Le contiamo sulla punta delle dita: 5 domande ai nostri artisti, il tempo di batter 5 et voilà, in 5 minuti le risposte.

I N T E R V I S T A


Articolo di E. Joshin Galani

Lo spazio del Batti 5 di oggi è dedicato ad Andrea Notarangelo, milanese, chitarrista, bassista e redattore di Off Topic. Da oggi è anche scrittore, esordisce con il suo primo romanzo autoprodotto Un buon inizio, nato durante il lockdown. Claudio, il protagonista, dopo la scomparsa della nonna materna rinviene delle lettere che gli aprono un mondo sulla figura umana della donna, suscitando molta curiosità. Da qui un viaggio a suon di musica, verso un sogno da esaudire.
Abbiamo voluto saperne di più, ecco le nostre 5 domande.

Innanzi tutto ti chiedo com’è nato “Un buon inizio”, qual è l’idea di base che ti ha portato a scriverlo?
“Un buon inizio” è un’idea che nel tempo si è arricchita di particolari e ha iniziato a prendere forma nel Novembre del 2019. Durante il lockdown ho scritto quando potevo. Nelle pause pranzo, dopo cena, nei fine settimana bloccati in casa. Leggo con piacere recensioni di libri e di dischi e nelle più recenti, noto come il lockdown, il blocco, sia stato per molti un momento di riflessione interiore. Si è trattato di qualcosa che ha riguardato l’esterno ma che ci ha obbligato a guardarci dentro. Non va visto in chiave positiva o negativa. È successo e per quel che mi riguarda, “Un buon inizio” ne è una bellissima conseguenza.

Ho voluto cogliere nel tuo libro gli aspetti musicali. Il racconto parte da una sorpresa: il protagonista, sistemando gli effetti personali della nonna da poco scomparsa, scopre con stupore che la sua ava suonava. Da qui si snoda tutto un percorso di ricerca. Tu sei scrittore, chitarrista e bassista, è la stessa spinta energetica che ti fa esprimere con il suono e con la scrittura?
Proprio così. La spinta energetica è una, ma una volta generata trova sfoghi nei più svariati ambiti (letterario, musicale, professionale, ecc). Nel mio caso ho fatto coincidere due passioni: quella per i libri e quella per la musica. L’idea di una “nonna che suona” l’ho trovata insolita e piacevole da sviluppare. Pensiamo ai nostri avi come a persone serie che lavoravano e creavano una famiglia, ma ci dimentichiamo che hanno avuto un’esistenza interessante fatta di amori, gioie, delusioni, successi e insuccessi, e di lezioni imparate a proprie spese. Si tratta della storia umana che si ripete e che ci fa immedesimare nell’altro. Ed è proprio questo ad attrarci.

In una parte di racconto sono citati Morrissey e Marr nel loro comune periodo d’oro nei The Smiths. Ho sorriso leggendo quella parte in cui il protagonista, in un momento di condivisione musicale, dona la compilation “Louder Than Bombs” del gruppo mancuniano ricevendo in cambio un “best of” di Vasco Rossi. L’immersione nella letteratura aiuta a scrivere bene, pensi che ci sia un buon apporto, un’ispirazione importante, che deriva anche dai testi delle canzoni, per una buona stesura di un romanzo?
Penso che si possa scrivere a prescindere dalla propria preparazione in ambito letterario e musicale, ma credo che un buon bagaglio di conoscenza aiuti il lettore a immedesimarsi e a costruire una bella cornice nella quale inserire il quadro. L’episodio che hai citato è emblematico perché funziona bene con o senza una conoscenza pregressa. Chi ha vissuto quel periodo o conosce gli attori in gioco, comprende la differenza che c’è tra questo ragazzo che ascolta gli Smiths e che potrebbe essere introverso, timido, romantico, in contrasto con questa ragazza che ascolta Vasco Rossi e che puoi immaginarti come una persona estroversa, compagnona e molto rock. Chi non conosce i musicisti indicati, può però godersi la scena per quella che è, nella quale due individui cercano di conoscersi dallo scambio reciproco di passioni. La scrittura è universale e un buon romanzo dev’essere destinato a tutti.

Anche nei gesti raccontati, c’è la potenza del valore della musica, della sua diffusione. Il protagonista regala musica in cassette, dando un valore al gesto. Senza svelare il suo intento, il ricorrere ad un supporto diverso per ascoltare musica è uscire dalla velocità e vivere la musica come un cammino, sentirsi stimolati ancor prima di ascoltare, mettersi alla ricerca di un supporto adeguato per sentirla… un po’ come quando si comprano i vinili ed il percorso che ci separa dalla puntina è già esso emozione musicale. Questa parte del tuo romanzo piacerebbe molto a Karim Qqru degli Zen Circus che con la tua stessa sensibilità verso le audiotape che ha fondato Dirt Tapes, la prima etichetta che produce musicassette. Cosa ne pensi?
Penso che Karim Qqru abbia avuto un’ottima idea e credo che dietro a un’operazione così coraggiosa, ci sia una scelta di cuore. La musicassetta è di fatto una lettera aperta che inviamo a un destinatario da sedurre. La compilazione è un biglietto da visita per descrivere chi sono. Io in questo senso ero un passo oltre. Assieme alla cassetta inserivo un bigliettino indicando titoli delle canzoni, degli artisti e un pensiero o delle citazioni tratte dalle canzoni coinvolte. Mi sono ritrovato molto nella descrizione dell’acquisto di un vinile perché mi ricorda i momenti in cui ho fatto mio un disco importante e non vedevo l’ora di tornare a casa per godermi il viaggio. È cambiata tanto la fruizione musicale: con il vinile mettevi il disco sotto la puntina e ti alzavi solo per cambiare il lato, con il cd potevi passare direttamente alla canzone che preferivi, saltando tutto il resto e con l’ascolto in digitale, invece, non attendi nemmeno più il termine della traccia stessa. Sono cambiati i modi e i tempi, chissà dove ci porterà tutta questa velocità.

All’interno del romanzo ci sono le major, i discografici insolenti, le copertine dei dischi, le T-shirt dei musicisti ed anche la musica tra amici. Incontriamo i Fugazi, la loro cultura D.I.Y.,  si cita Nick Drake, il “tenero languore” di David Sylvian, e il “balsamo per l’anima” che sempre ci accompagna: la nostra amata musica, medicina preferita. Questo libro è stato scritto durante il primo lockdown, che musica ascoltavi durante la scrittura?
Tutti i nomi citati sono stati miei fidi compagni d’avventura. I Fugazi facevano molto gioco-forza perché quando si è ragazzini e si mette su una band, col tempo e l’esperienza, si scopre che oltre alla fama e al denaro, vi sono dei valori e un’etica da perseguire. Parlo di major e cito i Fugazi come esempio emblematico di chi ha voluto far musica e ci è riuscito dettando le sue regole. Loro sono l’esempio vivente di una strada difficile ma possibile. Ci sono anche i Joy Division che hanno accompagnato tutta la mia crescita musicale, ma è presente anche il così detto “brit pop”, con i Blur, i Mansun e i Supergrass. Menzione d’onore per la discografia dei Porcupine Tree, una band che stranamente non ho citato ma è presente e viva nella colonna sonora della mia vita.

Qui trovate Un buon inizio.