R E C E N S I O N E
Articolo di Claudia Losini
Difficile al giorno d’oggi, per qualsiasi artista non lasciarsi coinvolgere dal rapido susseguirsi degli eventi. Nemmeno Hugo Race, con oltre trent’anni di attività alle spalle e quindici album, può rimanere indifferente alla contemporaneità.
Nasce così Star Birth : Star Death, un doppio album dove vengono svelate due facce della stessa medaglia, l’ombra della caduta e lo slancio della rinascita. Due antitesi costrette a vivere insieme.
Registrato a cavallo tra gli incendi che hanno devastato l’Australia e la pandemia globale, questo è un album che necessariamente riflette la realtà del momento. Race spiega che quando le stelle si allineano, tutto acquista un senso, anche questo susseguirsi di catastrofi apparentemente sadiche che si accavallano tra loro.
Star Birth comincia con Can’t make this up, un parlato che descrive in modo minuzioso l’ora: nel suo dire che siamo tutti “fuckep up”, invita a non lasciarsi perdere, a non dimenticare e a non perdere se stessi. D’altronde, passeremo oltre anche questo, giusto? A rafforzare il concetto c’è United, che arriva quasi al fondo di Star Birth: uniti siamo forti, divisi cadiamo.
Hugo scrive di disastri politici, del nostro pianeta, dell’assenza e della presenza di valori, di promesse infrante e cuori spezzati e dell’incertezza che tutto questo sia davvero importante, si domanda se siamo davvero tutti spendibili e sacrificabili, in un susseguirsi di folk ed elettronica, anticonformista come è sempre stato, a volte sorridendo fin troppo a Nick Cave, altre volte ai Radiohead.
Ci sono lettere d’amore aperte come Darkside, Everyday (quasi un omaggio ai Pulp nella sua oscura dolcezza) e Heavenly bodies, più romantiche e sussurrate, alternate a sperimentazioni più tachicardiache come Embryo, che creano un’atmosfera bagnata di una notte post apocalittica, dove insegne luminose giocano con le pozzanghere sull’asfalto.
E poi c’è Star Death, l’altro volto della rinascita, la parte oscura: complementari alle atmosfere dei pezzi di Star Birth, quasi dovessero fungere da distorsione di sottofondo alle parole di Hugo Race. Qui sono le sonorità elettroniche ad accendere i riflettori su un panorama nebuloso, quasi cosmico, se vogliamo tornare al paragone molto cinematografico di cui sopra, queste sonorità dipingono il cielo notturno di un mondo quasi al collasso. Ma non manca la speranza, la visione verso cieli stellati, verso la rinascita che viene narrata a suon di ballad folk.
Che in questo periodo escano album caratterizzati da parole di conforto nel caos del momento è del tutto normale. Che vengano così ben caratterizzate, quasi ci facessero diventare tutti protagonisti un film distopico nel quale, beh si, il protagonista trova un modo di uscirne migliore, è raro.
E Hugo Race riesce a raccontare tutto questo, le sue sono ballate per la fine del mondo, contro la fine del mondo.
Star Birth
01. Can’t Make This Up
02. 2Dead2Feel
03. Darkside
04. Embryo
05. Heavenly Bodies
06. Only Money
07. Holy Ghost
08. Everyday
09. United
10. Expendable
11. The Rapture
12. Where Does It End
Star Death
01. Divided
02. Love Is The Energy
03. Virus Of The Mind
04. Angels Whistleblowin’
05. All We Have Is Love
06. Hungry Ghost
07. Only Honey
08. Can’t Make Shit Up
09. My Little Wars
10. Etheric Bodies
11. Gnosis
12. Spirale
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