L I V E – R E P O R T


Articolo di Luca Franceschini, immagini sonore di Andrea Furlan

30 anni di Marlene Kuntz, 20 anni di Ho ucciso paranoia, anniversari importanti che la band di Cuneo sta celebrando in vari modi: un doppio album che è un po’ best of e un po’ raccolta di cover e rarità, un’autobiografia tutta particolare di Cristiano Godano, che ha riletto tutta la storia della band a partire dalle canzoni dei primi tre dischi; e infine, ovviamente, un po’ di concerti in giro per l’Italia.

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Soprattutto di questi ultimi, ne avevano bisogno: le vicissitudini dei Magazzini Generali prima, la tendinite del batterista Luca Bergia dopo, hanno portato il gruppo ad annullare quasi tutti i concerti di quest’estate, quelli che avrebbero visto il gruppo declinare entrambi i lati della propria personalità, quello acustico e quello elettrico. 
Si recupera ora, che finalmente di problemi non ce ne sono e fila tutto liscio. E così eccomi a Trezzo sull’Adda, in uno dei locali più belli della penisola, che ha visto i Marlene più volte protagonisti (io li ricordo in particolare in un bel concerto durante l’anniversario di Catartica, nel 2014). 
Per recuperare il tempo perduto, giustamente, anche lo spettacolo di questo tour è organizzato in due set. La prima parte è acustica e inizia alle 22 spaccate, con Cristiano Godano, Riccardo Tesio, Luca Bergia, Davide Arneodo e Luca Saporiti, che preceduti da un’intro di stampo Ambient si presentano sul palco tra gli applausi dei presenti e prendono rapidamente possesso delle loro postazioni. 

marlene-kuntz-live-music-club-foto-di-andrea-furlanSi parte con Lieve, in maniera significativa proveniente da quel Catartica che ha inaugurato il cammino discografico del gruppo nel 1994 e gli ha ritagliato per sempre un posto di rilievo all’interno della scena rock italiana, indipendentemente da quello che è successo dopo. Subito dopo c’è Ti giro intorno, da quell’altro capolavoro che è Il vile (celebrato anch’esso più che degnamente con un tour, qualche anno fa), prima di passare ad un classico recente come La lira di Narciso
Si tratta di un set che spazia bene o male per tutta la loro discografia, tra episodi conosciuti come Musa, Sapore di miele e Osja amore mio ed altri non troppo valorizzati come L’artista. Spazio anche per una convincente versione di Bella ciao, presente anche sulla raccolta MK30: il brano della tradizione è stato riletto in una chiave molto più scura, quasi a la Nick Cave e si è incastrato alla perfezione nella setlist, superando anche il normale effetto scontatezza che una canzone del genere rischia di portarsi dietro (aggiungiamo pure che, dopo essere stato tema portante delle prime stagioni de La casa di carta, il rischio banalizzazione era ancora più presente). 
In generale, questa prima parte fila via bene: c’è tanta intensità e la voce di Cristiano è assolutamente al meglio. Meno positiva la valutazione sugli arrangiamenti: nonostante la buona prova da parte di tutti e dei piacevoli inserti di violino ad opera di Arneodo, l’insieme suona un po’ troppo monocromatico, a volte manca di profondità e non ci sono veri e propri sussulti. 
Le cose migliorano nettamente nella seconda parte della serata, che inizia dopo una pausa di circa una decina di minuti. 

marlene-kuntz-live-music-club-foto-di-andrea-furlanSul piatto c’è l’esecuzione pressoché integrale (mancano giusto Il naufragio e le varie Spore) di Ho ucciso paranoia, l’album che, nel 1999, ha portato ai vertici massimi la creatività del quintetto e ne ha allo stesso tempo esaurito la scintilla di genialità, ultimo capitolo di una fase di carriera sfolgorante ma che, nel prosieguo, non è riuscita a rimanere al passo con i tempi e a produrre cose che potessero parlare a tutti. 
Ai presenti (tutti, ad occhio e croce, reduci da quella stagione gloriosa) sembra non importare ed è giusto che sia così: stasera c’è solo da festeggiare e le riflessioni storiche è meglio lasciarle agli pseudo giornalisti come il sottoscritto. 
La band suona compatta, potente come è sempre stata, i suoni sono magnifici, al limite della perfezione, le chitarre di Godano e Tesio sono ora lame affilatissime, ora un muro invalicabile. Questa band non ha mai avuto eguali in Italia, in merito ad uso del rumore e dell’elettricità, in merito alla razionalizzazione del caos e questa sera lo dimostra per l’ennesima volta. Esecuzione pressoché perfetta dei brani, sia di quelli più tirati e diretti (L’odio migliore, Le putte, Questo e altro) sia di quelli più riflessivi ed elaborati (Una canzone arresa, Ineluttabile, Lamento dello sbronzo), il tutto corredato da un uso dei visual semplice ma assolutamente funzionale. 
Ad un certo punto Cristiano lo dice: “Senza retorica, possiamo dire di essere qui a suonare con la stessa energia di vent’anni fa”. Verissimo. Inevitabile che qualcosina se ne sia andato in termini puramente fisici, ma sicuramente ne ha guadagnato in precisione e levigatezza. 

marlene-kuntz-live-music-club-foto-di-andrea-furlanTerminato Ho ucciso paranoia, c’è spazio per la cover di Impressioni di settembre: personalmente non ho mai amato questo brano, probabilmente anche per il testo di un sopravvalutatissimo Mogol e devo dire che questa versione non aggiunge e non toglie nulla all’originale, risultando anche piuttosto superflua nell’economia dello spettacolo. 
Seguono alcuni episodi chiave della loro storia successiva, come La canzone che scrivo per te (forse il loro primo vero successo radiofonico), Il genio (l’importanza di essere Oscar Wilde) che è anche il brano più recente che pescano (nulla dall’ultimo Lunga attesa infatti) ed è anche uno di quelli più amati dal pubblico, a giudicare dalla reazione. Poi la sempre efficace Bellezza e un’inattesa A fior di pelle, che si rivelerà come una delle migliori esecuzioni della serata. 
Sono già passate due ore e mezza, pausa compresa, ma il pubblico ne vuole ancora e richiama a gran voce la band per i bis. 

marlene-kuntz-live-music-club-foto-di-andrea-furlanEccoli di nuovo, con Riccardo e Davide che hanno in mano una webcam e si divertono a riprendere la platea, con le immagini che vengono proiettate sullo schermo, quasi a creare un abbraccio virtuale col pubblico e a renderlo simbolicamente presente sul palco. 
Non potevano che essere due brani da Catartica a chiudere tutto: prima Nuotando nell’aria, vero e proprio manifesto di questa band, con la sua alternanza di piani e forti, per metà dolce ballata, per metà esplosione di feedback e distorsioni. E poi Sonica, pezzo altrettanto simbolico, che a distanza di 25 anni suona ancora potentissima: nessuno, in Italia, ha dimostrato di aver appreso la lezione dei Sonic Youth così come hanno fatto loro. 
Si chiude così, con un’infinita eco di rumori, fischi e i fan adoranti sempre rigorosamente ripresi dalla telecamera. Quasi tre ore di concerto, decisamente impossibile andar via delusi. 

marlene-kuntz-live-music-club-foto-di-andrea-furlanMarlene Kuntz hanno festeggiato nel migliore dei modi i loro trent’anni di storia (che non è mai un traguardo scontato, soprattutto di questi tempi) e non possiamo che essere felici per loro e per noi, visto che di una band del genere avremo sempre bisogno. 
Certo, dispiace vedere il locale pieno per metà e dispiace dover registrare la totale assenza di facce giovani. Possiamo girarci intorno quanto vogliamo, ma è stato un concerto per nostalgici, per reduci, come già detto prima. Gli anni ‘90 sono finiti e, per quanto il gruppo sia ancora in forma strepitosa, non si può non notare come facciano ormai parte del passato, come il mondo musicale sia andato da tutt’altra parte e come quel tipo di proposta sia irrimediabilmente invecchiata. È colpa loro? È colpa delle circostanze? È colpa del pubblico? Non sono in grado di dirlo e non è importante dirlo. Occorre solo constatarlo con tristezza: gli anni ‘90, che vi piaccia o meno, sono finiti e sono stati cancellati dalla memoria collettiva.

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