R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

La coppia Jakob Bro e Joe Lovano si avventura in questo Once Around The Room-A Tribute to Paul Motian con l’intenzione evidente di omaggiare un compagno di viaggio di lungo corso – specialmente per Lovano che suonò continuativamente con lo stesso Motian insieme a Bill Frisell per almeno dieci anni – facendosi aiutare da altri cinque musicisti, due contrabbassisti come Larry Grenadier e Thomas Morgan e in più Anders Christensen al basso elettrico e i due batteristi Joey Baron e Jorge Rossi. Di quest’ultimo, Off Topic si occupò del suo lavoro Puerta del 2021, se siete interessati potete recuperarlo quiQuesti artisti suonano quasi sempre sovrapponendosi ma senza creare confusioni di sorta, anzi, la sonorità che si ottiene da quest’album pare in complesso tutt’altro che ridondante. Non c’è bisogno che vi ricordi chi era Paul Motian, grandissimo batterista e compositore spentosi nel 2011 a ottant’anni, ma se per caso qualcuno se ne fosse in parte dimenticato vi posso fare tre nomi di pianisti che hanno scritto la Storia del jazz, cioè Bill Evans, Paul Bley e Keith Jarrett. Ebbene, Motian suonò a lungo con questi tre musicisti e fu scelto perchè era un batterista intelligente, che non solo si sapeva integrare perfettamente con loro ma produceva musica a tutti gli effetti, scivolando sui ritmi e rendendo duttile e fluido il suono delle sue percussioni. Il tributo organizzato da Bro e Lovano, non lo nascondo, mi ha in parte sorpreso. A parte i due brani composti da Bro, secondo me i migliori di tutto l’album, molto sentiti e densi di malinconia, gli altri contributi precisamente i primi tre della selezione, vivono di una forma decomposta, spettrale, dove sembra che i sentimenti nostalgici vengano messi volutamente da parte. Sia nel brano iniziale, un’improvvisazione collettiva, sia nelle altre due composizioni a seguire riferite a Lovano, pare che l’oggetto di ricerca debba transitare attraverso un particolare stato psichico, una dimensione medianica della coscienza come se i musicisti cercassero un tramite vibratorio con l’artista scomparso. Più che un vero e proprio tributo sembra una simbolica discesa nell’Ade, almeno nella prima parte dell’album, un girovagare alla ricerca di un’ombra per il bisogno di un vero e proprio contatto mentale con il ricordo di Motian.

Impressioni che si confermano all’apertura dell’album con As It Should Be, una totale improvvisazione ai vapori di tenebra. Il titolo pare richiamare il primo album ECM del trio Motian-Frisell-Lovano, It Should’ve Happened A Long Time Ago (1985), in una sorta di continuità storica col passato. Si avvertono chiaramente nei due canali stereo i contrabbassi che lavorano insieme per creare un drone, una continuità armonico-ritmica, così come si colgono i batteristi che scandagliano il fondo della discesa – perché si tratta di una vera e propria catabasi – con i loro sonar percussivi. La chitarra di Bro, rarefatta, alterna accordi a singole note esplorative realizzando, insieme alla parte ritmica, un fosco collage di suoni velatamente distorti. Lovano incede con il suo sax con brevi fraseggi dissonanti che diventano via via più allungati e stentorei. La musica si realizza in modo espanso, creando attorno a sé molti spazi vuoti e ciò sembrerebbe quasi impossibile pensando al numero di musicisti che vi intervengono. Si chiude con le due batterie in Gran Pavese, in una breve e concitata corsa finale. Sound Creation è un’idea di Lovano, più che una vera e propria composizione, sulla quale s’innesca il lavoro improvvisato del gruppo ma il clima impostato dal brano precedente cambia poco. Un sax enigmatico, spiritato e solitario, appena sostenuto dalla componente ritmica, si muove su un tremolante velo chitarristico, quasi una nebbia che crea un sommesso disagio. For the Love of Paul è un’arguta citazione musicale di Lovano verso Monk in Motian, disco di Paul Motian che rivedeva alcune composizioni di Thelonious Monk uscito nell’88 dove era presente il nostro sassofonista. In effetti le prime note di questo brano e quelle di chiusura ripropongono Misterioso, inconfondibile traccia dello stesso Monk. Le batterie si sovrappongono e moltiplicano i loro suoni mentre Lovano si espone in una ombrosa tavolozza sonora, priva di sentimentalismi, in questa sua continua ricerca di una risposta o almeno di un’eco che provenga dalla “catena medianica” formata da tutti i musicisti. La chitarra di Bro lavora con quella velatura presente nel brano ascoltato in precedenza. Un finale gestito dai contrabbassi e nel canale centrale della riproduzione stereo sembra di poter avvertire anche la presenza “elettrica” di Christensen.

Con Song to an Old Friend, creazione di Bro, si cambia decisamente registro. Qui c’è scrittura oltre all’improvvisazione e soprattutto c’è una splendida melodia che annuncia la fine della discesa collettiva nella propria coscienza. Il contatto emotivo con l’anima di Motian è avvenuto, gli strumenti non si aggirano spaesati alla ricerca di un’ombra ma realizzano il loro tramite con una gioia malinconica, in un luogo appartato della mente i cui confini sono i ricordi. La relazione tra la chitarra di Bro e il sax di Lovano è magnifica, emozionante, commovente. La musica ha un profilo caritatevole o se vogliamo consolatorio, deve infatti riempire un vuoto e lo fa con tutta la dolcezza che le è possibile. Drum Music è stata ideata dallo stesso Motian e fu pubblicata nell’album Lost in a Dream del 2010. Una lunga introduzione ad opera dei batteristi prepara il terreno ad un sincrono tra sax e chitarra, il cui effetto elettronico di quest’ultima simula il suono di un altro sax. Tema complesso, molto moderno, su cui Bro innesca un rumoroso e distorto assolo chitarristico mentre la ritmica diventa mano a mano più tumultuosa. A far da antifonica presenza solistica rispetto a Bro ecco un assolo molto free di Lovano, tutto tirato verso note altissime e stridule. Si chiude con la ripresa del tema che assume un aspetto più drammatico e torbido. Pause, composizione di Bro a chiudere, è forse il brano migliore dell’album, vuoi per la sua semplice struttura e anche per la sintesi che la chitarra riesce a realizzare lavorando sopra una minuta melodia. Il suono languoroso, leggero e pigro, attira anche Lovano che si fa avvincere dal vapore melodico del pezzo, suonando con una morbidezza non ancora resa tangibile, prima di questo momento. Il sommesso mormorio dei contrabbassi ci avverte che l’omaggio si è concluso nel migliore dei modi e l’ultima cantilena mantica ha ricostruito, anche solo nella rammentazione, l’immagine impalpabile dell’artista oggetto di tributo.

Insolito album, questo della coppia Bro-Lovano. Un’opera divisa in due, con una prima parte da leggere come preparazione ad un viaggio, una specie di stato ipnagogico consacrato quasi integralmente all’improvvisazione ed una seconda che dimostra la realizzazione di una dimensione emotiva più composita, certamente risultante dalla somma dei ricordi condivisi di tutti i musicisti che vi hanno partecipato.

Tracklist:
01. As It Should Be
02. Sound Creation
03. For The Love Of Paul
04. Song To An Old Friend
05. Drum Music
06. Pause