R E C E N S I O N E
Articolo di Cinzia D’Agostino
Dopo una lunghissima carriera nei Marlene Kuntz, Cristiano Godano sente il bisogno di abbandonarsi ad una parentesi solista, un po’ come chiudersi in una stanza privata dove smontare pezzo per pezzo il proprio io, osservandone ogni aspetto per poi ricomporsi secondo canoni più slegati e trasparenti. Già durante il lockdown, seguendo le dirette facebook, avevo notato un cambiamento in lui, più voglia di esprimersi, di comunicare col suo pubblico con animo sincero. Probabilmente la grande ammirazione che il musicista e compositore piemontese nutre per il grande Nick Cave gli è stata di ispirazione nel suo rapporto con i fan, o forse più semplicemente ha intrapreso un percorso interiore molto sofferto che lo ha portato ad una nuova consapevolezza. Ricordavo Cristiano come un personaggio dall’apparenza “costruita”, il modo di proporsi trasmetteva la cognizione della sua straordinaria cultura e conoscenza quasi intimidendoti, contribuendo inconsapevolmente a porlo, insieme a Manuel Agnelli, tra i personaggi inscalfibili della scena detta “indipendente” italiana.
Mi ero perso il cuore, album da lui stesso prodotto insieme a Gianni Maroccolo e Luca Rossi (Ustmamò), è la più chiara manifestazione dell’uomo e artista che si mette letteralmente a nudo, calando la maschera ed offrendosi in tutta la sua essenza. Non è esattamente scontato che un artista lo faccia e, non sottovalutare questo aspetto, porta a comprendere ed immergersi profondamente nel disco. Prevalentemente sono ammalianti ballate le protagoniste di questo viaggio introspettivo. Le corde della chitarra vengono pizzicate con una delicatezza e drammaticità che ti riescono a smuovere ogni senso, la voce di Godano ti fa vibrare il petto fino ad avvolgerti ogni costola, quasi ad abbracciarti e a darti un calore consolatorio, dopo averti fatto riaffiorare i fantasmi. Inutile raccontare con quanta cura sia stato composto, inutile delineare la ricercatezza delle parole, lo straordinario equilibrio tra pathos e giusta leggerezza delle melodie, non eccessivamente drammatiche ma fluidamente penetranti.
C’è addirittura un brano in stile country (Come è possibile), un rock trascinante accompagnato dal basso inconfondibile di Marok e il sax inquieto di Enrico Gabrielli in Panico, così come il suono della chitarra di Cristiano registrato da un IPhone nella stravagante quanto sopraffacente Nella Natura. Non c’è un pezzo che per bellezza riesca a sovrastare l’altro, ma per gusto personale o intima sensibilità ho stabilito subito un particolare legame con le vecchie rimembranze rock de Il lamento del depresso e con i sublimi cori femminili di Valentina Santini e Alice Frigerio, che impreziosiscono la commovente Ho bisogno di te.
Mi ero perso il cuore è una raccolta di brani sinceri, ciascuno dei quali rappresenta un capitolo del quale si potrebbe discorrere per molto tempo, sia per le sonorità che per i testi che conducono a molteplici strade e riflessioni. L’abbandono, la depressione, l’amicizia, il rapporto tra un padre e un figlio, la debolezza, l’amore, la paura; seppur trattando temi forti e spesso strazianti che ti fermano il respiro, ti sa trasportare nei meandri più ardenti dell’anima restituendoti però un senso di confortante liberazione.
Ascoltatelo con buone cuffie e ad occhi chiusi, lasciatevi sedurre dalla sua voce sensuale e da certi suoni che ogni tanto vi risveglieranno vecchie emozioni dei Marlene Kuntz ma, soprattutto, concedetevi l’abbandono necessario per smantellare la mente ed arrendervi al cuore. Credetemi, vi farà solo bene. Grazie ancora una volta Cristiano, semplicemente, perdutamente e solennemente grazie.
Tracklist:
01. La mia vincita
02. Sei sempre qui con me
03. Ti voglio dire
04. Com’è possibile
05. Lamento del depresso
06. Ciò che sarò io
07. Ho bisogno di te
08. Dietro le parole
09. Padre e figlio
10. Figlio e padre
11. Panico
12. Nella natura
13. Ma il cuore batte
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