R E C E N S I O N E
Recensione di Andrea Notarangelo
Fever Dreams Pts 1-4, il nuovo doppio album di Johnny Marr, quarto della sua carriera solista, viene annunciato a novembre come un disco dal rilascio centellinato. L’ex Smith e il suo entourage, infatti, hanno deciso per una campagna promozionale particolare, che ha visto la pubblicazione del nuovo lavoro a determinate scadenze, quattro canzoni per volta, per un totale di 16. Il passato ingombrante non è mai stato lasciato alle spalle, ma il nostro chitarrista, negli anni, è riuscito a togliersi diverse soddisfazioni, come ad esempio, le collaborazioni con Bernard Sumner dei New Order nel progetto Electronic, o ancora, quella con Matt Johnson della cult band The The. Per chi scrive, il senso di incompiutezza che attanaglia il nostro guitar hero è evidente, ma con questo episodio si aprirà forse una nuova fase della sua carriera. Il lavoro risulta compatto e suona pertanto ancora di più ironica la volontà di spezzarlo in diverse parti. Non sono presenti sbavature nel processo compositivo e il suono risulta pieno senza essere pomposo o eccessivo. La suddivisione è più di tipo umorale.

La prima parte (quella da Spirit Power And Soul fino ad Ariel compresa), più votata a un registro epico, drammatico, pesca a piene mani nella prima fase solista di Marr, da quella collaborazione con Sumner che portò subito a un buon riscontro sia di critica che di pubblico. È presente però anche qualche dettaglio dall’ultima prova solista del 2018, quel Call The Comet che sino ad oggi risultava essere la sua miglior pubblicazione. All These Days è sicuramente la traccia in cui il chitarrista ex Smiths ha puntato forte e nella quale, peraltro, enuncia parole in libertà con pieno trasporto (“Look through every window, walk through any door. Now don’t you know I never saw the world so clear before, in these days / Guarda attraverso ogni finestra, attraversa qualsiasi porta. Ora, non lo sai, ma non ho mai visto il mondo in modo così nitido prima d’ora. In questi giorni”). Ariel è però il pezzo più bello e più compiuto di questa prima parte.
A seguire, la seconda parte (quella da Lightning People fino ad Tenement Time compresa), quella più prettamente rock, immediata e che pesca dai fasti della Madchester di qualche decennio prima. Lightning People è collocata su un nuovo registro, più allegro, affabile e coinvolgente, ma è con Sensory Street e ancor di più con Tenement Time che ci si immagina intenti a battere le mani a tempo come in un live dei bei tempi andati. Chiudendo gli occhi ci si ritrova trascinati a Glastonbury verso fine anni ’90. Altra epoca, altra storia.
La terza parte (quella da The Speed Of Love fino ad Rubicon compresa), si apre con un basso pulsante, vera spina dorsale del pezzo che ricorda molto da vicino Simon Jones dei The Verve ed è un complimento sincero. Su questo ritmo, la chitarra di Marr è libera di volare e creare un’atmosfera onirica, sognante e che a tratti può ricordare uno dei pezzi meno spinti degli Spiritualized. La prova vocale di Johnny non è mai stata così convincente ed è segno che crede fino in fondo al progetto Fever Dreams. La terza è di sicuro la parte più sognante, o, come mi piace definirla, “ciò che poteva essere e non è”. Credo infatti che Night And Day esprima bene, almeno dal punto di vista strumentale, l’evoluzione che avrebbe potuto prendere il suono degli Smiths. Con Counter Clock World si entra nell’orgia definitiva del Manchester sound. Quel basso pulsante posto in apertura sembra accennare Disorder dei Joy Division, per procedere sfumando nei New Order dei tre superstiti della dark band per antonomasia e concludersi in un loop di colori. Rubicon, a differenza dei pezzi, precedenti parte in sordina con dei sintetizzatori e una voce recitata che a due minuti e mezzo sfumano in una chitarra dream pop e una calda voce accogliente.
Giunge infine la quarta parte (quella da God’s Gift fino a Human compresa), la più sperimentale e vicina alle attuali sonorità. Il basso prende sempre più spazio, divenendo pulsante in Ghoster, ma la chitarra resta sempre lo strumento principe dell’ex Smith, che ribadisce il concetto nella successiva The Whirl nella quale diventa spregiudicato anche sulle parti vocali. La conclusione è lasciata a Human, una ballata di carattere, cristallina e che lascia molto da pensare.
Johnny Marr riuscirà con questo disco a trasformarsi compiutamente in un solista a tutti gli effetti? La sensazione fino ad oggi è stata quella che l’artista di Manchester necessitasse, costantemente, di una band composta da forti personalità per poter emergere e far spiccare la sua, ma questo sarebbe davvero limitante e un peccato, perché Johnny Marr non è un virtuoso, bensì un musicista di talento in grado di spaziare in una miniera di generi per estrarre la pietra grezza da trasformare in un brillante perfetto.
Tracklist:
01. Spirit Power and Soul
02. Receiver
03. All These Days
04. Ariel
05. Lightning People
06. Hideaway Girl
07. Sensory Street
08. Tenement Time
09. The Speed of Love
10. Night and Day
11. Counter Clock World
12. Rubicon
13. God’s Gift
14. Ghoster
15. The Whirl
16. Human
Rispondi