R E C E N S I O N E
Recensione di Sabrina Tolve
Esce oggi, 10 marzo 2023, Kulbars, disco d’esordio di Lorenzo Cantini, in arte Gaube, prodotto da Francesco Cerasi.
L’album assorbe fin dalla prima nota: i testi sono limpidi, toccanti e disillusi, con una visione dettagliata degli avvenimenti degli ultimi anni, che mostrano una reale comprensione delle dinamiche di potere che ci circondano.
Gaube si porta dietro tutta una certa tradizione cantautorale italiana, ma non c’è senso di duplicazione; c’è piuttosto una modalità visionaria e severa che abbraccia con delicata nostalgia gli anni ‘70, li fa propri, e li reinterpreta alla luce dei cambiamenti sociali, delle sue contraddizioni.

Gaube è un novello cantautore militante, politicamente schierato: in Kulbars i nove brani sembrano farsi forza l’un l’altro, creando una sintassi interna che diventa cifra stilistica – non solo per quel che concerne i testi, ma per le sonorità prog-rock che si fanno eco tramite armonie psichedeliche e che aprono a una struttura che di fatto destruttura la canzone come la conosciamo. I brani sono brevi, asciutti, la musica prende ampio spazio e sembra percorrere gli stessi passi delle sillabe; non ci sono confini netti, si passa da una composizione all’altra quasi in punta di piedi, e in questa estrema delicatezza c’è una voce ombrosa e ruvida che spinge invece su temi che delicati non sono per nulla: dai kolbar che si trascinano tra un Paese all’altro in Medio Oriente, spesso illegalmente, ai braccianti schiacciati dalla mafia e dal caporalato, dai migranti della rotta balcanica alla povertà precaria che si dissolve in una popolazione NEET (not engaged in education, employment or training – ossia non impegnata nell’educazione, nel lavoro o in formazione) senza speranze, abbandonate a sé stesse e senza una vera e propria via d’uscita. Il problema è sociale e culturale, lo è la comprensione di questi fenomeni e l’impotenza nel poter fare qualcosa di effettivo, e lo è la totale incomprensione e ignoranza, che favorisce un capitalismo becero che si sviluppa sulla schiena di chi è manipolabile e non ha davvero nulla da perdere.
Questa consapevolezza terribile e forse anche paralizzante si presenta in ogni sua sfaccettatura, in un binomio tra sconforto e necessità di sperare, biasimo e credito, ma la chiusa de La crepa, il declino cancella ogni tipo di illusione, che lascia il posto piuttosto alla dolorosa consapevolezza che non possa esserci nessun margine di miglioramento.
L’intero album si snoda tra diverse prese di coscienza di classe, e ha una spinta verso l’impegno e l’attivismo, visti come unico vero mezzo per cambiare la situazione attuale.
Piano a coda, mellotron e sintetizzatori si aprono a chitarre e organi elettrici, che si fanno a volte drammatico ritmo furibondo.
Kulbars è di una forza autentica e reale, e riscrive una sensibilità fatta di lirismo e violenza straziante.
Nessuna retorica, solo militanza. Finalmente.
Tracklist:
01. Kulbars
02. Verme
03. Spettro
04. Sangue (parte I)
05. Sangue (parte II)
06. Confini
07. Muro
08. Arriverà
09. La crepa, il declino
photo © Giovanni Laghetto
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