R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Sono trascorsi vent’anni dall’esordio discografico del chitarrista Enrico Bracco. Su quella iniziale esperienza in quartetto – Going Wes (2002) – molto legata agli insegnamenti dei maestri come appunto Wes Montgomery, sembra essersi depositato un velo di polvere talmente è stato evidente il cambiamento nella musica del quarantanovenne chitarrista romano. Un’evoluzione certo non radicale, a voler ben vedere, ma che ha condotto l’opera di Bracco all’interno di uno spazio contemporaneo assolutamente personale, grazie anche all’aiuto di alcuni suoi compagni di viaggio come Daniele Tittarelli al sax e Pietro Lussu al piano, suoi collaboratori fin dal 2006. Molto diverso nelle sonorità e nella modalità espressiva dal compagno di scuderia in A.MA records, l’ottimo chitarrista Antonio Trinchera, maggiormente legato ad atmosfere nu-jazz – potete trovare la sua recensione quiBracco, in questo nuovo Flying in a Box, suo quinto disco da titolare, sembra inseguire soluzioni armoniche più ardite pur non recidendo il cordone ombelicale che lo lega alle radici, quell’hard-bebop che spesso riaffiora come un continente sommerso. Sono molte, infatti, quelle parti scritte percorse all’unisono con Tittarelli, angolando le frasi sonore e ubriacandole di continui saliscendi melodici, proprio com’era di moda negli anni ’50 e ’60. Ma Bracco & C. non si fermano a questi storici e collaudati estratti di grande perizia esecutiva. Spesso, come rileveremo tra poco, i musicisti di questo ensemble amano ormeggiarsi in rade isolate, affidandosi ad estemporanei giochi di montaggio equamente distribuiti tra scrittura ed improvvisazione, alla ricerca probabilmente di perimetri nuovi entro cui muoversi. Rispetto ai due dischi precedenti – Unresolved (2011) e Quiet Man (2015) la chitarra di Bracco sembra ritagliarsi qualche spazio in più d’autonomia, dove il suo jazz pare essere sempre un po’ in tensione verso territori poco esplorati, col desiderio di allontanarsi per poi riavvicinarsi alternativamente alla strada pavimentata del mainstream. In questa operazione è presente soprattutto il marcato sostegno del sax contralto di Tittarelli che spesso pare confidenzialmente sfidare la chitarra disegnando con questa nuove cartografie, con cui, in un secondo tempo, porsi alla ricerca di inedite rotte creative. Lo stile chitarristico dell’Autore è fluido, reso scorrevole da una chitarra senza artifici elettronici né distorsioni e si basa su una pulizia sonora frutto evidentemente di una ricerca sullo strumento che prevede molta attenzione alla parte melodico-armonica, sfruttando una timbrica nitida e ben leggibile all’ascolto. Oltre ai musicisti sopra citati, in questo album suonano Enrico Morello alla batteria – già con Bracco nel precedente Quiet man – e Giuseppe Romagnoli al contrabbasso.

Flow rappresenta il miglior inizio possibile, per questo album. Musica rarefatta dove Bracco cerca spazi tra le corde del suo strumento costruendo arpeggi sospesi nel vuoto, mentre il contrabbasso e la batteria oscillano tra la volontà di essere presenti e una vaga tendenza a disperdersi. Tutto ciò fino a quando sax e piano riportano parte di quella forza di gravità che mancava, procedendo via via verso un incedere crepuscolare che si rende evidente solamente alla fine del brano. Unresolved è un pezzo ripreso dall’omonimo album del 2011, qui affrontato previo un’intro ritmico che conduce al tema costruito inizialmente solo dalla chitarra e poi ripreso dal sax. La musica mantiene un certo potere seduttivo, tra accordi felpati e fioriture armoniche, per aumentare di tensione solo verso il finale. Importante è l’intervento pianistico, molto misurato, giocato su scale melodiche mai frenetiche e che costituisce il terzo elemento di colloquio aggiungendosi a chitarra e sax. Little Stone è uno di quei temi, come si diceva poco sopra, affrontati all’unisono da Bracco e Tittarelli. Il brano procede in un mid-tempo moderato, con un approccio a fuoco lento che si mantiene costante per tutta la sua lunghezza. Grande suono di chitarra, un cesello di note ottenute da scale pulite e percorse senza ansia da prestazione. L’assolo di Romagnoli si svolge all’interno di questa dialettica strumentale, vissuta con rilassatezza e sobrietà stilistica. Torna la pulsazione hard-bop in Urge con la consueta sovrapponibilità melodica di chitarra e sax. I tempi innescano una decisa accelerazione e qui la dimensione storica della tradizione sembra prendere una posizione predominante. Tuttavia la musica mantiene una configurazione plastica piuttosto intrigante, con uno swing implacabile, merito non solo della ritmica ma anche di un vitalistico assolo di piano. Lussu non è un dissipatore di note, controlla pienamente quelle che usa, facendo attenzione alle pause ben avvertibili che immette spesso nel suo solismo. Grande spazio alla chitarra del leader con qualche stacco di batteria che precede la riproposizione del tema all’unisono di Bracco e Tittarelli. Quando è la volta di Cold si comprende di essere ritornati dalle parti del brano di apertura, dove il gruppo cerca di respirare più a fondo, avventurandosi in una topografia dai caratteri spesso enigmatici. Dopo un inizio, diciamo così esplorativo, sax e chitarra non abbandonano il gioco tematico della duplicità e della sovrapposizione dei suoni, viaggiando insieme per guadagnarsi spazi e nuovi territori.

Flying in a Box, brano che regala il proprio titolo all’album, si trova giusto a mezza strada tra classica tradizione e desideri di ricerca. Atmosfera shorteriana con il via libera al sax di Tittarelli che s’impegna in un metatesto costruito su continui cambi di tonica producendo un soffio piuttosto morbido e controllato. Lussu, partecipando in questo velato gioco di similitudini, s’avvicina parecchio all’Herbie Hancock dei giorni migliori. Proved Honesty gioca la carta della ballad con il sax che imposta un bel tema accattivante insieme ad un’attentissima relazione tra contrabbasso e batteria che accompagnano il tutto senza quasi farsi notare e spesso, paradossalmente, questo è il miglior modo di essere realmente presenti. Più ascolto Lussu in questo disco e più apprezzo il suo pianismo intelligente, con questi azzeccati inserti di grappoli di note ben dettagliate e tenute abilmente sotto controllo. Bracco qui si limita in funzione d’accompagnamento, offrendo la prima fila al sax e al piano. The Same Way è la coda dell’album. Di nuovo l’unisono della chitarra sovrapposta al sax in un brano dal percorso tranquillo che però regala a Bracco e a Tittarelli l’ultima opportunità di dialogare amichevolmente, senza tensioni né ansie, quasi si trattasse di un rapporto amichevole tra i due musicisti, oltre che un’evidente relazione professionale.

Un gran bel lavoro, questo Flying in the Box, dove mi sembra di intuire una certa dicotomia d’intenti, anzi, a ben vedere e giocando un po’ d’immaginazione, pare addirittura riproporsi l’antica dialettica tra Natura e Cultura. Quest’ultima partecipa di diritto all’identità della musica qui espressa, evidentemente cresciuta con nella testa una serie di modelli di riferimento che nel caso di Bracco non escludono i grandi chitarristi degli anni ’50 e ’60. Resta però da comprendere quale possa essere la reale Natura di questo gruppo, a tratti proiettato verso luoghi indecifrabili e tutti da esplorare e in altre circostanze un po’ raccolto nell’abbraccio rassicurante della tradizione. Ma forse, questo dilemma, penso sia in realtà assai diffuso tra i jazzisti contemporanei e non solo. Al netto di ogni considerazione pseudofilosofica resta però la musica e questa ci racconta di un eccellente gruppo di artisti capaci di divertire chi ascolta, dove l’estetica non è l’oggetto fondamentale della ricerca ma solo il naturale, prevedibile risultato della buona impostazione tecnico-creativa di questo album.

Tracklist:
01. Flow
02. Unresolved
03. Little Stone
04. Urge
05. Cold
06. Flying In A Box
07. Proved Honesty
08. The Same Way