L I V E – R E P O R T


Articolo e immagini sonore di Stefania D’Egidio

Inutile girarci attorno, i Fontaines D.C. sono il gruppo del momento: chi è stato al Magnolia mercoledì sera può testimoniare che la coda delle auto, già un’ora prima dell’apertura dei cancelli, arrivava quasi alla ruota panoramica di Segrate, nonostante il temporale in corso. Del resto sia l’ultimo album Skinty Fia che A Hero’s Death sono stati un successo di pubblico e critica; tanto carismatici quanto cupi, i cinque irlandesi possono vantare un seguito transgenerazionale, dagli adolescenti in delirio fino agli ultrasessantenni e, vi giuro, ne avevo un paio accanto a me che, rispolverate le t-shirt dei Joy Division, hanno cantato tutti i brani in scaletta, dal primo all’ultimo.

Altro che indie band, Grian Chatten e soci sembrano aver abbandonato da tempo i confini dell’underground e adesso se la giocano alla pari con gruppi cult d’oltremanica come The Smiths, Jesus and Mary Chain, The Psychedelic Furs e, appunto, i Joy Division con cui sembrano condividere quel fascino nichilista e decadente che tanto ci piaceva di Ian Curtis, ma con in più una grinta da fare invidia persino ad alcuni artisti del panorama metal. Casse che spaccano, bassi cavernosi, chitarre granitiche per un muro di suono che sovrasta pure i tuoni della serata di pioggia; un concerto talmente coinvolgente che, ad un certo punto, si teme la tragedia, con la musica che si ferma per quindici minuti abbondanti, perchè pare ci sia un ferito tra la folla, una ragazza dicono, sono gli stessi Fontaines a segnalarlo. Il tempo di organizzare i soccorsi e attendere l’ambulanza, alla fine si risolve tutto con una lussazione al ginocchio e lo show può andare avanti come un treno in corsa.

Scaletta bella piena e scenografia minimalista, giusto il nome della band sullo sfondo, un outfit ancora più semplice e nessuna stravaganza da rockstar: sono gli strumenti e la voce del frontman a portare avanti lo spettacolo: tanta sostanza quindi, a tratti addirittura ipnotici con i loro testi ripetuti come un mantra, a tratti irruenti, con le luci che cambiano a una velocità schizofrenica, dannazione per noi fotografi, ma perfettamente in linea con lo stile della band irlandese , che ormai sembra avere spiccato il volo verso cieli più limpidi.

Setlist:

01. A Lucid Dream
02. Hurricane Laughter
03. Sha Sha Sha

04. Roman Holiday
05. I Don’t Belong
06. Chequeless Reckless
07. Televised Mind
08. Nabokov
09. Big Shot
10. Too Real
11. In Ar Gcroithe Go Deo
12. How Cold Love Is
13. Jackie Down The Line
14. A Hero’s Death
15. Skinty Fia
16. Boys In The Better Land
17. I love You