I N T E R V I S T A
Articolo di Claudia Losini
Sono giovani ma molto prolifici, i componenti del quartetto milanese Bo!led, progetto nato nel 2019 e composto da Amedeo Nan alla chitarra, Matteo Castiglioni alle tastiere, Maurizio Gazzola al basso, tutti e tre già componenti del progetto jazz hip hop Studio Murena, e il batterista Andrea Gamba, conosciuto anche come Daykoda.
I Bo!led guardano all’estero, in particolare alla rigogliosa scena jazz contemporanea inglese che attualmente conta nomi come The Comet is Coming e Sons Of Kemet – usciti dalla nicchia del genere per spopolare a festival di musica elettronica- e all’America, al sound di Chicago in particolare.
Ma la band di cui si sente l’influenza maggiore sono i canadesi Badbadnotgood, che hanno portato la loro piccola rivoluzione musicale, quella di svecchiare il jazz per contaminarlo con l’elettronica, a un successo mondiale.
Different, Us è il primo lavoro registrato in studio, che già afferma il loro sound fresco, ben bilanciato tra ritmi jazz ed elettronici, dove gli strumenti creano un dialogo di volta in volta differente, come in Broken Days, dove la batteria incalza il ritmo della chitarra, ricca di sfumature. Blue Room è il brano più accattivante nella sua essenzialità, con un intermezzo che strizza l’occhio a sonorità più tribali e al world sound, così come la title track, Different, Us che con il suo susseguirsi di alti e bassi ci trasporta in una sera metropolitana.
I Bo!led stanno facendo in Italia quello che all’estero guardiamo con stupore: rivoluzionare un genere per farlo evolvere e renderlo più contemporaneo. In occasione di questa uscita, abbiamo contattato Matteo Castiglioni per fargli alcune domande…
Partiamo dall’inizio: vi siete conosciuti al conservatorio di Milano durante i vostri studi. Com’è nato il progetto Bo!led?
Ciao ragazzi, esatto, il nostro incontro è avvenuto in Conservatorio a Milano, mentre il progetto è nato nel momento in cui tutti noi stavamo finendo gli studi in Accademia. Il gruppo si è formato dopo esserci trovati a jammare insieme, conoscevamo tutti le produzioni dei singoli e sapevamo di avere tanti riferimenti comuni, probabilmente anche per questo ci siamo trovati immediatamente bene e il progetto si è sviluppato velocemente. Dopo la partecipazione a Jazzmi 2019 abbiamo suonato parecchio in giro per costruire un repertorio originale, per poi entrare in studio la scorsa primavera per la registrazione del nostro primo lavoro Different, Us.
Nel disco si sente molto l’approccio improvvisativo del jazz, dove andate a costruire ritmi elettronici, il risultato è un flusso creativo quasi da jam session. Qual è il vostro processo di creazione di un brano e quanto contano per voi l’improvvisazione e la tecnica?
Sicuramente la jam è una parte fondante del nostro metodo compositivo, spesso il punto di partenza di un brano consiste proprio nell’improvvisazione che si struttura sopra un’idea portata da qualcuno di noi, più raramente arriviamo in sala prove con un brano già composto dall’inizio alla fine e magari pre prodotto elettronicamente su Ableton. Più spesso andiamo a costruire la sezione elettronica dopo aver definito gli spazi strumentali.
L’improvvisazione e l’intenzione del momento sono fondamentali, successivamente però lavoriamo molto sul post-produrre, così come si farebbe per una produzione di musica elettronica (mondo dal quale quasi tutti noi proveniamo) per effettuare un lavoro di sottrazione fondamentale alla sintesi del brano.

Quali sono gli artisti di riferimento a cui guardare per il vostro sound?
Senza dubbio tutti noi abbiamo tra gli ascolti principali molti degli artisti della scena Jazz Inglese contemporanea: Alfa Mist, Yussef Dayes, Nubya Garcia, Moses Boyd ecc… stesso vale per la scena di Chicago e Los Angeles: Jeff Parker, Makaya McCraven, Karriem Riggins, Marcus Gilmore ecc…
Amiamo molto il jazz contemporaneo e passato ma allo stesso tempo ascoltiamo anche tanta elettronica, Hip-hop strumentale e non, sono veramente tanti i nostri ascolti perché crediamo che per poter arrivare a costruire qualcosa di interessante si debba innanzitutto partire dall’ascolto e dalla conoscenza della storia, del contemporaneo e in generale di quello che ci circonda.
L’obiettivo di Bo!led è anche quello di portare un sound nuovo a un pubblico più ampio? All’estero e soprattutto in Inghilterra nomi come Shabaka Hutchings, Kamasi Washington, Thundercat arrivano a diventare fenomeni internazionali, com’è la situazione invece in Italia, pensate che si possa arrivare a farsi conoscere anche da chi non è esperto di jazz contemporaneo?
Assolutamente, la nostra musica crediamo sia tranquillamente fruibile da un pubblico che normalmente magari non ascolta jazz ma che ha voglia di avvicinarsi a qualcosa di diverso dai suoi soliti ascolti. Durante i live abbiamo avuto proprio questo tipo di risconto, avendo avuto la possibilità di suonare in club e eventi molto vicini alla musica elettronica da Club siamo rimasti piacevolmente sorpresi dal feedback che abbiamo ricevuto. Molte persone che non avevano mai ascoltato il genere si sono fatte immediatamente trascinare dal groove e dall’energia del live, questo ci rende molto ottimisti per un futuro nel nostro paese in cui questo genere si possa espandere maggiormente nell’underground. Per certi versi alcuni nostri brani sono anche tranquillamente ballabili e questo rende la fruizione molto più diretta.

Gli esempi che hai citato sono ottimi modelli di come questi artisti siano riusciti a fare breccia in un pubblico che solitamente non ascoltava il genere, a nostro avviso questo è avvenuto, oltre a causa alla incredibile bravura degli artisti, grazie a un ottimo lavoro di comunicazione a 360° mirato proprio a un pubblico che solitamente ascoltava musica più vicina all’elettronica, ma attento alla sperimentazione e all’improvvisazione e questo ha funzionato alla perfezione. Quello che secondo noi manca ancora in Italia è una singola scena unita molto forte che racchiuda sotto la sua ala tutti i singoli gruppi che esistono sul territorio, crediamo e speriamo che questo possa avvenire però nel prossimo futuro!
Rimaniamo in Italia: ci sono artisti che ci volete consigliare per approfondire il genere?
Innanzitutto in Italia abbiamo una scena Jazz storica veramente forte, a partire da Rava per arrivare a Fresu sino a Gianluca Petrella, questi e tanti altri artisti hanno prodotto capolavori che meritano di essere ascoltati. Per quanto riguarda la scena strettamente contemporanea secondo noi Karu è uno dei progetti più interessanti in circolazione al momento in Italia.
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