R E C E N S I O N E
Recensione di Nadia Cornetti
Quando qualcuno torna a completare un bel lavoro già iniziato tempo prima è sempre una bella sorpresa: è quello che ha fatto Praino – cognome nonché nome d’arte di Francesco Praino, calabrese classe 1989 – con il suo Rocamboleschi finali, uscito il 2 dicembre 2022 per Mamma Dischi. L’EP è infatti il “secondo tempo” di Mostri, civette, uscito un anno fa e completato ora da un quintetto di brani con un’idea ben a fuoco, che ha un progetto davvero molto convincente. Praino ha composto musiche e testi di questo suo lavoro, che è stato invece arrangiato con l’aiuto dei musicisti Michele Panepinto (batteria), Fausto De Bellis (chitarre\co-produzione), Mattia Santulli (Basso); insieme a Praino e De Bellis, alla co-produzione troviamo anche Giorgio Canali.
I brani che compongono l’Ep sono 4 su 5 featuring, mentre soltanto in un pezzo – l’ultimo – Praino è solo insieme ai suoi musicisti; tuttavia, nonostante la partecipazione di diversi artisti (decisamente affini al suo lavoro), il progetto “Rocamboleschi finali” conserva una coesione – sia nel sound complessivo sia nel messaggio che ha la necessità di trasmetterci. Suoni ruvidi ma puliti, tutti egregiamente registrati, una penna molto efficace e – cosa non scontata – anche un’interpretazione convincente, di chi crede in ciò che dice.

L’Ep inizia con Giovani oggi, un bel pezzo, ben costruito, una traccia decisa e sfacciata, la morte è citata ripetutamente non come condizione effettiva del corpo ma come stato d’animo di una gioventù che è già morta per colpa del mondo di oggi; mi riecheggia nella testa quel “non ho esitato”, detto sottovoce, perché non si può dire, perché è sconveniente ma che, a dispetto di questo, si fa sentire nitido e limpido, grazie al silenzio improvviso di tutti gli strumenti intorno. Il suono è molto curato, la partecipazione di Gian Maria Accusani (Prozac +, Sick Tamburo) arricchisce il brano ma non invade, mai: ho trovato molto rispettosa la scelta che la voce dell’ospite faccia il suo ingresso con dei cori appena accennati, ma si manifesti palesemente solo dopo quasi metà brano, anche se la firma di Gian Maria nel sound è decisamente impressa a chiare lettere.
Il disco prosegue con Grande festa, dove la co-produzione di Giorgio Canali – inconfondibile il suo intervento con tanto di censura – diventa anche featuring, in un pezzo dai bellissimi suoni (dati da un basso indispensabile e una chitarra acida e incisiva), a tratti stonati, fastidiosi, disturbanti, a sottolineare ciò che realizza e ci canta come un mantra Praino: “quello che odio è così simile a me”.
Il terzo pezzo, Piani di Guerra, mantiene l’atmosfera amara dell’album, creando una continuità che conferisce una maturità e una coesione rara all’album, e continua a stupirmi quanto questo resti vero nonostante ci troviamo nuovamente di fronte a un featuring, questa volta con la giovane cantautrice bresciana Miglio; la bellissima intro di chitarra e il suono di un’amarezza lacerante accompagnano parole per nulla rassicuranti ma, ahimè, vere più che mai: i rapporti umani sono come una guerra, non ce lo toglie dalla testa il ripetere incessante delle due voci che esortano e pregano “chiamami domani”.
Biondo 10, un pezzo dall’aria nostalgica – che mi evoca un velato sentore malinconico di brunoriana memoria – è forse l’unica canzone del disco dall’aria un pochino più leggera, che ho ascoltato con un sorriso accennato sulle labbra; non per nulla vi troviamo la partecipazione di Ruben Camillas. Ascoltando il brano ho percepito la leggerezza che puoi provare solo quando sei un bambino e ancora non hai preso coscienza della realtà; il finale è reso ancora più fresco dall’ingresso in campo di Ruben che, candido, ingenuo, e in punta di piedi ci riferisce che non avrà paura, senza sfrontatezza, ma con il candore che solo l’infanzia può darti.
Giungiamo al quinto brano, Elena, l’unico pezzo che non vede collaborazioni di altri artisti, un pezzo molto ben costruito, sia musicalmente che a livello di scrittura. Elena, la ragazza musa del pezzo a cui viene dedicata questa delicata ode, è un’anima tormentata, infelice, inadeguata a questo mondo di lupi, un contrasto di dolcezza e pericolosa esplosività: ancora una volta Praino denuncia una società che pare avere l’intento di far sentire inadeguate le anime sensibili.
Tiro le somme di questo mio ascolto molto piacevole e nel contempo amaro (per via dei temi, non certo di una qualche caratteristica negativa) che, per quanta oggettività io ci abbia messo, ho dovuto far entrare non solo in testa, ma anche e soprattutto nella pancia – ed è quasi un obbligo, dal momento che Praino sa accompagnare molto bene nella sua introspezione: “Rocamboleschi finali” è un lavoro malinconico dove il pessimismo di fondo diventa consapevole realismo, una amara analisi della realtà del mondo che ci circonda: Praino ci presta la chiave per entrare nella sua musica come fosse un diario segreto di autocoscienza, ma anche uno strumento indispensabile per andare avanti consci del brutto della realtà, certo, ma anche pronti ad affrontarla..
Tracklist:
01. Giovani oggi
02. Grande festa
03. Piani di guerra
04. Biondo 10
05. Elena
Photo © Marianna Fornaro
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