R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Risulta molto chiaro, secondo le opinioni espresse dalla stessa Brandee Younger che questo suo ultimo album, Somewhere Different, dovrebbe essere accettato per quello che effettivamente è, un lavoro cioè di facile fruibilità, attorno a cui può essere superfluo affannarsi nel cercare significati troppo complicati. Un diretto invito, quindi, a godere nell’immediato della policromia che la musica stessa è in grado di offrire. La Younger, arpista newyorkese trentottenne, giunge così al quinto lavoro da titolare – è necessario però tener conto come Wax & Wane del 2010 e Prelude del 2011 siano EP e che Force Majeure dello scorso anno è un lavoro a quattro mani con il contrabbassista Dezron Douglas, oggi produttore di questo ultimo disco. Comunque sia Somewhere Different è l’esordio per un’etichetta storica come la Impulse! ed in un certo qual modo tutto questo rappresenta una sorta di consacrazione ufficiale dell’artista nell’olimpo dei jazzisti “che contano”. Rifacendosi ai sempiterni spiriti guida di Dorothty Ashby, soprattutto, e secondariamente di Alice Coltrane, la Younger porta il suono della sua arpa, leggero e a tratti morbidamente pigro come un pomeriggio estivo, ad arricchirsi di numerose e diversificate esperienze che oltre al jazz, includono il rock – soprattutto nell’assetto ritmico – l’ambient music, l’hip-hop, molto soul e un raffinato tocco di musica classica. Del resto l’artista in questione ha collaborato con jazzisti sopraffini come Pharoa Sanders, Jack DeJohnette, Charlie Haden, Ravi Coltrane, Makaya McCraven ma anche con altri musicisti provenienti da mondi diversi come John Legend, il rapper Drake, il songwriter ghanese Moses Sumney ecc…

Il suono della sua arpa è estremamente delicato e aggraziato, in grado di trasmettere un benessere psicologico, una pungente freschezza che resta tale pur nel mezzo di turbolente sintassi ritmiche, come accade nel brano di apertura Reclamation. Colpisce la naturalezza con cui la Younger passa da un clima ad un altro, spumeggiando di tocchi leggiadri quando è in prima linea, dedicandosi a cornici più eteree quando sono gli altri strumentisti a prendere la scena. In complesso però l’arpa è sempre presente, una lenta marea che s’alza e s’abbassa a seconda delle diverse esigenze dei brani. Accompagna la Younger un nutrito numero di musicisti. Innanzitutto un’ottima ritmica con il duttile batterista Allan Mednard, Rashaan Carter al basso elettrico. E poi Maurice Brown e Chelsea Baratz rispettivamente alla tromba e al sax tenore, Anne Drummond al flauto e Marcus Gillmore alle percussioni e alla drum programming. Ci sono anche degli ospiti illustri, tra cui Ron Carter ovviamente al contrabbasso e Tarriona Ball al canto. Reclamation, come già accennato, apre la sequenza di questo album. L’accoppiata del leggero arpeggio con la ritmica di basso elettrico e drum machine fa pensare ad un’eventuale comparsa vocale di qualche rapper. Invece no. Sax e flauto alzano la vela verso il R&B, impostando un tema che ci fa scivolare all’interno di un viscoso brano alla Isaac Hayes dove la batteria e i fiati dettano legge e sembra di essere coinvolti dalle immagini d’un poliziesco anni’70. Quando la tensione leggermente cala emerge prima l’arpa in una sequenza di aloni cristallini, seguita dal flauto, con la ritmica sotto che come un gatto in attesa del topo prelude al ritorno del tema con l’incalzare della batteria. C’è spazio per un assolo di sax giusto prima che torni a crescere il turbolento magma sonoro verso il distensivo finale. Bel biglietto di presentazione, quindi, pieno di energia e con un tema valido e ammiccante. Spirit U Will si apre in un down tempo ma i fiati intervengono ad animare il discorso che si fa decisamente più jazzato esponendosi in un tema strutturalmente organizzato ma non troppo complicato. L’arpa, molto melodica e quasi “celtica” nel suo sfiorarsi guancia a guancia con l’atmosfera ambient, compare tra i fiati ad ammorbidire l’atmosfera generale. Una bella mescolanza di R&B, ampi respiri dei fiati e dolcezze mediate dai tremuli bagliori sonori innescati dalla Younger. Aria più decisamente soul e moderatamente sensuale attraverso la voce di Tarriona Ball. Ci troviamo quindi all’interno di locali con luci soffuse dove un intermezzo rap è reso digeribile dal dolce veleggiare dell’arpa. Il brano è leggerino ma molto gradevole e non sfigura affatto tra le percussioni programmate, la batteria e il lavoro ammorbidente del basso elettrico.

Somewhere different, nonostante il bellissimo intro che sa di reminiscenze classiche, si allunga su sincopi sudamericane con una melodia romantico-latineggiante. La stessa melodia si ripete in un secondo tempo su ritmica dub. Siamo sempre all’interno di una semplice linea espressiva ma piacevole, con l’arpa che racconta con note premurose come si possa rimanere leggeri come un palloncino nel cielo senza cadere nella banalità. In Love & Struggle mi sembra di udire il contrabbasso di Ron Carter, nonostante le note stampa che accompagnano la presentazione del disco lo accreditino solo nei due brani successivi. Qui l’arpa si manifesta in forma ibrida, tra il jazz e il classico. Un brano che si svolge prevalentemente sottovoce, nell’intimità del trio contrabbasso-batteria e arpa, estremamente rasserenante, dove il sempre benaccetto interplay si manifesta a larghe falde anche quando la sonorità complessiva si fa più forte. Tra i brani migliori della sequenza. Poi arriviamo a Beautiful is Black con tanto di brushing sul rullante e l’abbraccio caldo del contrabbasso. Sembra un po’ la continuazione del brano precedente, sempre rigorosamente in trio e l’arpa è così serena come se raccontasse un mattino di ritrovata felicità. Arrivo a pensare che la formula in trio potrebbe essere la soluzione migliore per questa arpista che rispetta spazi e mansioni e che però sa introdursi tra i piani ritmici con gentile autorità. Olivia Benson è un personaggio di fantasia, una detective protagonista della serie Law & Order. Il brano inizia con un piccolo sincrono tra contrabbasso e arpa, in un tema vagamente misterioso. Ampio spazio allo strumento di Carter ed è la terza traccia che si sviluppa in trio, guarda caso negli spazi in cui tacciono commenti elettronici e i fiati. Rispetto ai due brani precedenti ha qualcosa in meno ma bisogna sottolineare la bravura del batterista, musicista che non conoscevo e che dimostra una fluidità e una capacità d’adattamento a tutte le temperature emotive della musica della Younger. L’inizio di Tickled Pink farà sobbalzare dalla sedia i più scafati per l’innesco memonico di un brano immortale di cui non rivelo l’autore, anche se poi tutto prende correttamente una piega diversa. Un brano forse troppo breve per rappresentare la chiusura ma che s’allinea con la dimensione gioiosa dell’intero album. Una musica ottimista, quella della Younger, che manifesta una capacità rara, cioè quella di stare in equilibrio tra leggerezza e consistenza, muovendosi tra la gaiezza della primavera e una velata malinconia autunnale. Non l’allegria di un naufragio scampato ma la pura felicità di esserci e il diritto di raccontare questo stato d’animo nel modo che più è congeniale ad un’arpista, attraverso il soffice tocco delle corde tese del suo strumento.
Tracklist:
01. Reclamation
02. Spirit U Will
03. Pretend (feat. Tarriona “Tank” Ball)
04. Somewhere Different
05. Love & Struggle
06. Beautiful Is Black
07. Olivia Benson
08. Tickled Pink
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