R E C E N S I O N E


Recensione di Stefania D’Egidio

Tra i miei peggiori difetti sicuramente la testardaggine, se mi convinco di una cosa non c’è verso di togliermela dalla testa: una di queste l’avversità per le piattaforme di musica digitale, sia per lo sfruttamento economico ai danni dell’artista, che per la smaterializzazione dell’opera, perché, per quanto di facile fruizione, nulla può eguagliare il piacere di tenere in mano un cd o, meglio ancora, un vinile. Per questo oggi voglio parlarvi di un lavoro in uscita il 9 settembre: il nuovo progetto di Vittorio Nistri e Simone Tilli, un album che va ascoltato, ma soprattutto sfogliato,letto, guardato e riguardato, per il suo artwork, che è un omaggio a quel fumetto underground che fu, negli anni passati, fiore all’occhiello di quella controcultura di cui ci sarebbe tanto bisogno ancora oggi. La copertina stessa dovrebbe essere esposta in una galleria d’arte, riunendo due firme storiche della rivista Frigidaire: in front cover l’indomabile scheletrino del compianto Andrea Pazienza , la back cover, il booklet e il logo affidato a Ugo Delucchi, che di Pazienza stesso fu allievo. Le dimensioni atipiche del booklet (25.4 x 17.4) richiamano quelle del fumetto underground americano degli anni ’70, la spirale psych e i colori sono del disegnatore Lido Contemori e il progetto grafico di Gabriele Menconi (Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Viareggio). Insomma, come potrebbe tutto ciò essere sostituito da un frigido click?

Lasciatemi spendere qualche parola sul cuore pulsante della band, Vittorio Nistri e Simone Tilli, le cui strade ho incrociato casualmente qualche anno fa, quando mi capitò tra le mani il cd dei Deadburger Factory: fu amore a prima vista e ascolto, ne rimasi folgorata e da allora ho seguito con bramosia ogni loro novità. Se dal punto di vista stilistico Ossi è profondamente diverso dai lavori dei Deadburger, ciò che invece li accomuna è quella rara genialità con cui centrano in pieno i vizi italici e pungolano le menti sopite, nonchè la cura maniacale dei dettagli, che fanno dell’album un piccolo capolavoro. Un lavoro ambizioso a cui hanno partecipato anche Dome La Muerte (Not Moving), Andrea Appino (The Zen Circus) alle chitarre e Bruno Dorella (Bachi da Pietra) alla batteria. Manca il bassista – direte voi – in realtà il basso è stato affidato per tre brani a Carlo Sciannameo dei Deadburger, in altri due brani è stato ospitato l’armonicista Roberto Picralli (Mojo Blues Band). Per il resto, compiti ben divisi tra i due: Simone si è occupato di tutta la parte vocale e Vittorio della regia e di tutte le diavolerie elettroniche (loops, campionamenti, synth e l’elemento fondamentale del garage rock, l’organo). Ne risulta un progetto che rende omaggio a molti artisti della scena garage/psych (Fuzztones, Monks, King Gizzard & The Lizard Wizard), per l’energia che trasuda, ma con i piedi ben saldi nei tempi che stiamo vivendo, dove non occorre assumere acidi per sballarsi e le allucinazioni sono all’ordine del giorno, basta accendere la tv e seguire un qualsiasi tg per rendersene conto. Ossi, infatti, è una perfetta rappresentazione dei nostri giorni, volutamente i brani sono tutti in italiano, con un grande lavoro sulle metriche e con un’attenzione maniacale alle melodie, con testi sempre ispirati da fatti di cronaca e, ve lo assicuro, ce n’è davvero per tutti, dai politici, in Hasta La Sconfitta Siempre, agli influencer, in Lei è Grunge, Lui Urban Cowboy. Anche l’uso dell’elettronica risulta piacevole e mai invasiva, non si cerca mai di strafare per stupire con effetti speciali, ma ci si mette al servizio di voce e chitarra, non serve a mascherare, ma piuttosto ad accompagnare.

Veniamo al dunque però, altrimenti impiegate un mese solo per leggere la recensione, anzichè andarvi ad ascoltare il disco: 12 tracce in totale, in apertura Ventriloquist Rock, appena due minuti di sampling presi dalle pagine più tristi della recente politica italiana, geniale è l’aggettivo giusto! Si prosegue con: Ricariche, ispirato al fatto di cronaca, che vede protagonisti adolescenti benestanti del nordest, impegnati a pagare i favori sessuali delle coetanee con ricariche telefoniche; chitarre distorte per Hasta La Sconfitta Siempre, narrazione della perdita degli ideali e del nonsense della politica contemporanea, la cui trama si mischia con scheletriche percussioni elettroniche al posto della batteria. In Toy Boy si torna ad una dimensione più acustica; il brano nulla ha a che vedere con l’omonimo del trio Dimartino/Colapesce/Vanoni, da cui, tuttavia, ha tratto ispirazione per la bellissima copertina dagli abiti rosa e il logo Rolling Bones al posto di quello della celeberrima rivista. Sullo sfondo una vicenda erotica di provincia di una commerciante, che simulava un furto in negozio, per nascondere al marito l’ammanco in cassa, usato per pagare il toy boy. In chiusura sul lato A la cover capolavoro di Out Demons Out, della Edgar Broughton Band, praticamente sette brani in uno, per una durata complessiva di nove minuti, raccolta dei deliri post pandemia e gemma di pura psichedelia: nemmeno Brian Eno e David Byrne avrebbero saputo fare di meglio. Il lato B si apre con un’altra cover, Monk Time dei The Monks, del 1966: ritmo veloce con campionamenti di voci prese dall’intervista radiofonica a Don Piero C., parroco supermacho, famoso per aver attribuito la colpa di stupri e femminicidi alla sfrontatezza delle donne; anche stavolta Vittorio si supera con un organo in stile Ray Manzarek. Ballad dal sapore country per Miss Tendopoli, storia della falsa terremotata Marina, che decantava in tv l’efficienza e la velocità della ricostruzione a L’Aquila… Naturalmente Non Possiamo Pagarti è l’emblema di un mondo del lavoro ormai basato sullo sfruttamento dei giovani e di cui si è parlato tanto nelle ultime due estati, con synth e chitarre che duellano alla perfezione con la batteria: let’s rock!

Nel caleidoscopio dei deliri italici non poteva mancare uno speciale tributo ai fashion influencers: arpeggi di chitarra adorabili e la voce di Simone che sale in cattedra, il brano sprizza adrenalina da tutti i pori. O’ Pisciaturu mi ha fatto un pò rivivere le sensazioni dell’album Terremoto dei Litfiba quando, liceale, mi accostavo per la prima volta a certe tematiche scottanti, ma è un brano che starebbe bene in qualsiasi decade del dopoguerra, ahimè… Titolo e contenuti quanto mai espliciti in Per Sollevare Il Morale Del Capo, superlativa la parte elettronica, appena sussurrata, ma fortemente incisiva. Il brano di chiusura, Navarre, è un messaggio di speranza per questo mondo: racconta la storia di un lupo salvato dall’ipotermia da una ragazza e ci dice che, forse, non è ancora tutta da spazzare via la razza umana. La voce di Simone si fa punto di forza, a metà tra Jim Morrison e Danzig (quanto mi piace fare paragoni con i grandi!) e una chitarra da dimensione onirica; testo scritto da Vittorio in collaborazione con Luca Buonaguidi, giovane psicologo/viaggiatore/poeta /scrittore con all’attivo già qualche libro.

Non scherzo quando dico che questo per me è l’album dell’anno, non me ne vogliano gli altri artisti, ma è di una genialità più unica che rara, arte pura, che unisce la musica al disegno e alla grafica, cura minuziosa dei dettagli e quel mix di giusti ingredienti che ne fanno un oggetto di culto: se siete feticisti della musica e del fumetto non può mancare nella vostra collezione.

Voto: stavolta niente voto perchè dovrei andare ben oltre il 10 e lode, spero solo di vederli al più presto dal vivo a Milano.

Tracklist:
01. Ventriloquist Rock
02. Ricariche
03. Hasta La Sconfitta Siempre
04. Toy Boy
05. Out Demons Out
06. Monk Time
07. Miss Tendopoli
08. Naturalmente Non Possiamo Pagarti
09. Lei E’ Grunge, Lui Urban Cowboy
10. O’ Pisciaturu
11. Per Sollevare Il Morale Del Capo
12. Navarre

Foto © Lorenzo Desiati