R E C E N S I O N E
Recensione di Claudia Losini
I Sons Of Kemet sono uno dei complessi jazz britannici più acclamati negli ultimi anni, grazie anche alla presenza di Shabaka Hutchings, sassofonista e clarinettista originario delle Barbados, leader, oltre che di questo gruppo, anche dei Shabaka and the Ancestors, membro anche dei Comet is Coming, altro gruppo jazz di ispirazione 70s e basato soprattutto sull’improvvisazione delle jam session.
Ha suonato il sassofono per Sun Ra, Floating Points, Mulatu Astatke, giusto per citare alcuni nomi.
L’impronta principale dei Sons of Kemet è il folk caraibico che incontra la musica africana: il sound è tribale e tocca le corde più nascoste dello spirito in ciascuno di noi. Come dice Shabaka, ognuno interpreta i brani secondo la propria cultura, ma il messaggio finale deve essere necessariamente universale.
E anche nel loro quarto disco, Black to the future, i Sons of Kemet vogliono trasmettere un messaggio, chiaro e molto forte: affinché l’umanità progredisca, bisogna considerare cosa significa essere “Black to the future”, bisogna ridefinire e riaffermare il significato della lotta per il black power.

L’album è stato registrato durante il 2020, dopo la morte di George Floyd di cui tutto il mondo è venuto a conoscenza, e che oggi sappiamo aver avuto una giustizia, cosa rara e per questo motivo ancora più significativa e importante per il movimento che vorrebbe soltanto applicato quel 14° emendamento di cui tutti parlano, ma che pochi conoscono: nessuno Stato può privare una persona della vita, della libertà o della proprietà senza un processo nelle dovute forme di legge; né negare a qualsiasi persona sotto la sua giurisdizione l’eguale protezione delle leggi.
Persona, una parola così semplice e allo stesso tempo così tanto forte. Non c’è distinzione, nella parola persona. Non ci deve essere distinzione nemmeno per i Sons of Kemet, e ce lo raccontano in questo “poema sonoro”, come lo definisce Shabaka, che invoca il potere, il ricordo e la redenzione.
Ogni canzone è stata studiata per essere predisposta in uno specifico ordine e ognuna ha un titolo tale per cui, seguendo l’ordine, si svela un manifesto insieme sonoro e poetico: “Field negus – pick up your burning cross – think of home – hustle – for the culture – to never forget the source – In remembrance of those fallen – Let the circle be unbroken – Envision yourself levitating – Throughout the madness, stay strong – Black.”
Lo stesso singolo, Hustle, scritto dal rapper Kojey Radical, è un’affermazione del Black Pride, una dichiarazione cruda, forte, senza orpelli, della situazione attuale:
“These peace signs are just a piece of the puzzle/ Spit to the muzzle/ Silence the lambs/ Kiss and they cuddle/ Forget that they cut you/ It’s just part of the hustle“
Il brano, anche a livello sonoro, con l’ottone che incalza la batteria e la voce in back di Lianne La Havas che ripete come un mantra “Born from the mud with the hustle inside me”, è il culmine del disco, che da qui scende in profondità in un rituale sonoro alla ricerca di nuove alternative dell’esistenza.
Field negus e Black, volutamente i brani di apertura e chiusura di Black to the future, sono grida di frustrazione, di rabbia emersa durante il BLM: “I never want your equality” si dice in Field negus, perché l’uguaglianza non è di proprietà di nessuno da offrire in dono, mentre il finale, freddo, spiazzante, del disco, recita: “Leave us alone”.
Lasciateci in pace dalle vostre politiche, dal vostro finto buonismo che cambia a seconda della necessità, lasciateci vivere.
Ognuno potrà interpretare a proprio modo il suono dei Sons Of Kemet, ognuno può essere libero di approfondire il significato sociale e politico di ciascun brano, e forse non tutti riescono a comprendere fino in fondo la potenza di un movimento come il Black to the future, ma un linguaggio universale ci unisce tutti: la danza.
“This black struggle is dance, this black pain is dance”: possiamo danzare per comprendere, ballare per abbattere le diversità, scatenarci al suono della musica per combattere le oppressioni.
Tracklist:
01. Field Negus [ft. Joshua Idehen]
02. Pick Up Your Burning Cross [ft. Moor Mother and Angel Bat Dawid]
03. Think of Hope
04. Hustle [ft. Kojey Radical]
05. For the Culture [ft. D Double E]
06. To Never Forget the Source
07. In Remembrance of Those Fallen
08. Let the circle be unbroken
09. Envision Yourself Levitating
10. Throughout the Madness, Stay Strong
11. Black [ft. Joshua Idehen]
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