I N T E R V I S T A


Articolo di Nadia Cornetti

È uscito lo scorso 17 febbraio Unfold, il nuovo album della musicista norvegese Synne Sanden, che con atmosfere eleganti e suoni raffinati e soavi parla di argomenti forti, di tematiche personali e sociali poco discusse in ambito musicale, come il rapporto con la sessualità le relazioni tossiche. Abbiamo scambiato qualche parola con Synne, per entrare nel cuore del suo nuovo lavoro e per scoprire insieme a lei come è nato questo disco così importante dal punto di vista personale e sociale.

Ciao Synne, intanto grazie per aver trattato tematiche tanto personali, attuali e importanti, senza tabù ne hai fatto l’elemento principale non di un solo brano, ma di tutto il tuo nuovo album. Dal momento che la dimensione privata e personale è focale in questo tuo nuovo disco, mi chiedo, per te è stato più difficile o più necessario raccontare di tematiche così forti?
In un certo senso è stato più difficile scrivere quest’ultimo album rispetto ai precedenti, ma la parte più difficile è stata la pubblicazione. Devo ammettere che ero un po’ timorosa, è una tematica così vulnerabile e ho paura di quello che le persone potrebbero pensare e come potrebbero interpretarla. Sono consapevole del fatto che la gente ha opinioni diverse riguardo alla sessualità, e per me un album con molta emotività è ancor più spaventoso. Ma è stato davvero molto importante per me scriverlo, ed è altrettanto importante pubblicarlo, poiché la pubblicazione è una parte del mio processo di guarigione e mi aiuta ad andare avanti. È fondamentale per delle mie motivazioni private, per il mio percorso personale e anche perché so benissimo che la sessualità tossica è un enorme problema nella società. Quindi vorrei tanto diffondere la consapevolezza riguardo alla sessualità sana o tossica perché penso sia un aspetto della società sul quale è necessario lavorare. Quest’album è molto significativo per me e ora il mio desiderio più grande è che possa diventarlo anche per qualcun altro.

C’è un brano cui sei maggiormente affezionata o legata?
È molto difficile fare una scelta, perché ogni brano è stato – a suo modo – un aiuto per liberarmi, nel momento in cui l’ho scritto, ma sono convinta che Rubberband sia un pezzo decisamente emozionante per me, e che per me è stato davvero importante da scrivere. L’ho composto dopo essermi trovata in una relazione distruttiva, mi sono sforzata troppo per lui, così tanto da aver attraversato i miei confini personali e da rimanerne danneggiata. Credo che quando ti sforzi troppo per qualcun altro, soprattutto quando riguarda la sessualità, sei destinato a rimanerne danneggiato. Questo è un concetto che voglio trasmettere in questo album, ovvero che se ti preoccupi troppo dei bisogno sessuali di qualcun altro, ma non abbastanza delle tue necessità personali, allora qualcosa dentro di te si romperà. Fortunatamente è possibile rimettere insieme i pezzi nuovamente e guarire, e questo è un altro aspetto importantissimo per me da trasmettere in Unfold. Sono davvero convinta, e l’ho sperimentato su me stessa, che quanto incontri qualcuno che ti fa sentire al sicuro, dopo un periodo in cui non lo sei stato, puoi guarire completamente.

Ci sono stati dei riferimenti a cui sei maggiormente grata o che ti hanno reso necessario diventare musicista?
Sin dall’età dei 12 anni ho sempre saputo di voler diventare musicista, grazie al profondo senso di gioia che provavo e dagli obiettivi che avevo quando cantavo; non ci sono stati altri musicisti che hanno reso per me essenziale realizzare che avrei voluto diventare un musicista, anche se quando avevo circa 10 anni ho iniziato a essere molto ispirata da alcuni artisti. Ricordo molto bene di quando ho conosciuto Anja Garbarek, e questa scoperta è stata davvero molto speciale per me, come essere invitati in un universo magico, e questo avvenimento mi ha davvero ispirata molto. Anche Susanna And The Magical Orchestra hanno avuto su di me un’influenza speciale, per lo stesso motivo; il mondo che hanno creato mi ha davvero colpita e catturata. Quando ho scoperto i Portishead alle superiori ho avuto un colpo di fulmine, e tutt’ora sono una band a cui mi ispiro moltissimo; poi, dopo la scuola mi sono letteralmente innamorata di Björk e Thom Yorke, e anche loro sono artisti che significano molto per me: sono gli unici che mi ispirano non soltanto per la loro musica, ma anche grazie al loro modo di cantare, anche se ciò che li rende davvero speciali è che sono importantissimi per me anche a livello personale. Finora ho sempre avuto molta difficoltà ad accettare la mia grande sensibilità, ma Björk e Thom Yorke hanno reso molto più semplice per me farlo, grazie al loro essere sensibili e al fatto che non lo nascondono.

Ho percepito nel tuo disco molti effetti sonori che letteralmente riproducono la realtà – per esempio in Images ho visualizzato nella mia mente un ambiente acquatico, quasi a riprendere quel “she screams in the water”, oppure in Witness, dove elenchi gli organi di un corpo che sta vivendo un incubo, sento quasi il velocissimo battito di un cuore riprodotto dai synth: c’è stata da parte vostra una volontà precisa di riprodurre questi effetti oppure sono quasi naturali e sono emersi spontaneamente in relazione a quanto racconti nei brani?
È davvero bellissimo e interessante che si senta e si percepisca una connessione tra il testo e l’intero brano, è decisamente un aspetto a cui bado molto. Cerco sempre di far sì che i campionamenti, il ritmo e gli strumenti creino un’atmosfera che supporti il testo. Per me i testi sono come dei semi, sono un’ispirazione per l’intero brano, e prendo moltissime idee dalle parole, anche se cambia quanto è diretta la connessione; si tratta solo di trovare la giusta atmosfera per il testo, e con gli esempi che hai descritto si è trattato in realtà di un fatto istintivo più che di un qualcosa di “studiato”, mentre in “Inhalation”, per esempio, abbiamo registrato il mio respiro e ne abbiamo utilizzato il campionamento: nel brano abbiamo anche provato a eseguire un ritmo che potesse ricordare un lento respiro e ho trovato davvero interessante tradurre il respiro in ritmo. Quindi, qualche volta si tratta di una connessione con il testo diretta e programmata, mentre altre volte abbiamo ricreato un paesaggio sonoro in maniera più spontanea e intuitiva.

C’è un momento della giornata, o una situazione, un luogo, o un’abitudine che leghi abitualmente ai momenti in cui traduci in musica i tuoi pensieri e le tue emozioni?
Si tratta di una domanda difficile, perché comporre musica non è qualcosa che faccio ogni giorno, e non ho una routine legata a questo. Per quanto mi riguarda, compongo molto in alcuni periodi, e poco in altri, dipende molto dalla mia vita emotiva, da quanto sono impegnata quel determinato momento e a che punto della realizzazione dell’album mi trovi, ma una cosa è certa: adoro trovarmi in posti tranquilli quando scrivo. Quando compongo ho bisogno di stare molto tempo con me stessa, e questo mi riesce decisamente meglio in un luogo tranquillo come la campagna. Ho scritto canzoni mentre vivevo in città, ma allontanarmi e andare verso un’altra città, o in una baita, o in una casa, un luogo che mi infonde pace mi rende più facile scrivere. Ho bisogno della sensazione di avere molto tempo a disposizione, di avere il tempo per indagare realmente i miei sentimenti e sensazioni e anche di avere il giusto spazio per riflettere con calma e per giungere al cuore dei brani e delle mie idee. Spesso mi vengono idee mentre viaggio, anche di prima mattina, oppure nel cuore della notte, se mi sveglio, ma per comporre davvero e concludere i brani ho bisogno di spazio e tempo.

Qual è la dimensione nella quale preferisci esibirti o nella quale ti piacerebbe portare Unfold?
Mi piacerebbe tanto che le persone ascoltassero i miei testi: il tema per ciascuna canzone è fondamentale per me, e credo che i testi, le parole, siano la parte più importante della mia musica. Unfold non è solo un disco molto personale, ma anche un album politico, che spero possa trasmettere qualcosa a chi lo ascolta.

Concludo non con una domanda, ma con un ringraziamento: sono sicura che il tuo disco ricoprirà davvero il ruolo che speri… ed è vero che la musica può servire a tanti scopi, per intrattenere, per rilassare, per darci la carica, ma quello che tu hai attribuito al tuo lavoro è secondo me uno dei ruoli più utili e nobili.
Spero davvero che tu abbia ragione, sarebbe fantastico! Grazie, questo significherebbe molto per me!

Photo © Signe Luksengaard, Martine Hovind, Elise Ommundsen Granli