R E C E N S I O N E
Recensione di Mario Grella
Cerco di essere sempre sincero quando scrivo, visto che nella vita di tutti i giorni spesso non si riesce ad esserlo fino in fondo; con tutta sincerità, quindi, posso affermare che ho esitato un po’ a scrivere di Solitudo, seconda fatica discografica della violinista Anais Drago, pubblicata ad inizio ottobre dall’etichetta Cam Jazz. Ho esitato perché temevo di non essere in grado di produrre un numero sufficiente di parole legate tra loro, a commento di un disco di violino solo. Invece, una volta infilata la cuffia sulla testa, essermi isolato da ciò che mi circonda ed aver premuto il tasto “Play”, mi sono reso immediatamente conto, che di parole ne avrei trovate anche troppe (e non per merito mio). Il violino di Anais, acustico ed elettrico, è qui chiamato al cimento su un tema di non poco conto e che, come tutti i temi universali, può diventare una trappola. Il tema è, come dice esplicitamente il titolo, la solitudine. Avendo tra le mani uno strumento vocato alla solitudine come il violino, Anais Drago parte con un certo vantaggio, ma il rischio era comunque grande. Ma chi si assume grandi rischi, se riesce ad uscirne indenne, ottiene poi anche grandi risultati.

Incominciando, una volta tanto, dalla traccia di apertura, Gnossienne, ispirato ad uno che di solitudini se ne intendeva, Erik Satie, già ci si trova di fronte ad una sorta di “repertorio” del catalogo musicale della giovane musicista: una parte iniziale decisamente “colta”, temperata solo da qualche armonia dolce, una parte centrale, minimale e meditativa e, sul finire, un pizzicato dal sapore quasi celtico, accompagnato da profondi bassi elettronici che, paradossalmente introducono solo alla fine il tema (originariamente al pianoforte). Un pezzo geniale per invenzione, composizione ed esecuzione. Da questo primo brano si dipana un intero mondo di emozioni musicali intense e di difficilissima collocazione. Si va dalla meditazione inquieta ed instabile di Ascesis, con espliciti echi delle avanguardie musicali del Novecento, alla riflessione su una solitudine non ricercata, ma necessaria, come quella del Minotauro chiuso nel suo labirinto, dove il violino è accompagnato dalla voce della stessa Anais in un complesso e articolato dialogo. Elettronica “in purezza” magnificamente corretta da qualche cedimento a sparute apparizioni melodiche, caratterizza Horror Vacui, mentre il successivo Manteia, lirico e ricercato, sembra di nuovo alludere ad uno stato di grazia che la solitudine può provocare. Chiude il lavoro un variegatissimo Just Talking To Myself, come a sottolineare ancora la duplice valenza della solitudine, un pezzo conclusivo che contiene anch’esso, come il pezzo di apertura, tutta la maestria di Anais Drago di saper giocare su più registri e di passare da uno all’altro con estrema disinvoltura, dalle asprezze della sperimentazione, alla spiritualità della ballata. Tanti altri sono i brani dell’album, tutti di grande versatilità e profondità.
Se, come nelle intenzioni della musicista, Solitudo doveva essere una riflessione interiore sulla solitudine, vista, anzi, “sentita”, attraverso uno strumento, il violino, non si può che riconoscerne l’eccellente risultato. Riemergo dall’ascolto di questo magnifico lavoro con la convinzione, qui corroborata, che la solitudine sia uno straordinario stato della conoscenza e della creatività: “Sola beatitudo, beata solitudo”.
Tracklist:
01. Gnossienne (Erik Satie – Anais Drago)
02. Ascesis
03. Passio
04. Halucinari 1
05. Oblivio
06. Firma Mentis
07. Halucinari 2
08. Minotauros
09. Horror Vacui
10. Halucinari 3
11. Manteia
12. Just Talking To Myself
*Photo © Elisa Caldana
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