R E C E N S I O N E


Recensione di Andrea Notarangelo

Artificiale e artificioso. Il ritorno dei Muse con il nono album in studio non farà gridare al miracolo, ma a ben guardare (anzi, a ben sentire), non è nemmeno una degna conferma. Will Of The People avrà come sempre un generoso riscontro di vendite, ma sono curioso di vedere, sulla distanza, come verrà considerato da pubblico e critica. Per quel che mi riguarda non me ne viene in tasca nulla ma trovo non sia corretto barare e parlare di un gran disco pieno di ottime soluzioni, voce cristallina e strumentazione suonata magistralmente. Faccio quindi una scelta controcorrente e invece di fornire una recensione da sufficienza parlo di cosa non funziona nell’Universo Muse. Partiamo dai presupposti. La band ci tiene con un certo orgoglio a far sapere che quest’ultima fatica è stata interamente autoprodotta. Se la bravura dei musicisti è indiscussa da quella parte del mixer, chi scrive mantiene qualche riserva sulle loro capacità nelle fasi che concorrono a dare corpo all’opera, come ad esempio la registrazione vera e propria e il mixaggio. Nella premessa ho assunto un tono critico del quale mi assumo ogni responsabilità, ma non posso non notare come quest’ultima fatica suoni fin troppo artificiale e impacchettata in un revival Anni ’80 che oggi più che mai va di moda. Intendiamoci, vi sono band come i White Lies che hanno pescato a piene mani da quel periodo, ma hanno conservato una propria anima e, probabilmente, si sono affidati ad addetti ai lavori che non hanno snaturato il suono ma si sono limitati a conservare il mood che desideravano i loro assistiti. Qui invece la mano calcata dai diretti interessati crea un brutto effetto e tutto suona fin troppo patinato.

A riprova della mia affermazione sono la doppietta posta in chiusura Verona e Euphoria. Le due canzoni sono accomunate da tastiere uscite direttamente dalla serie Stranger Things, ormai tenuta in debita considerazione come pietra angolare per valutare quanto più ci si avvicina agli anni ’80 in termini di imitazione. Nello specifico, Verona è una elettroballad che aggiorna all’anno 2022 la tragedia shakespeariana di Romeo e Giulietta, dove “baci al veleno” sono inframmezzati da versi del tipo “Se questo è il mio ultimo giorno sulla Terra, voglio solo stare con te”. La successiva Euphoria ha un bel ritmo ma poco altro. Come sempre i tastierini eighties creano il pastiche nel quale il cantante, Matthew Bellamy, estende tutta la sua vocalità in un crescendo continuo. Sono innegabili le sue qualità canore, un po’ meno le scelte artistiche. Se è pur vero che una band non può essere sempre innovativa per tutto il corso della sua esistenza, è però da considerare cosa si decide di voler fare della propria eredità. I Muse in questo campo scelgono di non scegliere e si trovano schiacciati dal peso di ciò che sono stati. Questo è ben evidente in Kill or Be Killed, canzone nella quale il piglio metal iniziale a cura della sezione ritmica creata da Chris Wolstenholme e Dominic Howard e coadiuvata dalla chitarra di Bellamy, cede il passo a una venatura industrial di band quali i Filter (soprattutto nell’uso della voce che ricorda in parte Richard Patrick), per poi passare a spirali elettroniche à la Bliss, intrigante pezzo afferente ad Origin Of Symmetry, secondo disco dei Muse, nonché capolavoro. Attraverso un vortice di tastiere marcate si cerca di ripercorrere i fasti degli esordi. Un altro esempio del non scegliere è Liberation, spudoratamente Queen con crescendo di pianoforte, tonalità nel cantato à la Freddie Mercury e persino i coretti a sostegno dell’incedere. A questo livello non si può nemmeno più parlare di plagio ma di assimilazione. Nella pratica, o i Queen si sono impossessati dei Muse, o viceversa. Compliance è invece una canzone valida, caratterizzata da tastiere claustrofobiche e la band che non si presenta come copia di sé stessa. Non a caso è stata selezionata come secondo singolo dei cinque fino ad ora usciti, e, a tal proposito, non si comprende la scelta di voler pubblicare un numero di estratti così elevato se poi devi puntare su canzoni quali You Make Me Feel like It’s Halloween che suona imbarazzante e completamente distante da quanto fino ad ora prodotto. C’è una volontà di suonare originali che però non riesce ad emergere, confermando la band come una delle più tecnicamente valide in circolazione, ma anche persa in un loop esistenziale senza fine. Non basta il bel video horror iper tecnologico a salvarla, perché una volta spento lo schermo ti resta solo l’audio e un testo che recita in modalità accattivante “Mi fai sentire come se fosse Halloween. È Halloween. Quando ti muovi furtivamente per casa mi fai sentire come se fosse Halloween. È Halloween / Mi hai tagliato fuori dai miei amici, mi hai tagliato fuori dalla mia famiglia. Sono in miseria, sono il tuo fan numero uno”. Chiunque l’ascolti proverà quel sottile brividino freddo alla base del collo che si prova, non tanto per uno spavento, piuttosto per il disagio creato da freddure altrui. Tuttavia, chi scrive si attenderà tra un mese la canzone gettata a ripetizione in ogni festa a tema.

Per concludere e tirare le somme è opportuno definire i motivi che mi hanno portato a una netta stroncatura. In passato abbiamo avuto la fortuna di ascoltare band come i Rush, per giunta un altro trio dalla tecnica mostruosa, i quali, dopo aver creato un proprio stile personale, per non ripetersi hanno assimilato le lezioni altrui e hanno fatto tesoro di ciò che potesse far evolvere il proprio suono. Parlando proprio di loro, negli anni ’80 ci fu un periodo nel quale presero spunto dai Police, mentre nel decenni successivo dai Tool. In entrambe le situazioni, grandi musicisti si sono umilmente messi ad ascoltare giovani promettenti e hanno mantenuto degli standard musicali elevati senza snaturarsi. Nel caso dei Muse è auspicabile che il terzetto si ricordasse da dove viene, provasse in unplugged vecchi pezzi per ritrovare nell’ossatura e nella ricostruzione la natura del proprio stile e generare nuova linfa vitale. Altrimenti resterà un’impeccabile band senz’anima; tecnicamente ineccepibile e che riempie gli stadi e genera profitto. Dopotutto la ragione è sempre una questione di opinioni e, con ogni probabilità, le vendite gli daranno di nuovo ragione.   

           

Tracklist:
01. Will Of The People
02. Compliance
03. Liberation
04. Won’t Stand Down
05. Ghosts (How Can I Move On)
06. You Make Me Feel Like It’s Halloween
07. Kill Or Be Killed
08. Verona
09. Euphoria
10. We Are Fucking Fucked

Photo © Nick Fancher