I N T E R V I S T A


Articolo di Luca Franceschini

Il percorso di un artista dal primo singolo al disco, negli ultimi anni pare essersi allungato a dismisura. Che sia colpa di Spotify, di una sempre più marcata fatica da parte dell’ascoltatore medio a concentrarsi per più di cinque minuti su una determinata proposta o della necessità impellente di capitalizzare al massimo ogni minimo sforzo (più probabilmente è un insieme di tutti questi fattori e molti altri) fatto sta che, esattamente come agli albori della discografia, ci troviamo con un mercato sempre più saturo di singoli.

Elisa Massara ha esordito esattamente due anni fa, nell’ottobre del 2018. Benessere, il suo primo brano pubblicato come Elasi, era un inno travolgente alla voglia di vivere e al recupero dell’autentica dimensione del proprio io, aveva un video divertente ed efficacissimo, una base Dance irresistibile ma allo stesso tempo lasciava intravedere una profondità ed una preparazione frutto di anni di studio e di gavetta. Da allora ne sono successe, di cose: un secondo singolo (Vivo di vividi dubbi) il passaggio da Costello’s alla Sugar, altri due singoli (Si salvi chi può e Continenti), infine l’approdo alla neonata Neverending Mina, per l’uscita del tanto agognato esordio. Che non è un disco vero e proprio ma costituisce lo stesso un ricco piatto di portata: Campi Elasi, questo il titolo, contiene sei pezzi totalmente inediti per 17 minuti di durata, abbastanza per offrire un ritratto più approfondito di un’artista in continua evoluzione, al confine tra la World Music (sono numerose le sue collaborazioni con musicisti di altri continenti) e la musica elettronica in tutte le sue declinazioni.

La sento per telefono a poco meno di una settimana dall’uscita dell’Ep e dal Release Party che si sarebbe dovuto tenere mercoledì 28 ottobre all’Arci Bellezza di Milano. Lo spettro di un nuovo Dpcm che avrebbe reso impossibile qualunque spettacolo dal vivo era già nell’aria anche se, per scaramanzia, in questa chiacchierata nessuno dei due ha osato dire nulla. Quel che ci resta è comunque un gran bell’Ep, che potremo assimilare meglio in attesa di sentire finalmente queste canzoni nella loro versione live (la data è stata riprogrammata il 3 febbraio, incrociando ovviamente le dita). E ovviamente c’è l’intervista, che potete leggere qui di seguito:

© Chiara Quadri

Per prima cosa sarebbe utile tirare le fila di quello che è successo nell’ultimo anno, dalla firma con Sugar all’uscita del tuo Ep d’esordio…

L’anno scorso ho cominciato un percorso con Sugar grazie al quale ho avuto modo di fare delle bellissime esperienze con un team di produttori e autori con cui alla fine ho scritto gran parte di questo Ep. Di comune accordo con Sugar abbiamo poi pensato di portare avanti l’uscita del disco con Neverending Mina, un’etichetta appena nata ma già molto agguerrita e piena di energie, del tutto adatta ad un’artista emergente come me, a cui sono certa potrà dedicare parecchio del suo tempo…

L’ep mi è piaciuto molto, anche se avendoti visto più volte dal vivo, i brani veramente inediti per me sono solamente due. È però interessante notare quanto si siano trasformati i pezzi, dalle loro prime versioni fino ad arrivare alla forma che possiamo sentire ora… come ci sei arrivata?

Sto cambiando in fretta, faccio tanti ascolti e ho fatto tantissima gavetta, soprattutto nell’ultimo anno. Mi sento cresciuta e sento che gli arrangiamenti che avevamo preparato su questi pezzi un anno e mezzo fa avrebbero dovuto cambiare insieme a me. Le cose che hai sentito durante gli scorsi live sono Sentimentale Anarchia, che ho rielaborato assieme a Frank Carozza, Voli pindarici, realizzata sempre con Fabio Grande e Pietro Paroletti ma che ad agosto abbiamo riaperto e stravolta. Poi Valanghe, di cui abbiamo ripreso assieme a Stabber la mia primissima pre produzione e lui ha dato questo tocco di basso, questo groove distorto molto coinvolgente. Esplodigodi invece è quella che è rimasta più fedele a come era stata scritta, perché l’avevo già concepita con questa idea di suono, sapevo già come sarebbe dovuta essere e quindi, al di là che mi sono divertita molto a farla, è quella su cui ci ho dovuto lavorare meno.

Di quest’ultima uscirà un video, tra l’altro…

Sì, uscirà più avanti, al momento c’è fuori solo uno spezzone di una trentina di secondi che in realtà è una pubblicità che ho fatto per WOVO, un famoso Sexy Shop attorno al quale si è formata una community, nell’ambiente milanese ma anche in altre città come Torino e Roma, per cui sono molto contenta di questa partnership, uscirà anche un’altra cosa, in futuro…

Già solo considerando questi due pezzi, appare evidente che ci sia stata una certa mutazione ma anche che tu abbia espresso lati molto diversi di te: si tratta infatti di due brani molto diversi tra loro…

Sono molto contenta di poter essere uscita con due singoli che mi rappresentano entrambi, che sono come due facce di una stessa medaglia: nel primo sono più come un elfo, diciamo così, l’altro invece esprime di più non solo la mia femminilità ma anche il lato più libero di me, la danza, la fluidità di movimenti… per me Esplodigodi è soprattutto questo.

Questa varietà nel sound di cui mi dicevi prima si vede anche nei pezzi nuovi: l’ep si apre con Souvenir che sembra un brano quasi Trap…

È vero! Quel pezzo è nato un po’ per gioco, quando ho avuto occasione di fare una session con Mastermaind, un produttore che lavora anche tantissimo coi rapper. Aveva tantissimi beat da propormi e quello che poi senti sul brano, nonostante fosse molto lontano dal mio mondo, mi ha ispirata subito, mi è venuta in mente la melodia, il groove, per cui mi sono divertita tantissimo a farlo e immagino che mi divertirò ancora di più a suonarlo dal vivo!

“Supererrore”, l’altra traccia “nuova” è anch’essa molto interessante, anche piuttosto ironica…

Quella è nata da una vera e propria Jam session tra produttori che lavorano in studio e decidono di combinare qualcosa con tutto quello che trovano in giro, dai Synth ai suoni del corpo, fino ad un po’ di noise fatto con gli oggetti che c’erano sulla scrivania, sulla bocca, oppure di cose molto libere fatte coi plug in del computer… un fluire libero di creatività, insomma, il lavoro di due giornate intere con Federico Secondomè, un mio amico produttore e artista. Abbiamo scritto insieme questo svarione e ne sono felicissima, l’ho messa anche a metà scaletta per dare un po’ di respiro, visto che è un brano molto immediato…

© Chiara Quadri

Senti ma da dove ti è venuta in mente l’idea di citare quel famoso paradosso medievale di Dio che crea un sasso che non può sollevare?

Siamo andati veramente molto liberi, nonostante non avessimo preso nessuna sostanza… (ride NDA) Federico mi ha detto, dopo che avevamo appena finito di registrare le voci: “Ora vai al microfono e dì tutto quello che ti passa per la testa!” Per cui ho fatto un po’ di versi, ho detto un po’ di cose a caso, finché è rimasto un segmento vuoto dove c’era spazio ancora per una frase. Ho detto quella frase lì e davvero non so da dove mi sia venuta, l’avevo tra l’altro letta anni fa, non è che ce l’avessi fresca nella mente…

L’ep è molto variegato, come si diceva, i brani hanno tutti una personalità diversa e mettono in evidenza aspetti differenti: a volte si insiste di più su un particolare suono, a volte è il ritmo complessivo… quindi quando ti approcci ad un brano, che cosa cerchi?

Per la musica che faccio, la cosa più importante è che ci si riesca a muovere. Poi per carità, adoro anche Brian Eno ma quando scrivo cose mie, l’importante è quello. La cosa che mi fa stare bene, quando le scrivo e quando le riascolto, è che mi venga voglia di muovermi, che ci possa ballare sopra. Per me movimento è libertà, questo è quello che cerco.

Alcuni pezzi non sono proprio immediati, richiedono qualche ascolto in più per essere apprezzati e forse anche per ballarci sopra. In generale però lo definirei come un disco “di liberazione”, gioioso: c’è tutta l’attitudine positiva che hai sin dagli esordi ma amplificata e molto meglio definita…

È vero, è un disco che ha portato proprio ad una rinascita, sono pezzi dove sembra che io sia sempre felice! In realtà però, quando li ho scritti ero triste e mi hanno dato tanto supporto, in quei momenti in cui ero giù di morale. L’ho chiamato Campi Elasi proprio per questo, perché ho costruito un mondo di colori, di suoni, un insieme di immagini che potesse farmi rinascere, ballare, farmi tornare a rialzare.

Immagino che la voglia di tornare a suonare dal vivo sia tanta: sei stata ferma molto e oltretutto hai sempre curato moltissimo la dimensione live…

Avremo il release party mercoledì prossimo e l’idea è quella di fare il miglior show possibile, tenendo conto che le persone saranno sedute, con la mascherina, non potranno muoversi. Vorrei riuscire in tutti i modi a stimolare le loro anime, per cui sicuramente avremo musica, visual e performance. Ho coinvolto dei ballerini e adesso si tratta solo di capire se, con le normative, si riuscirà a stare sul palco con loro. L’idea comunque è fare un concerto dove ci sarà musica, arte visiva e arte performativa.

C’è solo questa data, al momento?

Per ora sì, poi vediamo, si pensava di fare qualcosa tra dicembre e gennaio, se la situazione non cambierà in peggio…

E nel frattempo che cosa farai? Hai in giro altri pezzi nuovi?

Guarda, sto scrivendo veramente un sacco e ho tanta roba da buttare fuori, quindi non credo che mi fermerò così a lungo come ho fatto finora!

Sarebbe anche bello avere finalmente un tuo album vero e proprio: ultimamente non ti sembra che il mercato sia troppo appiattito sui singoli?

È così e ti dico che ovviamente mi piacerebbe fare un album, prima o poi! Mi rendo conto che, come ascoltatori, non abbiamo più pazienza e dovremmo davvero tornare ad averne. Già adesso che esce un Ep, con sei pezzi di cui quattro inediti, sono sicura che alcuni penseranno che siano tanti, quindi non è così scontato che chiunque arrivi in fondo ad ascoltarlo. Però dall’altra parte è bellissimo presentare finalmente una propria visione, far entrare l’ascoltatore nel tuo mondo, perché l’alternativa, con tutti questi singoli, è che rimanga tutto troppo spezzettato. Il mercato cambia, non ci si può ribellare ma noi artisti possiamo continuare a trasmettere la nostra visione della musica!

E la tua visione? Come la descriveresti?

La musica, se fatta con pazienza, passione, studio e curiosità, diventa un linguaggio universale. L’ho scoperto suonando con tutti questi musicisti che non parlavano la mia lingua, non sapevano l’inglese e neppure padroneggiavano il mio linguaggio musicale, visto che provenivano tutti da tradizioni differenti. Eppure, siamo riusciti a suonare insieme e a distanza, senza conoscerci, senza mai esserci incontrati di persona. Sono felice di aver fatto un qualcosa che rimanga nel tempo, che non si limiterà ad essere il tormentone dei prossimi tre mesi. Che rimanga, che possa essere compresa ed apprezzata anche da persone di altre culture, che non hanno il nostro stesso linguaggio ma che in comune con noi hanno la grande curiosità. Che si esca un po’ da questo Fast Food globale e si vada finalmente al fondo delle cose!

Che poi in effetti, ad ascoltare le tue canzoni, si ha davvero l’impressione di una proposta universale…

Sì, che poi non è universale come Ariana Grande o Lady Gaga, ma potrebbe esserlo come Fela Kuti o Jorge Ben Jor, artisti di cui non conosco bene la lingua ma dalla cui musica mi lascio trascinare, mi colpisce il ritmo, la bellezza della melodia…