R E C E N S I O N E
Recensione di Andrea Notarangelo
Scrivere della nuova uscita dei Radiohead, Kid A Mnesia, triplo album disponibile nei negozi in questi giorni, è come mettere in moto la Delorean e partire per una missione in stile ritorno al futuro. Da tempo la band di Oxford sta rispolverando i suoi archivi e, tralasciando le opere di ristampa omnicomprensive del 2009, che hanno interessato tutto il loro catalogo fino ad Hail To The Thief, album del 2003 che segnò un parziale rientro al pop classico, ecco soffermarsi sugli Anni d’Oro della band inglese, nei quali qualità, quantità e riscontro del pubblico erano in perfetto equilibrio. Che cosa si intende con questo? I Radiohead sono una, se non la Band, più famosa del pianeta, ma, come tutti i grandi gruppi, ha avuto un suo momento epico che nella storia della musica moderna si colloca tra il 1997 e il 2001. In questo lustro sono concentrate tre uscite: Ok Computer del ‘97, Kid A del 2000 e Amnesiac del 2001. Dopo l’uscita a vent’anni di distanza del celebrativo OK Computer OKNOTOK 1997 2017 nel 2017, eccoci ora a trattare Kid A Mnesia, opera definitiva che riporta ordine al chaos di inizio millennio, e ci racconta qualcosa di più su cos’è accaduto veramente.

Nel 2000, dopo anni di attesa i Nostri cinque fecero uscire un oggetto della discordia che rispondeva al nome di Kid A e che metteva in risalto tutte le qualità dei Radiohead 2.0, quelli che avevano compreso come la musica pop necessitasse di un rinnovo e degli innesti. Tom Yorke fu chiaro già dopo il 1995, quando disse che Wonderwall degli Oasis aveva portato il (Brit) pop alla perfezione e che ora, per restare in corsa, occorreva rimboccarsi le maniche e spostare l’asticella ancora un po’ più in là. Da ottimi saltatori, si imbarcarono in quell’entusiasmante avventura che fu Ok Computer e nonostante critica e pubblico li salutarono come innovatori e nuovi Pink Floyd, loro decisero che era tempo di osare ancora di più. Quindi, spazio a loop, pro-tools, campionamenti e nastri suonati al contrario, con ispirazione all’universo Warp, etichetta inglese che tanto ha dato per lo sviluppo del sound elettronico. La batteria era un problema? Bene, Phil Selway, il batterista, fece tranquillamente un passo indietro e si mise a sperimentare come tutti gli altri, attraverso i giocattoli sonori di Nigel Godrich. Il produttore, considerato sesto Radiohead, nonché Maestro di Cerimonie, fu il facilitatore all’accesso in questo nuovo corso digitale. In verità, a ben guardare gli indizi di un cambiamento radicale ed epocale, erano già tutti presenti, ma nessuno li captò completamente e, chi lo dice oggi, tenta di riscrivere la storia. Da anni Tom Yorke e soci seguivano il lavoro di ricostruzione sonora di Dj Shadow, così come si facevano sedurre dalle sensazioni digitali e fredde degli Autechre, duo che sa bene come costruire ambienti alieni asettici attraverso l’elettronica spinta.

Kid A si apre con un ripetuto Everything in Its Right Place, anche se tutti ricordano la ben più famosa nenia “Yesterday, I woke up sucking on a lemon (Ieri mi sono svegliato succhiando un limone)”, e si comprese come tutto, nell’era post internet, stava cambiando in manieta rapida e incontrollabile. Se nella prima traccia di Kid A, Yorke cantava che “ogni cosa si trovava al suo posto”, spiegava meglio nella prima traccia di Amensiac Packt Like Sardines in a Crushd Tin Box, che in fondo se non trovi ciò che cerchi è perché “ti rendi conto che stai guardando nel posto sbagliato”. Questa è la giusta chiave di lettura: la band aveva sistemato i suoi pezzi, ma la gente non capiva dove fossero perché troppo concentrata sull’aver finalmente tra le mani il nuovo album della propria band feticcio. Ci fu questa incomprensione di fondo, ben rappresentata da Idioteque, dove una base strumentale dal ritmo accattivante, fa da cornice a un testo freddo e cinico (“I’ll laugh until my head comes off, Women and children first…Ice age coming”).
L’anno seguente, nel 2001, ci si chiedeva se il seguito sarebbe stato un Dad A o un Kid B, visto che i Radiohead parlavano di materiale presente dalle stesse sessioni, o se si sarebbe trattato di un disco più tradizionale. Questa ristampa evidenzia come il tutto fu pensato come ad un’unica opera compatta, fredda, nella quale restava solo la voce, il cantato, a volte anche filtrato o robotizzato, come piccola presenza umana e piccola speranza della nostra presenza in un universo silente. Non si può non citare come la differenza tra i due dischi, fu già allora evidente: bocciata la possibilità dell’album doppio (fino ad oggi, grazie a questa uscita), vennero concentrati i pezzi migliori sul primo disco, a discapito di Amnesiac, nel quale però erano presenti almeno due capolavori come Pyrmid Song (due note di piano che non ti si scolleranno più dalla testa), e You and Whose Army?, dove lo scenario apocalittico è interrotto da una chitarra acustica e una calda voce che rimandano agli anni ’40 del secolo scorso, fino a quando le note di piano e batteria non ricordano come suonavano i migliori pezzi pop degli anni ’90.
Nel terzo disco di quest’opera, sono presenti della rarità tra le quali If You Say The Word, una delle loro canzoni più famose tra quelle mai pubblicate e Follow Me Around, una delle rare tracce che fino a poco tempo fa erano disponibili solo in brevi stralci nel documentario Meeting People Is Easy per i fan più accaniti.
Kid A Mnesia è un bel viaggio nel tempo non solo per nostalgici, ma anche per chi si approccia oggi alla musica senza la pretesa di cambiare ciò che è stato, ma con la volontà di creare qualcosa di duraturo.
Kid Amnesiae Tracklist:
01. Like Spinning Plates (‘Why Us?’ versions)
02. Untitled V1
03. Fog (Again Again version)
04. If You Say The Word
05. Follow Me Around
06. Pulk/Pull (True Love Awaits version)
07. Untitled V2
08. The Morning Bell (Into The Dark version)
09. Pyramid Strings
10. Alt. Fast Track
11. Untitled V3
22. How To Disappear Into Strings
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