L I V E – R E P O R T


Articolo e immagini sonore di Fabio Campetti

Arriva finalmente in Italia Yoann Lemoine in arte Woodkid, artista francese, stimato quanto osannato a livello internazionale, con due album all’attivo, il folgorante esordio The Golden Age uscito nel 2013 e S16 pubblicato proprio nell’infausto 2020, dischi intervallati o anticipati da svariati e.p., uno su tutti, il biglietto da visita Iron
Artista a 360 gradi, Woodkid, tra moda e grafica, è noto e apprezzato anche per il lavoro oscuro dietro la macchina da presa, alla regia di alcuni videoclip, per cui si da per scontato un certo ruolo, che al contrario ha reso storici alcuni cortometraggi musicali, punti di svolta fondamentali della carriera di molti artisti. Nella fattispecie, da menzionare le collaborazioni con le popstar Rihanna, Katy Perry e Lana Del Rey.
Tornando alla musica, diciamo che il nuovo album continua sugli stessi binari del predecessore, quindi un pop di qualità, raffinato, ragionato e arrangiato con il messaggio di chi fa le cose con pignoleria, quello che si può catalogare come “sophisticated pop”, ma che in realtà guarda al mainstream con un certo suono pulito e ben confezionato per un pubblico trasversale, una sorta di metà strada tra le produzioni da classifica appunto e l’indie da “do it yourself”, quello che parte e comincia nel salotto di casa davanti al mac. 

Tutto questo lavoro necessitava di un tour di supporto e dopo due anni di limbo e almeno un paio di cancellazioni, si recupera la data italiana.
Alcatraz Milano is the place con il palco principale ad ospitare l’ensemble e il nostro non bada a spese, mettendo in scena un vero e proprio show da copertina, una sorta di pop da stadio, puntando molto sull’estetica e, pur non avendo notizie in merito, sono sicuro, che ci sia molto delle sue idee anche dietro la produzione del live stesso.
Quindi oltre al suono, che rimane fedele alla linea, c’è proprio il concetto di sorprendere e coinvolgere il pubblico, come alcune delle starlette con cui Woodkid ha lavorato in questi anni.

Già di partenza la formazione che accompagna l’artista francese è alquanto impegnativa, otto elementi suddivisi tra il suggestivo terzetto d’archi, due musicisti ai fiati, due percussionisti, quindi un tastierista. Ma il piatto forte dello stesso show sono i visual, enormi pannelli posizionati per tutto lo stage con tanto di soppalco dove Woodkid alterna la sua presenza.
Le immagini sono la parte fondamentale: futuriste, geniali e all’avanguardia, addirittura forse fin troppo, andando oltre il concetto di concerto in sé. Ma l’effetto luccicante arriva eccome. Lui è un mattatore, guida il nutrito pubblico che lo segue, (circa 2000 persone), si muove con abilità e canta in maniera impeccabile.
La scaletta è il giusto best of di questa prima decade di carriera, c’è spazio per tutti i brani più significativi che lo stanno portano in giro per il mondo.

Si inizia con Iron, passando per e la bellissima Brooklyn dedicata alla città che lo ha accolto per un po’ di tempo, quindi la hit, che tutti cantano a squarciagola, quella I love you singolone tratto da The Golden Age.
Non mancano anche So Handsome Hallo o la conclusiva quanto aspettata Run Boy Run con tanto di compulsivo sing along di un pubblico infervorato e festoso. Quasi due ore di concerto studiato nei minimi dettagli, a voler fare l’avvocato del diavolo, come detto sopra, forse un po’ troppo perfetto, a volte quella sana sbavatura punk rende il tutto più confidenziale. Ma al di là di considerazioni personali e di gusto, il viaggio Woodkid è assolutamente consigliato.

Awir Leon

P.S. Ad aprire le danze un artista della famiglia Woodkid per un doppio turno milanese, si chiama Awir Leon, esattamente è uno dei due percussionisti, una sorta di jolly, al momento un solo brano pubblicato, musicista sul versante soul R’n’B con tanto di coreografia danzante in solitaria, esordiente, ma già capace di gestire un pubblico incuriosito che ricambia con attenzione e applausi. 

Awir Leon