R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Il tempo è un’antica ossessione delle arti, di tutte le arti, dalla letteratura alla poesia, al teatro. Ma è nella musica che il tempo gioca davvero un ruolo fondamentale. Musica e tempo sono assai più simbiotici, almeno quando si tratta del tempo con la “t” minuscola. Quando si tratta del Tempo con la maiuscola, la questione si complica ulteriormente. Qui la letteratura ha prodotto capolavori assoluti, come ne ha prodotti il cinema. E la musica? Ci sono molti musicisti che hanno posto il tema, ma non tantissimi. Saluto quindi con grande gioia ed altrettanta curiosità, l’uscita La fòla de l’oca, magnifico cd di Roberto Bonati, riflessione musicale sul Tempo, prodotto da ParmaFrontiere e al quale hanno collaborato prestigiose accademie musicali, quali quelle di Oslo, Nürnberg, Hamburg, Göteborg, Stavanger e Glasgow. Il progetto, partito nel 2018, vede finalmente la luce dopo i tempi travagliati della pandemia. Il raffinato cd (anche da un punto di vista grafico) contiene sette intensissimi brani con i testi di Sant’Agostino, Eraclito, Marco Aurelio, Walt Whitman con loro riflessioni sul Tempo. Stranamente le prime parole che si incontrano in apertura non sono di nessuno di questi autori, ma vengono dalla saggezza popolare e sono sotto forma di filastrocca, “La fòla de l’oca” appunto, un “nonsense”, degno di Edward Lear, che viene dalla tradizione orale padana e che, come ricorda lo stesso Roberto Bonati, “ha l’odore della terra” e un ritmo verbale ancestrale che, oltre che costituire le radici dell’autore, rimanda alla circolarità del Tempo.

E allora, silenzio e ascoltiamo, come si ascolta in questi casi, senza distrazioni, dedichiamoci solo al suono cominciando da Quid est ergo tempus? come si chiede Sant’Agostino. Brano molto particolare che inizia col frinire dei grilli di una immaginaria e immaginifica notte in campagna, dove la voce di un’anziana donna recita ad un bambino la filastrocca al cui termine si materializza un ambiente sonoro rarefatto e sospeso, dal quale scaturisce la voce di Giulia Zaniboni che intona l’essenziale domanda agostiniana. Lo sviluppo musicale delle premesse è del tutto sorprendente poiché dalla pacata, ma solenne atmosfera iniziale, prende corpo un’orchestrazione leggiadra ed amabile molto in consonanza con le tematiche agostiniane e il suo cristallino argomentare. Achanés tu aiónos ci invita, con Marco Aurelio (nei “Pensieri”), a guardare alla “voragine” del tempo, sia quello che ci ha preceduto, sia quella che ci sta dinnanzi. Ma anche qui se le parole possono incutere un timor panico, sono le note dei fiati e le delicate vibrazioni degli archi a farci sembrare l’ammonimento di Marco Aurelio (in forma cantata), non già come una terrifica ammonizione, bensì come una rassegnata e rasserenante condizione umana. Dello stesso tenore per profondità di pensiero e per conseguente raffinatezza musicale è Apidón bis to tachos, invito, dello stesso autore, alla meditazione sulla subitanea fine di tutte le cose umane, che musicalmente Bonati rende con uno straordinario flicorno di Benjamin Löfgren, dialogante con la viola di Paolo Botti e con una ripresa della voce di Giulia Zaniboni, nella seconda parte del brano, che finisce addirittura con possenti sciabolate della chitarra di Luca Perciballi. Non è difficile scrivere di musica mentre la si ascolta, ma è molto difficile che chi legge e chi ascolta provi le stesse emozioni. Il violino apre In de anime meus, sempre su testo di Agostino, che detto così sembra ormai un paroliere, ma a volte la musica e chi la compone, fanno davvero miracoli, e basta seguire il pezzo con il possente inserimento del sax di Simon Herberholz per averne conferma. Cosa ci fanno uno dei più grandi pensatori del Medioevo e un sassofonista jazz insieme? Si potrebbe parlare delle solite “contaminazioni”, ma qui si va oltre, direi che il disco di Roberto Bonati ricompone l’idea di universalità delle arti ed è curioso che questo avvenga proprio in un progetto sul Tempo. La metafora del fiume, come scorrere del tempo, è il filo conduttore di Potámos conturbante e irrequieto che si scompone e ricompone in tanti  “frame” musicali di un repertorio, che va dall’intimismo “etnico” al free jazz più virulento, da attacchi di groove intenso al canto sulle parole dei “Pensieri” di Marco Aurelio: “Un fiume di accadimenti e un flusso impetuoso è il tempo: ciascuna cosa, non appena è vista, già è trascinata via, e un’altra viene trasportata che, a sua volta, destinata ad essere portata via”. Sono invece le parole di Walt Whitman ad accompagnare Amid Time che alludono al tempo senza inizio e senza fine, tematica dell’intero lavoro, coniugata splendidamente ad una gamma di suoni di grande raffinatezza e potenza espressiva. Chiude il lavoro Aion anch’esso con i testi di Marco Aurelio e con un’apertura quasi “puntillista” di fiati e percussioni.

Cosa aggiungere ad un lavoro così semplice nella sua tematica di fondo e così complesso nel suo racconto musicale? Forse che dopo averlo ascoltato sembra in realtà di essere passati attraverso un caleidoscopio musicale dalle mille sfaccettature e dai mille riflessi. Hanno suonato nella ParmaFrontiere Orchestra: Giulia Zaniboni (voce), Mario Arcari (oboe), Marco Ignoti (clarinetto), Riccardo Lupi (flauto e sax soprano), Simon Andrea Fredheim Folkvord (sax alto), Simon Herberholz (sax tenore), Michael Gassman (tromba e flicorno), Benjamin Löfgren (tromba e flicorno), Fabius Mey (trombone), Finn Henrik Stamer (violino), Ingrid Berg Mheus (violino), Paolo Botti (viola), Gregorio Buti (bello), Luca Perciballi (chitarra), (Tommaso Salvatori (vibrafono), Andrea Grossi (contrabbasso), Roberto Dani (batteria e percussioni). Il direttore e compositore è Roberto Bonati, la registrazione del disco è stata effettuata durante i concerti che si sono tenuti al Teatro Farnese di Parma nel settembre del 2021. Un maestoso lavoro, ricco di essenzialità…

Tracklist:
01. Quid est ergo tempus? (14:08)
02. Achanés tu aiónos (7:34)
03. Apidón bis to tachos (13:38)
04. In de anime meus (10:33)
05. Potámos (10:05)
06. Amid Time (9:34)
07. Aion (10:25)