I N T E R V I S T A
Articolo di Cinzia D’Agostino
Ci sono figure che ti hanno accompagnato anni che, nel loro silenzio e nella loro luminosa ombra, sono riuscite a catturare le tue emozioni e a lasciarti un forte senso di appartenenza che non ti abbandona mai. Perché quella elegante figura con la chitarra in mano che pizzica le corde con classe e grinta, ci ha sempre trasmesso un’energia trascinante, tanto forte che non abbiamo potuto fare a meno di seguirlo nei suoi percorsi. Afterhours a parte, Giorgio Ciccarelli è stato fondatore dei Sux!, artista di alto livello che si è sempre immerso in vari progetti fino al suo percorso solista che vedrà tra pochi mesi la luce del terzo disco. Intanto il 22 aprile è uscito il nuovo singolo Conto i tuoi passi, che farà parte del suo nuovo atteso album, per Le Siepi Digital. Ne abbiamo approfittato per fare quattro chiacchiere con lui.
Ciao Giorgio, innanzitutto sono curiosa di sapere quale sarà il titolo del disco e per quando è prevista la pubblicazione
Il titolo del disco sarà “Niente demoni e dei” ed uscirà il primo di ottobre. In realtà il disco è già pronto ma non aveva gran senso farlo uscire adesso in questo periodo in cui non si può suonare dal vivo. Per cui ho preferito farlo uscire in ottobre quando, forse, torneremo ad una pseudo normalità. È uscito un singolo adesso, un altro uscirà a Giugno e ad ottobre ci sarà il disco.
Vorrei parlare dei personaggi importanti presenti in questo tuo nuovo lavoro. Iniziamo dalla copertina che è firmata Milo Manara. È stata una grande sorpresa, io lo adoro.
Io anche.
Come è nata la collaborazione con lui e la realizzazione di questo disegno?
Come puoi immaginare, io sono orgogliosissimo di una copertina a firma di Milo Manara, è per me un piccolo mito. Da quando io ho coscienza c’è Milo Manara e mi sono approcciato ai disegni e ai fumetti di Milo Manara. In realtà questa non è una copertina che ha fatto ex novo, è una tavola di un fumetto che si chiama “Lo Scimmiotto”, pubblicato nel 1975 e che per i temi trattati nel fumetto, per l’ambientazione, incredibilmente si adatta benissimo ai temi del disco, per cui ci ha concesso l’utilizzo di questa tavola che, pur essendo stata fatta nel 75, mi sembra risulti molto moderna. Ma questo perché Milo Manara è bravo.
Quali assonanze ha questo disegno con il disco?
Il fumetto prende spunto da un classico della letteratura cinese “Il viaggio in Occidente”, ed è un fumetto a tratti psichedelico, a tratti angosciante, tratta proprio di demoni e dei.
Passiamo ora a Tito Faraci, personaggio poliedrico, ricordato principalmente come fumettista e qui in veste, un’altra volta, di autore dei testi del disco. Lo troviamo anche a fare capolino nel video di “Conto i tuoi passi”
Sì è anche uno scrittore, ha scritto libri come “La vita in generale” e l’ultimo “Spigole”. Io sono un fan di Tito. In realtà siamo amici da anni, ci siamo conosciuti nel 1985 per cui è un’amicizia consolidata e credo che possa essere l’unica persona alla quale potrei affidare i testi delle mie canzoni perché ci conosciamo molto molto bene e la nostra intesa artistica quasi mi spaventa, ci troviamo su un sacco di cose, c’è un’adesione di idee di ideali che… quasi me lo sposerei. Ci troviamo a parlare delle cose e la pensiamo alla stessa maniera. Conoscendolo da tanto tempo, abbiamo delle dinamiche perfette, addirittura per la prima volta è successo che alcuni pezzi sono nati dai suoi testi, gli ho proprio chiesto “proviamo a fare una cosa diversa, proviamo a iniziare da un testo e vediamo che sensazioni mi dà, dove mi portano le parole”. L’esperimento ci è piaciuto a tal punto che ci sono diversi pezzi così nell’album. E’ questo il caso di “Conto i tuoi passi” anche se all’inizio aveva un titolo diverso, però l’imput iniziale è arrivato da un suo brano.

Infatti la domanda successiva che ti volevo fare, ma alla quale hai già risposto, era sapere dove e come le vostre anime si fossero incontrate a tal punto da vivere così profondamente un lavoro tanto intimo. Dico intimo perché anche da un solo pezzo sento una tensione interiore molto forte…
Sì, a tal punto che io non disdegnerei neanche dividere il nome del progetto, fosse per me lo chiamerei tranquillamente Giorgio Ciccarelli e Tito Faraci, però per vari motivi non si può fare. Tito è molto presente nel progetto, è presente anche nel video, per cui condivido con lui volentieri ed artisticamente, ci rimbalziamo stimoli e spunti per andare avanti.
Visto che abbiamo parlato del video, ma lo sai che sei bravissimo? Hai trasmesso una tensione spiazzante, le tue mani contratte, il viso quasi trasformato da tic nervosi, non è così scontato vedere un artista che interpreta visceralmente un brano in un video clip…
Grazie, ma sai se uno è inquieto dentro, è facile trasmettere l’inquietudine e poi sono contento perché la sensazione che doveva trasmettere il pezzo è proprio quella, cupezza e a tratti disperazione. Non poteva essere altrimenti perché tutto il disco è stato portato avanti nel lockdown quando tutto intorno a noi stava crollando e non poteva che essere così, una fotografia di questo ultimo anno e mezzo. Però nel disco magari ci sono anche episodi un po’ meno cupi, però è abbastanza compatto in questo senso, in qualche modo molto dark.
Pensa che ascoltando il singolo, che ho assaporato con grande stupore ed emozione, ho avvertito immediatamente un clima più cupo, un ritmo ossessivo che ti entra dentro come un mantra, trasudando anche angoscia, oltre ad una stupefacente svolta di stile dove sento anche elettronica. Quest’ultima sarà preponderante anche negli altri brani del disco?
Assolutamente sì. Ribadisco, questa pandemia ha azzerato tutto. Io mi sono trovato a voler ripartire, a voler pensare alle mie cose in maniera completamente diversa. Penso che l’esigenza sia derivata da questo deserto che mi si è creato intorno e per far ciò avevo bisogno di una sponda musicale differente dalle mie solite. Per cui mi sono affidato a un producer – adesso si chiamano così “producer” ed io mi adeguo (ridiamo) – un produttore bolognese che si chiama Stefano Keen Maggiore che ha una visione su come gestire i pezzi che mi piace davvero molto. Per cui ci siamo conosciuti, parlati, abbiamo delle basi comuni tipo certa new wave anni 80. Poi in realtà io sono andato da una parte e lui è andato in quella opposta. Però quello che fa mi piace davvero molto, abbiamo provato a collaborare e sono venute fuori davvero delle cose che a me entusiasmano. Addirittura non ho nemmeno sentito il bisogno di mettere chitarre in alcuni pezzi come appunto in “Conto i tuoi passi”, dove non c’è una chitarra. Il che per un chitarrista è quantomeno strano.

L’ho notato infatti. Ma qualche volta ti lancerai nella tua chitarra durante il disco?
Sì ci sono pezzi con chitarra acustica, due o tre con interventi di chitarra elettrica, però diciamo che è un disco basato molto su un certo tipo di elettronica oserei dire quasi new wave anni 80.
Scusa se insisto sul video ma mi è piaciuto veramente tanto, ho l’idea che Andrea Cardoni, il regista, sia stato rapito dall’intensità del brano e che abbia saputo realizzare qualcosa di veramente allineato all’anima della canzone…
Guarda è incredibile che tutto si è incastrato in maniera perfetta, Andrea è riuscito a capire perfettamente lo spirito della canzone. Tra l’altro, proprio lui, romano, ha proposto Milano, la galleria delle Gabelle che io non conoscevo ed è un posto incredibile, una galleria fatta di mattoni abbastanza angosciante. Abbiamo girato il video in un paio d’ore, è stato tutto una coincidenza astrale. Io, Tito e Andrea abbiamo filmato e ad un certo punto Andrea dice “Tito buttati dentro anche tu”. Aveva questo orologio, questo pendolo, che contribuisce anche a dare quel qualcosa in più al video. Quindi è stato veramente un’unione di intenti bellissima. Andrea ha presentato il primo montaggio e andava perfettamente bene, quindi è stato tutto molto molto semplice. Diciamo che non è un pezzo da radio, un pezzo furbo. Però che devo fare? A 54 anni, dopo trent’anni di carriera non è che mi metto adesso a fare un pezzo che acchiappa.
Se ti guardi indietro nel tuo percorso professionale, cosa cambieresti?
Fammici pensare… forse avrei dovuto essere più furbo ecco, più diplomatico e più… si può dire leccaculo? Avrei dovuto coltivare più un certo tipo di rapporti. Ma io non sono così, per cui è andata come è andata. Poi non recrimino, tendo a guardare avanti.
Giusto. Poi a noi fan piaci proprio per questo, ti abbiamo sempre seguito con profondo entusiasmo durante la tua carriera, anche urlando “Vai Cicca” sotto il palco dalla transenna (ridiamo). Ricordo che eri sempre il primo della band a lasciare il locale dopo il concerto.
Sì sempre per il motivo che ti dicevo prima, non sono mai stato un grande coltivatore di diplomazia, forse avrei dovuto essere un pelo più social, quando non c’erano i social. Nonostante io faccia questo lavoro, sono una persona riservata e non amo tantissimo stare sotto le luci della ribalta anche se è veramente un controsenso. Ma è più la voglia e il bisogno di esprimere qualche cosa rispetto alla mia riservatezza. Combatto sempre molto tra questi due opposti.

Mi viene in mente che poco tempo fa ho intervistato Paolo Benvegnù e lui distingueva nettamente l’esibizione dall’espressione, dove la prima era apologia, mentre l’espressione era la vera comunicazione, cioè lui sale sul palco e vuole parlare con le persone.
È esattamente questo. Ed è anche per questo che io durante il lockdown non ho mai fatto nulla on line perché l’ho sempre sentito un pochettino falso. Non è che giudico gli altri che l’hanno fatto, anzi, li invidio perché sono stati capaci di farlo. Io non me la sono sentita, la distanza tra me e le persone alle quali voglio comunicare qualcosa era abissale, non erano lì davanti. Quindi cosa potevo comunicare? C’è stato questo corto circuito in me per cui ho mollato il colpo, anche se in realtà mi sono arrivate tante richieste. È comunque verissimo quello che dice Paolo. Io vado sul palco per comunicare. C’è un’altra cosa simpatica: quando mi si dice alla fine del concerto, dai miei compari di avventura, “ti sei divertito?” Beh, per me è una domanda inutile, cioè io non mi diverto sul palco, non è la condizione principale per me il divertimento. Per me la condizione principale è il comunicare e quindi va al di là, io non associo lo stare sul palco con il divertimento.
Photo credits:
Giulio Mazzi © per la foto 1
Claudio Modonese © per le foto 3 e 4.
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