R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Molte volte cerchiamo nella musica carezze emotive anziché complesse costruzioni armoniche, ritmi tribali, stati d’animo stridenti o cupe catabasi di certi artisti maledetti. Andiamo in cerca semplicemente di un po’ di piacevolezza e questo è forse, per molti di noi, il primo obiettivo che ci si aspetta dall’arte. Di certo non è sbandando tra le contraddizioni che ci si cala nel cuore dell’espressione artistica. Sono le accettazioni, le riflessioni, le sensazioni e le emozioni a cui ci abbandoniamo che guidano la comparsa dello stupore e della sorpresa. L’ascolto di questo quinto lavoro di Michele Fazio ci può regalare tutte le emozioni di cui abbiamo bisogno. Il pianista pugliese vanta nel suo curriculum numerose collaborazioni con artisti che provengono dalla musica leggera (parliamo tra gli altri di Patty Pravo, Francesco Tricarico, Antonella Ruggero, Fabio Concato) e con registi cinematografici come Rubini e De Cataldo per i quali ha firmato le colonne sonore dei loro film.

Photo © Roberto Cifarelli

Fazio è però soprattutto un jazzista, occorre sottolinearlo per non cadere in equivoco. Un jazzista di quelli bravi, preparati, estremamente melodici e con una sapiente conoscenza dei segreti armonici della propria composizione. Non vi aspettate musica di matrice troppo contemporanea, in questo Free non c’è quasi traccia di particolari tensioni strutturali ma tutto fluisce con estrema naturalezza, la musica scorre libera come un torrente ora tumultuoso ora più tranquillo senza intorbidamento alcuno. Aggiungiamoci le velature armoniche color pastello che ricoprono tutta la sequenza delle immagini sonore e avremo un’idea della delicatezza ma anche della sostanza di questo jazz in punta di dita. Siamo lontani anche dal minimalismo delle formazioni scandinave ma forse possiamo riscontrare qualche assonanza con Martin Tingvall, se non altro per l’approccio quasi naturalista che accomuna questi due pianisti. L’autore, a dire il vero, non nasconde il suo palese amore per il Jarrett più cantabile con il quale, mantenendo comunque le opportune distanze, condivide il gusto della melodia, almeno per quelle volte in cui il maestro americano si fa avvincere dalla stessa. Fazio non cerca scalate ardite, non forza mai la mano né sperimenta più di tanto ma questa è la sua cifra stilistica. Tutti i brani nuotano nella stessa onda e schiumano un certo gusto malinconico che cattura il nostro animo con semplicità e inducendo una sensazione di piacevole abbandono. Accanto al pianista c’è la discretissima batteria di Mimmo Campanale (che possiamo sentire nel suo potenziale ribollire in Valley of silence e soprattutto in La festa) e il contrabbasso essenziale di Marco Loddo. Molta luce la portano la tromba di Fabrizio Bosso che appare in due brani, il nostalgico Dedicated to New York e The arrival e il violino della giapponese Aska Kaneko che marchia con focosa verve Cerchi d’acqua, il brano che personalmente preferisco. Un omaggio tra pugliesi in Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno anche se, detto con tutto il rispetto, di questa versione non se ne sentiva una bruciante necessità. Michele Fazio, infatti, regala il suo meglio quando è veramente Libero di creare ex novo le sue liquide strutture, anche al di là di ogni offerta votiva a un grande, storico interprete della canzone italiana.

Tracklist:
01. Anywhere 
02. Valley of silence
03. Dedicated to New York
04. Free horses
05. La festa
06. North sea
07. Cerchi d’acqua
08. Senza confine
09. Tralicci
10. Nel blu dipinto di blu
11. The arrival