L I V E – R E P O R T


Articolo di Iolanda Raffaele, immagini sonore di Pietro Scarcello

Un po’ di attesa e alle 21 inizia il giovedì sera in musica al Teatro Auditorium Unical di Rende, tra i disegni dell’illustratore e colorista napoletano Andrea Scoppetta, in mezzo a tanti giovani e meno giovani e con quel clima di familiarità intorno che speri di trovare in ogni simile contesto.
Lo spettacolo è aperto da N.A.I.P., acronimo di Nessun Artista In Particolare, progetto musicale di Michelangelo che, con il suo elegante completo crema e il suo muoversi, a metà strada tra Austin Power e l’omino Tabù, regala momenti di puro divertimento.
Dagli strumenti a lui più familiari ossia batteria elettronica, synth, loop station e voce escono fuori, come da un cilindro, virtuosismi, giochi di parole, ripetizioni ritmiche ed armoniche.

Si spazia, perciò, dall’elettronica al cantautorato, dall’hip hop all’indie e al noise, e si susseguono senza interruzione “E’ tutta colpa della Juve”, “Partecipo”, “Attenti al loop”, “Un rapporto senza alcun senso”e “Bravi nel breve”.
Si prosegue, dunque, con il tanto sospirato concerto di Dimartino, lo strano nome – cognome che dal 2010 indica la nota band composta dal cantautore palermitano Antonio Di Martino e da Angelo Trabace (tastiere, pianoforte), Giusto Correnti (batteria) e Simona Norato (chitarra, synth, tastiera, seconda voce).
Tutto è pronto e in ordine e non resta che ammirare quanta esperienza e bravura abbiano portato con loro in questo tour.


L’onda anomala di “Ci diamo un bacio” introduce nel vivo della serata, che scivola tra la leggerezza di “Giorni buoni”, quella che “senza volerlo appicca quasi un incendio”, e il ritmo giocoso di “La luna e il bingo”.
Luci rosse, blu, bianche, fasci e riflessi si infrangono sul corpo quasi da ballerino di tango argentino di Antonio Di Martino e sull’anima rock degli altri musicisti, si sogna con “Due personaggi”, si canta in coro con “Liberaci dal male” e si riflette sulle note lente di “Feste comandate”.
Dalla scatola dei ricordi ricompaiono i toni sprezzanti e di ribellione di “Cercasi anima” dall’album Cara maestra abbiamo perso, mentre da Un paese ci vuole emergono le frasi sussurrate di “I calendari”, la profondità descrittiva di “Come una guerra la primavera”, l’eloquenza tutta strumentale di “La foresta” e il senso delle parole e del tempo di “Niente da dichiarare”.


Tra un aneddoto e qualche battuta si ritorna al nuovo album Afrodite con l’andamento incalzante di “Pesce d’aprile”, la pirandelliana “I ruoli” e i ritmi battistiani di “Cuoreintero”, eseguita con l’inserimento al sassofono del musicista, compositore ed arrangiatore Mirko Onofrio.
L’artista cosentino si intrattiene sul palco con il suo flauto anche per la successiva “Daniela balla la samba”, cantata da Antonio Di Martino in duetto con uno straordinario e sempre alternativo Dario Brunori, che con disinvoltura e classe irrompe sulla scena direttamente dalla prima fila per poi tornare subito tra il pubblico.
L’ultimo album ricordato è Sarebbe bello non lasciarsi mai ma abbandonarsi ogni tanto è utile, un altro momento di buona musica del percorso decennale della band, da cui vengono estratte “Ormai siamo troppo giovani” e i suoi interrogativi, la malinconia di “Maledetto autunno” e i ricordi di “Non siamo gli alberi”.

Attuale e a tratti premonitrice – come ha sottolineato il cantante – è poi “Venga il tuo regno”, una sorta di finta preghiera che indaga aspetti reali della quotidianità con tono pungente, ma non superficiale, invece la chiusura è affidata ad “Amore sociale”, un capolavoro, un’opera d’arte che lascia dubbi e mille interpretazioni.
Con gli inchini della band al centro del palco e i lunghi applausi si conclude uno spettacolo straordinario, che lascia tanta gioia nel cuore.
Vi consigliamo, quindi, di ascoltare l’album Afrodite e, se non l’avete già fatto, di andare a vedere il loro prossimo concerto, non ve ne pentirete.