R E C E N S I O N E
Articolo di Stefania D’Egidio
Il 2 novembre è uscito per l’etichetta Grey Dome Records l’album di debutto del gruppo greco Modem The Band, nato nel 2018 da un’idea di Constantine (aka Zack Minimall), producer di lungo corso, a cui si sono uniti in seguito Theodore al basso e Polydefkis alla voce.
La pubblicazione è stata preceduta, lo scorso settembre dall’uscita del primo singolo, Equal, che mi aveva colpito a tal punto da spingermi ad approfondire la conoscenza di questo gruppo finora a me sconosciuto. L’ascolto delle restanti tracce mi ha confermato in maniera definitiva la prima impressione: infatti fin dal primo brano, Universal Dead End, si resta invischiati in una ragnatela di belle sensazioni che conducono a Planet of Grief con un’atmosfera che si fa via via più cupa per l’ingresso di un basso di ispirazione postpunk/new wave; il pensiero va subito ai grandi del passato, da Siouxsie and The Banshees, ai Joy Division fino ai The Cure. Ritmi ripetuti ossessivamente, mescolati a riff di chitarra semplici, ma essenziali, e a un tappeto di suoni elettronici.
Per ascoltare un cantato bisogna arrivare alla terza canzone, The Fall Enslaves Us All, con la comparsa di una voce molto dark che dona un tocco di mistero alla melodia, stesso filo conduttore nelle successive Moving Shadow e Shimmer in cui l’elettronica prende il sopravvento, creando un’atmosfera da club berlinese underground dei primi anni ’80. In Incarceration la voce si fa più definita, con un timbro maggiormente caldo e una chitarra che, stavolta, fa da protagonista.
La perla si ha al nono brano, quel Equal che risuona da hit spaccacervello e che si propaga lungo il corpo come una scarica elettrica, costringendoti a muovere ogni singolo muscolo. Come dichiarato dalla band, la canzone parla di una battaglia tra classi, di come ci si possa sentire privilegiati rispetto ad altri, senza sapere di essere, in realtà, prigionieri di una gabbia dorata, e di come sia difficile conoscere davvero se stessi. Il relativo video è un insieme di immagini subliminali in bianco e nero, che descrivono il processo delle onde sonore, metafora delle onde cerebrali e del sistema elettrico coinvolto nel processo di apprendimento.
Seguono Timedrift, By Any Means Necessary, dal piglio decisamente più rock, e Timewarp, pezzo in crescendo con voci in sottofondo sul finale. In totale dodici pezzi, di cui ben sette strumentali, che sanciscono un ottimo debutto per la band greca, forse il migliore degli ultimi mesi perchè rispecchia al meglio il potere della musica di connettere anima, corpo e mente con il mondo circostante e con le persone che condividono la stessa passione. Un’estetica musicale che ripesca i suoni degli anni d’oro del postpunk e del dark creando, al contempo, una miscela fresca e moderna di suoni modulari e strumentazione analogica.
Voto: 9/10
Tracklist:
01. Universal Dead End
02. Planet of Grief
03. The Fall Enslaves Us All
04. Moving Shadow
05. Shimmer
06. Incarceration
07. Last Pill
08. Endless Cold
09. Equal
10. Timedrift
11. By Any Means Necessary
12. Timewarp
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