrei parlare di me, leggera confessione autobiografica dall’approccio classico, con violino e pianoforte. Più elettriche ed incalzanti risultano invece Senza abbreviazioni, che si perturba nella seconda parte, con un’atmosfera che si tinge di urgenza e Al di là delle parole, che ha una tessitura ritmica costruita sui Synth e su un lento crescendo, con voci fuoricampo che sembrano riguardare le esplorazioni spaziali. Non mi sembra vero e La tua tesi sono probabilmente i due pezzi dove la statura autorale di Marco esce fuori di più: la prima è acustica e intensissima, la consapevolezza che la presenza della persona amata è in grado di determinare la quotidianità, e la seconda più venata di Pop, molto equilibrata nella costruzione, con una leggera tessitura elettronica ed un violino che si prende il suo spazio nel finale.
Si sente la mancanza de Il disordine delle cose ma non solo, un disco che speriamo riceva la considerazione che merita.
Tracklist
1_ Ostaggio
2_ Almeno un po’
3_ Prima o poi
4_ Ti dovrei parlare di me
5_ Senza abbreviazioni
6_ Non mi sembra vero
7_ La tua tesi
8_ Al di là delle parole
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