I N T E R V I S T A


Articolo di Stefania D’Egidio

Il 18 dicembre i Reynolds hanno debuttato con l’uscita contemporanea di due singoli, Veleno + Vivi Per Finta, contenuti in un EP con una lato A e un lato B, come si usava una volta, andando ad impinguare la scena alternative rock italiana e ricordandoci così come erano i bei tempi dei pub, dei centri sociali e del casino. Negli ultimi anni si sono esibiti nei locali milanesi con spettacoli all’insegna della teatralità e degli effetti scenici, ma lasciate che ve li presenti, i Reynolds sono: Mattia Meli (voce e tastiera), Simone Trotolo (voce e basso), Sergio Toller (chitarra), Liuk Baldoni (chitarra), Lorenzo Elia Mariani (batteria). Nei giorni scorsi ho avuto l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere con loro.

So che siete attivi sulla scena rock milanese dal 2017: venite da precedenti esperienze in altre band e, se sì, quali?
Il 2017 è stato l’anno in cui si è costituita la band, ma in realtà ci conoscevamo da molto prima: ognuno di noi ha suonato con uno o più membri dei Reynolds in vecchi progetti artistici e non, insomma possiamo quasi dire che era inevitabile che ad un certo punto saremmo finiti a suonare assieme.

Il nome Reynolds evoca un episodio della morte di Edgar Allan Poe: da cosa nasce questa passione per il mistero e l’idea di trasporla in musica?
Siamo fan dell’horror/thriller da sempre, per cui è stato abbastanza naturale toccare certe tematiche; inoltre arriviamo tutti da un background rock/metal, dove tematiche del genere calzano alla perfezione.

Avete appena pubblicato due singoli (Veleno e Vivi Per Finta) che hanno come tema conduttore la paura e, appunto, il mistero: ne uscirà un concept album?
Sì, da un punto di vista delle tematiche assolutamente: trattiamo la paura, in tutte le sue forme.

Ho letto che il palloncino nero fotografato nella vostra cover rappresenta la volontà di contrapporsi ad una dilagante poetica del disimpegno emotivo: quale futuro vedete per la musica italiana d’autore e, in particolare, per la scena rock?
Difficile dirlo. L’unica cosa che crediamo funzioni, nel rock, è l’autenticità; noi cerchiamo di inseguirla, senza paraocchi.

 

Siete una band rock alternative che affonda le proprie radici nella musica degli anni ’90: quali sono stati i vostri idoli e quali gli artisti a cui vi ispirate?
Diciamo che le influenze più grandi arrivano da Foo Fighters, Nirvana, Smashing Pumpkins e Marylin Manson.

Quanto dovremo attendere per l’album di debutto?
Come album parecchio in realtà! Pensiamo di pubblicare ancora singoli A/B, e di racchiuderli in quello che è effettivamente l’album solo alla fine.

La pandemia ha costretto il mondo dello spettacolo ad uno stop forzato e stentiamo a vedere la luce in fondo al tunnel: quali sono i vostri progetti per i prossimi mesi? C’è speranza di vedervi dal vivo in qualche locale milanese?
Sicuramente pubblicheremo le nostre altre canzoni, stiamo producendo materiale multimediale per supportarne l’uscita!
Per i live show… speriamo presto, temiamo molto tardi: la situazione non è decisamente delle più rosee, ma siamo fiduciosi: nonostante al momento non ce ne siano in vista, il vantaggio di essere “piccoli” è che siamo anche molto agili nel ripartire, appena si potrà fare.