R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Siamo tutti un po’ in trepida attesa quando due grandi musicisti come Fred Hersch ed Enrico Rava si mettono insieme per la prima volta con l’obiettivo di registrare un disco come questo The Song Is You. Due artisti che mettono soggezione, non foss’altro che per la loro straordinaria storia individuale vissuta pienamente nell’ambito del jazz, per non parlare della perizia tecnica e brillante creatività che sono un marchio di fabbrica riconosciuto unanimamente da ogni appassionato. Logico aspettarsi da questa coppia estemporanea un risultato sicuramente adeguato alle aspettative. Così è, almeno in massima parte. Riascoltando l’album in lungo e in largo ci si rende anche conto, però, di come, al di là del’utilizzo di una sintassi sempre raffinata, non sempre la musica riesca a riempire certi vuoti imprevisti. Nel mare aperto dell’improvvisazione è comunque lecito avvertire qualche smarrimento momentaneo, un’indecisione passeggera. Ovviamente, non essendoci incisioni precedenti che riguardino Hersch e Rava in coppia, non abbiamo termini di paragone adeguati ma dobbiamo tener presente che entrambi si sono già testati, ciascuno con partner diversi, nelle formazioni a duo. Rava, ad esempio, può vantare esperienze con pianisti come Stefano Bollani ed Hersch con trombettisti come Ralph Alessi, tanto per citare a memoria. Quindi, nel curioso interscambio tra coppie differenti, ciascuno conosce perfettamente l’arte del duo. Addirittura Hersch, nella sua autobiografia scritta nel 2017, Good Things Happen Slowly, dichiara di sentirsi molto gratificato nell’esperienza musicale a due, avendo spesso la possibilità di accompagnare l’altro strumento non tanto con voicings di svariati colori ma realizzando due linee melodiche in possibile contrappunto, una per ciascuna mano, dilatando così la variabilità creativa del suo pianoforte. A dir la verità, Rava e Hersch si erano già esposti suonando insieme in una serie di concerti pubblici a partire dall’estate dell’anno scorso ma la testimonianza discografica resta come il ragionato ritratto di una collaborazione colma d’inventiva e di nuove possibilità.

Brano di apertura è un arcinoto standard della coppia De Hollanda-Jobim, Retrato em Banco e Preto. La storia di questo pezzo è quanto meno curiosa, perché in origine fu composto solo come uno strumentale da Jobim nel 1965 chiamato Zingaro e pubblicato come tale nel 1967 nell’Lp A Certain Mr. Jobim. Quasi superfluo ricordare la pletora di artisti che si è invaghita, nel tempo, di questo brano, da Stan Getz a Chet Baker, da Joe Henderson al duo Bollani-Corea in Orvieto (2011) per menzionare solo alcuni tra i più conosciuti. Inizio magnifico, con una dolcissima intro di piano su cui il soffio precocemente accennato al flicorno di Rava sale progressivamente d’intensità dinamica durante l’esposizione del tema. L’improvvisazione subentra larga e meditata, con una timbrica sognante mentre Hersch s’appoggia sul flicorno con un accompagnamento leggero, assolutamente disinvolto nella suo esprimersi con naturalezza. L’assolo di piano, armonizzato con evidente maestria, è melodico e delicato. Nello sviluppo della traccia la punteggiatura alla tastiera diventa appena più esuberante. Chiude lo strumento di Rava con il piano che torna ad accompagnare, anche se in questa seconda parte l’abbraccio tonale tra i due musicisti diventa molto stretto. Grande esecuzione, appassionata e senza toni enfatici, misurata e centellinata come un buon vino d’annata. Improvisation, e il titolo già ne suggerisce il contenuto, è un percorso a ruota libera, a mio parere non sempre riuscitissimo. Bisogna dire che questi pezzi totalmente improvvisati mutano giustamente d’umore quando vengono suonati dal vivo perché evidentemente i musicisti percepiscono la maggior o minore elettricità del pubblico. Su disco tutto resta cristallizzato, quasi fuori contesto, intrappolato in un circolo un poco autoreferenziale. Da questa improvvisazione si esce affrontando un altro famoso standard, I’m Getting Sentimental Over You della coppia Washingon-Bassman e fatto conoscere al pubblico dal trombonista Tommy Dorsey che con la sua orchestra lo suonò in concerto per la prima volta nel 1932, anche se la prima pubblicazione ufficiale risale al 1935. Rava enuncia il tema con il suo fraseggio un po’ frammentato, mentre Hersch seleziona un accompagnamento insolito, tutto a scatti e accordi di durata brevissima, costruito a curiosi sobbalzi e saltelli che regalano al brano un inaspettato aspetto dinamico, mentre in origine si presentava come un languido slow. Qui l’aspetto improvvisativo funziona bene perché i due musicisti seguono una direzione già tracciata e si avviluppano all’originale sequenza melodica come i tralci di una vite. Il brano che segue è un altro standard che dà lo stesso titolo all’album, The Song Is You, realizzato dalla coppia Kern-Hammerstein nel 1932 ma diventata famosa soprattutto per le versioni offerte da Frank Sinatra. Molto romantica una prima pubblicata nel 1942 in un 78gg edito dalla Bluebird-La Voce del Padrone, decisamente più swingante una seconda versione editata per la Capitol nell’Lp Come Dance With Me del 1959. Hersch & Rava offrono una versione intensa che s’annuncia con una serie di note vagamente spettrali, un flicorno immerso nel chiarore selenico di un mood completamente improvvisato ma che poi, quasi inaspettatamente, emerge dall’opalescenza lunare accennando al tema seguito progressivamente dal piano in uno straordinario reincontro tonale. È un ritrovarsi da brividi garantiti, con un breve finale che ricade nell’improvvisazione da cui tutto era iniziato.

Ma le emozioni non finiscono qui, perché il brano successivo a firma di Hersch, Child’s Song, s’annuncia con una cantabile melodia dal tono evocativo piuttosto latino, assai vicino ad una pop song, almeno inizialmente. Dopo la presentazione del tema, il flicorno di Rava trascorre attraverso diversi stati d’animo, tra l’attimo fuggente di un correre spensierato e momenti di timorosa introversione. Sembra quasi che questa interpretazione riviva il cangiante clima emotivo infantile che passa veloce dalla gioia ai bocconi amari delle prime esperienze negative. Anche il piano pare rimarcare questo aspetto ma lo fa attraverso la dimensione sbiadita del ricordo, utilizzando timide dissonanze, per poi finire nel tema principale a recuperare un po’ di quella nostalgica dimensione infantile persa nel Tempo. Il brano a seguire, The Trial, è firmato da Rava, proviene dall’album Rava Noir del 1996 ma essendo dimensionato nel rapporto a due come in questo caso, si fa un po’ di fatica a riconoscere il tema originario a cui manca l’apporto del sax di Di Battista e dell’intero organico presente in quell’incisione. Ad ogni modo il pezzo è introdotto da Hersch che ne accenna il tema, piuttosto complesso, non tanto suonando degli accordi ma incrociando due frasi pianistiche in una sorta di fuga appena accennata. Il flicorno entra nel gioco diventando a tutti gli effetti la terza voce compartecipante. Si arriva poi ai brani di Thelonious Monk, che non mancano mai quando si ripropongono standard d’un certo livello. Per prima entra in scena l’inconfondibile sequenza di intervalli di sesta che caratterizza Misterioso, brano apparso per la prima volta in un disco live di Monk pubblicato nel 1958 e che portava lo stesso titolo del pezzo in questione. Intervalli riproposti all’unisono in apertura con Hersch che riarmonizza una melodia, come tutti i brani di quell’autore, piuttosto complessa nella sua affascinante obliquità. Interviene poi Rava camminando sui passi ben scanditi dal piano dando un respiro maggiore all’intera composizione, quasi “liberandola” dalle strutture più angolari in cui Hersch l’aveva guidata. Finisce Rava in solitudine con una piccola corsetta di note come coda. Round Midnight, che ve lo dico a fare, non credo che esista un solo essere umano su questo disgraziato pianeta che non abbia ascoltato almeno una volta nella vita questa melodia, magari anche senza sapere di preciso cosa fosse. Composta nel 1944 è una delle costruzioni melodiche-armoniche più geniali della storia del jazz e su questa mia opinione non timeo adversa. Hersch compie fino in fondo il suo dovere di pianista creativo mantenendo intatta o quasi la melodia ma modificando quel tanto che basta la struttura armonica, impresa non da poco per i pezzi di Monk. In effetti si tratta di piccole variazioni, corollari e accordi di passaggio ma bisogna saperli pur costruire. Non è certo un problema per Hersch che lavora in completa solitudine e chiude la sequenza dei brani nel miglior modo possibile.
Il mondo prezioso della coppia Rava-Hersch si propone quindi in questo gioco di rimandi, tra standard e improvvisazioni più anarchiche, rimanendo incline ad un tono tutto sommato carezzevole, caratterizzato dall’eleganza adamantina dei fraseggi e qualche spregiudicatezza che ai due è pur sempre concessa. Una diversa modalità di percezione la si coglie nei momenti in cui l’improvvisazione prende un sopravvento eccessivo ma si tratta di momenti eludibili che non turbano più di tanto il viaggio sentimentale di questa coppia di musicisti attraverso, possiamo dirlo, l’intera storia del jazz moderno.
Tracklist:
01. Retrato em Branco e Preto
02. Improvisation
03. I’m Getting Sentimental Over You
04. The Song Is You
05. Child’s Song
06. The Trial
07. Misterioso
08. Round Midnight
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