R E C E N S I O N E
Recensione di Andrea Notarangelo
Chiameremo questa recensione “La parabola del ciclista, o come Phil si è messo a tirare la volata”. Batterista dotato, da sempre nei Radiohead, Philip Selway è colui che ha un ruolo delicato ma importante nell’economia della band madre. Quando c’è non te ne accorgi perché tutto funziona alla grande e i suoi ritmi consentono i solismi dei suoi comprimari a cominciare da Thom Yorke. Quando non c’è, te ne accorgi comunque, come ad esempio in Kid A, dove per assecondare le geniali sperimentazioni di Yorke stesso e di Jonny Greenwood, molto umilmente si è messo da parte seppur gestendo magistralmente il delicato ruolo di programmazione e campionatura delle parti di batteria. Quel disco, punto di svolta per la storia dei Radiohead, doveva suonare alieno, come i tempi che furono e centrarono l’obiettivo. Al contrario, qui il gregario Phil decide di affrontare qualche curva e provare a staccare il gruppo per mettersi in gioco e testare quanto il suo desiderio di vittoria possa essere soddisfatto. Possiamo dire con tutta tranquillità che, dopo due ottimi tentativi (il primo album Familial del 2010 e il secondo Weatherhouse del 2014), il nostro ha preso le misure e si è messo ad attaccare in tornanti con maggior convinzione.

Strange Dance si apre con un piano caldo e una calda e soffice voce avvolge l’ascoltatore in un mondo di archi e poco altro, fino all’esplosione definitiva che ci fa immergere completamente nel disco. Con What Keeps You Awake At Night, ci sentiamo cullati da un ritmo monotono di tastiera in una notte tranquilla. Come il sonno, che prevede più fasi, dopo qualche momento di tranquillità ecco arrivare una scossa, una vibrazione lieve del cuore che si manifesta in un suono struggente di sintetizzatore, per poi tornare ad un lento incedere che ci riaccompagna fino al risveglio. Credo non sia possibile descrivere meglio la bellezza di questa traccia. Il piano ipnotico che permea Check For Signs Of Life è qualcosa che potrebbe durare all’infinito. Né triste, né allegro, si deposita con un andamento dolceamaro nella nostra memoria e resta lì, desiderando di essere estratto di tanto in tanto dal nostro bagaglio dei ricordi. La successiva Picking Up Pieces è a tutti gli effetti una Radiohead song e non sarà difficile immaginarla cantata da Thom Yorke non appena chiusi gli occhi. Potrebbe essere uno scarto dalla band madre, oppure, uno dei migliori pezzi estratti direttamente dall’anima di Selway. Delle due una, a voi la scelta, in qualsiasi caso vale l’ascolto e l’inserimento in una propria lista personale di pezzi d’ascolto durante la mattina mentre si raggiunge il proprio posto di lavoro.
Questo terzo disco è tutta opera sua, ma essendo un ottimo gregario, ha capito che per vincere occorre comunque il supporto di una grande squadra. Ed è così che troviamo nei crediti Marta Salogni, presente anche nella produzione dell’album, Hannah Peel, Katherine Mann e Adrian Utley, l’indimenticabile chitarrista e produttore dei Portishead. I pezzi si susseguono rapidi come in una Milano-Sanremo e così anche la title track, che presenta una buona dose di rumori ad avvolgere un cantato decisamente ispirato e un mormorio di accompagnamento nei ritornelli che solo i grandi performer possono permettersi. In un certo senso, in questo piccolo frangente, ricorda Damon Albarn, ma più bravo. E per chi scrive, Damon Albarn è un genio. La traccia si spegne lentamente, lasciando spazio all’ultima parte del disco, caratterizzata da un alternarsi di pezzi lenti e malinconici, ad altri più rapidi e solari. Questo ricorda molto le dure salite e le ripide discese che contraddistinguono corse lunghe come il Giro d’Italia o il Tour de France, nelle quali Selway non sembra completamente a suo agio.
Il disco rappresenta un grande passo avanti rispetto al passato e che delinea tutto il potenziale di questo musicista che forse riesce a dare il suo meglio in circuiti classici di una giornata, rispetto a corse a tappe. Il gregario supera a pieni voti la sfida dimostrando di riuscire a vincere anche da singolo, ma è evidente come riesca a diventare eccelso quando gioca in gruppo e spiana la strada al suo capitano. Ascolto consigliato a tutti, soprattutto a chi ama gli outsider a discapito dei campioni.
Tracklist:
01. Little Things (3:35)
02. What Keeps You Awake At Night (6:57)
03. Check For Signs Of Life (4:22)
04. Picking Up Pieces (4:28)
05. The Other Side (4:11)
06. Strange Dance (5:57)
07. Make It Go Away (4:00)
08. The Heart Of It All (4:14)
09. Salt Air (4:45)
10. There’ll Be Better Days (4:31)
Photo © Phil Sharp
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