R E C E N S I O N E
Articolo di Giacomo Starace
The Dream Syndicate è una band nata long time ago ormai, negli anni ’80. Dopo 23 anni, nel 2012, la formazione si è ripresentata al mondo con How Did I Find Myself Here?, mostrandosi non come la band datata che torna a rivisitare i suoi classici, ma portando nuova musica, fresca e contemporanea.
Il 10 aprile 2020, infine, è stato pubblicato The Universe Inside.
È un album molto particolare, registrato per la maggior parte in presa diretta in un’unica sessione di improvvisazione.
Partiamo da una semplice e obbligatoria premessa: non è un disco semplice da ascoltare, le influenze percepite vanno dalla musica psichedelica al jazz fusion fino all’elettronica, le sonorità sono estremamente articolate e i brani sono vere e proprie suite che richiedono un ascolto attento e preparato. Per quanto si respiri un’aria di contemporaneità, soprattutto nelle voci, più presenti nel mix, l’album ricorda molto la psichedelia degli anni ’70 di stampo floydiano e dei Jefferson Airplane.
In Apropos of Nothing si percepisce una forte presenza rock che in alcuni punti ricorda gli U2, mentre The Longing pesca direttamente dalla psichedelia. Dusting Off the Rust è costruita su chitarre elettriche fortemente effettate e meravigliosamente sporche, creando un bel sound accattivante e duro, fino a rendere a livello sonoro la ruggine da spazzare via del titolo. The Slowest Rendition, invece, mostra un sound molto ravvicinabile all’album Wish You Were Here dei Pink Floyd, sia per la voce parlata che per il sax e le chitarre.
Ma il brano che più sintetizza la complessa bellezza di questo disco è il primo singolo, nonché opening track: The Regulator, una suite di 20 minuti in cui vengono anticipate tutte le sonorità sviluppate nei brani successivi, con un ampio respiro jazz che emerge in più sezioni del brano.
Come considerazione generale su questo album e questa band ci si può soffermare sul fatto che viene messo davanti all’ascoltatore tutto il potenziale del gruppo e tutta la loro esperienza pluriennale nel far musica. Non c’è alcun elemento banale o “pop” in questo lavoro, l’ascoltatore è messo subito in condizione di esplorare mondi sonori sconosciuti.
Proprio per questo non è un album da ascoltare una volta sola per poi dire di averlo capito: ogni ascolto può servire a cogliere una sfaccettatura diversa di questo piccolo diamante di quasi un’ora. L’invito è a fare proprio questo: ascoltarlo una volta, poi rivedere ogni pezzo per cogliere le interazioni fra gli strumenti, il dialogo che le varie parti costruiscono in ogni brano, le finezze esecutive che trascendono le capacità degli strumenti stessi.
TRACK LIST
01. The Regulator
02. The Longing
03. Apropos of Nothing
04. Dusting Off The Rust
05. The Slowest Rendition
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