R E C E N S I O N E


Recensione di Nadia Cornetti

Sai quando a Natale vedi sotto l’albero il regalo dalla forma che ti ha già lasciato intendere il contenuto e non vedi l’ora di scartarlo perché sai già che lo adorerai? Ecco, Elvis è stato un po’ questo, nei giorni che hanno preceduto la sua uscita, avvenuta a mezzanotte del 14 aprile 2023. Non è necessario ripercorrere la storia musicale del gruppo, non basterebbe un articolo e, soprattutto, c’è talmente tanto da raccontare su questo nuovo lavoro che non voglio sprecare parole. Prima di iniziare la nostra immersione musicale premetto che, per sentirmi raccontare Elvis direttamente dalla bocca di Rachele, Francesco e Claudio, ho assistito alla presentazione del disco proprio nella loro Milano (come hanno dichiarato in più occasioni, i Baustelle hanno trovato in Milano una casa accogliente, benché le loro origini siano da ricondurre a Montepulciano): ebbene, ho assistito a una chiacchierata genuina e umile, dove questi nuovi Baustelle non vogliono piacere a tutti i costi, e non ti dicono ciò che vuoi sentirti dire, ma ti raccontano con sincerità chi sono diventati e con che intenti è nato questo loro ultimo lavoro.
Partiamo proprio dal titolo, Elvis: il nome del protagonista del rock&roll per antonomasia ci preannuncia forse un album brillante e vincente, penso. Invece no: non dimentichiamoci che Elvis ha avuto anche una fase decadente, da “loser”, ed è questa che interessa mostrare al gruppo.

Non vi racconterò il disco nell’ordine in cui compaiono le tracce, perché – a parte i due singoli – il disco voleva essere un concept album, dove ogni brano parla di un personaggio decadente, “sfigato”, di provincia, un Elvis declinato in molteplici personalità, tutte più perdenti che brillanti, e il primo brano composto per questo scopo è stato Gran Brianza lapdance asso di cuori stripping club, titolo così poco pubblicabile e radiofonico come non se ne leggevano da anni: il protagonista che ci presentano i Baustelle, da cui emerge un goffo ed impacciato Elvis (il primo di una lunga serie), si innamora di una ballerina dell’Est, e il gruppo ce lo racconta con un dispiegamento di forze e mezzi che più rock&roll di così non si può: chitarroni e – in aggiunta – uno squisito rimando storico/musicale realizzato dall’armonica suonata da Francesco in un frame; i medicinali e lo psicologo tornano ricorrenti a sottolineare uomini tutt’altro che perfetti, ma che, anzi, hanno un disperato bisogno di aiuto. Ho già fatto cenno ai due singoli tratti dall’album, dal cui ascolto avevamo capito tutti – salvo sorprese – che il loro nuovo disco sarebbe stato più accessibile rispetto a molti precedenti lavori. I Baustelle in effetti raccontano di essere tornati in veste totalmente nuova: con un nuovo approccio, una nuova casa discografica, una nuova formazione… in questo senso il loro ritorno è stata una “rifondazione”, fatta anche di suoni più accessibili, e realizzata per evitare una morte artistica, come ammette candidamente Bianconi. Abbiamo conosciuto Elvis con Contro il Mondo, primo bellissimo estratto dalla musicalità da hit, addirittura (confesso che mi è rimasto in testa al primo ascolto, e mi ha accompagnato per giorni in molte ore delle mie giornate, senza il bisogno che qualche cassa lo trasmettesse) e che Francesco ha definito come “l’unico anello di congiunzione con il suono Baustelle dei dischi precedenti”. A discapito della musicalità, la canzone ci fornisce uno spaccato del nostro vivere nella società odierna: il messaggio sincero, onesto, e crudo – come spesso capita in loro – è qualcosa che non vorremmo sentirci dire, ovvero che siamo contro il mondo, facciamo la rivoluzione, facciamo i sovversivi, ma poi siamo esattamente immersi in quello a cui ci ribelliamo. E allora tanto vale ammettere che siamo umani, che non siamo i fighi che tanto desideriamo, “perché siam tutti uguali, cani nel deserto”. Consiglio: leggete anche il testo della parte finale del brano, che al solo ascolto può risultare un pochino annebbiata dalla rapidità della pronuncia, poiché riassume – come solo i Baustelle sanno fare – una verità scomoda ma tanto attuale (la sensazione mi ha ricordato la verità amara senza peli sulla lingua del monologo di Toni Servillo nel salotto della Roma bene de “La Grande Bellezza”, quello che tutti dovremmo e vorremmo ammettere ma nessuno ha il coraggio di dire).

Il secondo singolo di Elvis è Milano è la metafora dell’amore: Francesco si trova bene a Milano, è la “sua Milano”, non è un inno alla guida politica della città, ma semplicemente una dichiarazione di bene nei confronti del luogo in cui si trova meglio tra tutti quelli in cui è vissuto sino ad ora. Si tratta di una dedica appassionata, i fiati sonori e allegri, e la gonfia ricchezza di musicisti sottolineano le immagini della città che Bianconi elogia. Questo amore non può che sfociare in un brano fortemente politico, nel senso ellenistico del termine “polis”, non nel senso di “partitico” – come piace sottolineare a Francesco.
Altri personaggi interessanti si susseguono in Elvis: uno fra tutti Jackie, la donna transessuale protagonista dell’omonimo brano, poliedrica ed eccessiva, vive ai margini della città e della vita di Milano (che torna patria di così tante storie dei Baustelle); un personaggio perdente, forse, ma anche l’unico che si è saputo così bene integrare e allo stesso tempo discostare dal marcio della vita che vive e della gente che incontra. Le sue caratteristiche sono negative, forse, ma “tu, gioia, sconfiggi la noia perché Jackie viene a scopare con te”: chi è il perdente? Bianconi narra la potenza e le qualità di una persona che vive a stretto contatto con la strada e ne conosce il bene e il male senza paura di sfoggiare quello che è, con sfacciato candore. E ancora la cameriera di Los Angeles che, mentre è in corso l’invasione dell’Ucraina, su una batteria incalzante dal principio alla fine, sogna e desidera una finestra di possibilità altrove, per fuggire da un mondo senza senso. C’è ovviamente anche il ritratto della rockstar decadente, descritta nel folle delirio rockeggiante Betabloccanti cimiteriali Blues. C’è una riflessione attualissima sullo sballo a ogni costo, per non vedere a fondo dentro noi stessi, nella prima traccia Andiamo ai rave.
Ma c’è anche tanta introspezione e tantissimo cuore in questa raccolta: le lacrime arrivano a più riprese nella malinconica La nostra vita, già nell’esordio dolcissimo, opera di Rachele, ma anche nel lieto fine estremamente emozionante che scalda il cuore e spiazza lo stesso tempo, in un viaggio mutevole in cui una scritta al neon gigante passa da un contesto quasi catastrofico a simbolo di amore e di speranza. 


C’è in Elvis anche molto altro: l’infanzia di Francesco, insieme alla sua idea di Dio, sono svelate nella toccante Il regno dei cieli, un brano di un’intimità che quasi spaventa, dove immagini d’infanzia vengono evocate in un contrasto spiazzante accanto a eventi religiosi e persino a scene profane, per poi giungere a una profonda riflessione su Dio spietatamente sincera ma mai senza rispetto: “Il regno dei cieli è il montaggio, non l’intero girato/ è la nebbia che copre l’entità dell’assente/ ci nasconde le prove che la vita dell’uomo è poco significante/ ci protegge dal niente”. Brividi che culminano con la preghiera gospel dove tanti ospiti non annunciati (Antonio Di Martino, Lucio Corsi, i Coma Cose e molti altri) si uniscono ai Baustelle per invocare un aiuto non umano.
Tutto il cuore dei Baustelle culmina nella traccia di coda, semplicemente Cuore, per l’appunto, la piccola grande confessione che chiude questo prezioso album: un Francesco adulto ci ospita nella sua intimissima riflessione nella quale racconta – anzi, ci fa raccontare a una delicatissima e rispettosissima Rachele – la riconciliazione tra il protagonista e il proprio io dell’infanzia, nel momento in cui riesce finalmente a riconoscere e accettare il bimbo che è stato e che ancora si porta dentro; perché in fondo l’accettazione può aver bisogno di anni per maturare dentro di noi. Aggiunge brividi a questa già toccante e intima gemma preziosa un particolare che scopriamo soltanto alla fine, quando la voce di Francesco, sussurrata e in seconda fila, si unisce a quella di Rachele: tutto questo avviene troppo tardi, il protagonista è ormai in caduta libera, a pochi metri dal suolo.

Giungo alla fine dell’ascolto arricchita, con alcuni pensieri che già mi appartenevano, ma che erano sbiaditi, ora concretizzati e resi nitidi da parole che mai avrei saputo trovare: i Baustelle padroneggiano le parole, hanno un modo di raccontare i propri pensieri sul mondo e di narrare le storie delle vite che incontrano che contraddistingue la loro penna in maniera potente. Ed è come se in ciascun protagonista, e anche in ciascuno di noi, in fondo, ci fosse un po’ un Elvis: vincente ma anche loser. È come se i Baustelle dessero una voce a tutti noi, superstar decadenti forti e deboli al contempo. In una parola, estremamente umani.

Tracklist:
01. Andiamo ai rave (4:30)
02. Contro il mondo (4:31)
03. La nostra vita (4:42)
04. Milano è la metafora dell’amore (3:30)
05. Jackie (3:05)
06. Los Angeles (3:19)
07. Betabloccanti cimiteriali blues (3:15)
08. Gran Brianza lapdance asso di cuori stripping club (3:56)
09. Il regno dei cieli (5:22)
10. Cuore (4:02)

Photo © Alessandro Treves, Marco Cella