L I V E – R E P O R T
Articolo di Luca Franceschini, immagini sonore di Lino Brunetti
Forever, oltre ad essere stato uno dei dischi più belli dell’anno passato, almeno per il sottoscritto, ha rappresentato per Francesco Bianconi il capitolo del definitivo raggiungimento della maturità. Che, lo capisco, è un giudizio un po’ strano da dare, per un artista che è in giro da oltre vent’anni e che con i Baustelle ha scritto un pezzo non secondario della musica italiana.
Eppure, quando ai tempi de I mistici dell’occidente e di Fantasma aveva provato a virare verso un cantautorato in qualche modo più sofisticato, i risultati non erano stati del tutto convincenti.
La sua prima prova da solista, arrivata dopo i due volumi de L’amore e la violenza, che avevano riportato la sua band madre sul terreno Pop a lei più congeniale, è invece di tutt’altra pasta. Le orchestrazioni, il linguaggio della musica classica contemporanea, una scrittura di livello altissimo che trascende qualunque tipo di etichetta o dimensione precostituita, per abbracciare il piano di una bellezza assoluta e senza tempo, sono tutti dati che rendono la parola “capolavoro” niente affatto esagerata.
È un disco che meritava di essere portato dal vivo ed è per questo che i continui rinvii a causa della situazione pandemica, dopo che già la pubblicazione era stata rinviata, facevano male.
Oggi finalmente si riesce a recuperare e la data milanese, nell’elegante cornice del Castello Sforzesco, è indubbiamente un’occasione privilegiata per ascoltare queste canzoni, approfittando anche della fortunata congiuntura metereologica che ha tenuto i violenti temporali previsti, confinati a poche ore prima dall’inizio.

In apertura c’è Ettore Bianconi, fratello di Francesco, da anni colonna della formazione live dei Baustelle. Presenta :absent, il suo progetto elettronico, nato come sonorizzazione de Il regno animale, il romanzo di esordio del fratello. Quello che ascoltiamo per mezz’ora è decisamente valido, vicino per certi versi alle atmosfere minimali delle ultime cose di Alessandro Cortini, una musica che evolve parecchio, nel pur poco tempo a disposizione, passando attraverso una gamma di suoni e mood differenti.
Il pubblico non è numeroso e non è un dato incoraggiante: vedere, nella stessa venue, artisti giovani come Colapesce/Dimartino e Venerus ma anche consolidati come Vasco Brondi, vendere tutti i biglietti nel giro di poche settimane dall’annuncio della data, mette un punto interrogativo su chi sia oggi il pubblico di Francesco Bianconi (soprattutto una volta constatato che l’età media dei presenti è ben più elevata di quella di un normale concerto dei Baustelle) e su come mai un disco di tale livello non sia stato considerato a dovere.

Lasciamo comunque stare ogni dietrologia e concentriamoci sul concerto. Sul palco sono in sette e sono tutti musicisti pazzeschi: Angelo Trabace al pianoforte (già collaboratore per gli arrangiamenti del disco), suo fratello Alessandro al violino, Beppe Scordati a flauto e sassofono, Sebastiano De Gennaro a batteria e percussioni (lo abbiamo visto assieme ad Enrico Gabrielli negli Esecutori di Metallo su Carta ma ha collezionato una pletora di collaborazioni un po’ dappertutto), Zevi Bordovach al mellotron e uno special guest d’eccezione come Stefano Pilia alla chitarra (attualmente negli Afterhours, ma ha suonato, tra gli altri, anche con Rokia Traoré e Massimo Volume). Lo stesso Francesco imbraccia la sei corde in una manciata di pezzi, anche se dobbiamo dire che questo strumento rappresenterà il grande assente nell’arco di tutta la sera.
Il suono infatti, perlomeno da dove mi trovo io, non è in effetti ottimale: violino e pianoforte troppo alti, con gli strumenti a fiato ad inserirsi pesantemente nel momento in cui vengono impiegati, il tutto a discapito delle chitarre che, salvo un paio di code molto interessanti, non sono riuscite a fare la differenza.
Ciononostante, bisogna sottolineare che il livello superbo della band, unitamente al valore delle canzoni, ha generato un concerto di rara intensità.

L’attacco è affidato al tema di Forever, che permette ai musicisti di presentarsi e di scaldarsi, prima di dare il via alle vere e proprie danze che, come era prevedibile, cominciano con Il bene. Gli arrangiamenti sono stati in parte rivisti, in generale il tutto è più dinamico e la presenza della batteria conferisce un po’ più di tiro, rispetto alle versioni in studio, con la sorpresa di qualche finale leggermente dilatato e a tratti anche rumoroso (Certi uomini, Go!).
Francesco è in grande spolvero, visibilmente contento di riprendere a suonare e insolitamente ciarliero: racconta del viaggio in California che ha ispirato Zuma Beach, quando stava per lasciarci le penne per una nuotata in una spiaggia per surfisti; di quando da ragazzo andava a vedere Guccini alle feste dell’Unità e c’era un gruppo di pisani che chiamava in continuazione un certo Balestri che non si è mai presentato; di quando sua figlia di otto anni gli ha fatto ascoltare un pezzo di Baby K e lui ha deciso di ricavarne una cover.
Al di là di questo, è sorprendente constatare come la sua bravura di cantante sia aumentata esponenzialmente: è una cosa che si era notata già negli ultimi tour ma qui, alle prese con canzoni certamente non facili, la sua espressività e il suo controllo risultano davvero notevoli.

Sulla scaletta, c’è poco da segnalare: ci sono ovviamente i brani di Forever, di cui si farebbe senza dubbio un torto a segnalarne qualcuno a discapito di altri. Lasciatemi però dire che un pezzo come L’abisso è davvero una delle cose più belle mai scritte in Italia negli ultimi anni, nell’equilibrio tra musica e testi, nella semplicità disarmante con cui il suo autore si mette a nudo; più o meno stessa cosa per Certi uomini, che è dotata di una melodia leggermente più immediata ed è forse per questo che viene accolta così calorosamente dal pubblico (ma anche a livello di ascolti, mi pare l’episodio che ha avuto in generale più successo); e ancora, Zuma Beach, che al di là dell’ammiccamento a Neil Young, è uno splendido apologo esistenziale a partire da un’occasione prosaica come può essere una vacanza. Sono forse questi i brani che più hanno colpito ed emozionato ma, ripeto, tutto Forever è stato reso live in maniera incredibile, compreso il nuovo singolo Il mondo nuovo, apparso nell’edizione In Technicolor uscita di recente.
Per il resto, non c’è spazio comprensibilmente per il repertorio dei Baustelle ma per due ottime versioni dei due brani che Bianconi ha scritto per Irene Grandi: La cometa di Halley, presentata nel 2010 a Sanremo e Bruci la città, il brano della sua consacrazione come autore, con cui si è anche chiuso il concerto.
Per il resto, sono apparse suggestive riletture di Ti ricordi quei giorni di Guccini e Una storia inventata, un brano che Battiato e Giusto Pio scrissero nel 1989 per Milva (entrambi già presenti nel format “Storie inventate” pubblicato a puntate l’anno scorso su YouTube), oltre a L’odore delle rose dei Diaframma (quest’ultima indubbiamente migliore rispetto all’originale) preceduta da un racconto del suo primo concerto della band fiorentina, a Castiglione della Pescaia, e di come la visione di Federico Fiumani sul palco gli abbia sostanzialmente cambiato la vita.
E poi La Playa di Baby K, anch’essa già suonata per “Storie inventate”, davvero magnetica con la band al completo, la riprova dell’ennesimo luogo comune per cui non c’è hit estiva che tenga, se un pezzo è ben scritto, è ben scritto, funzionerà con qualunque vestito (anche se bisogna dire che la versione di questa sera è di tutt’altro livello, rispetto all’originale).

Unico difetto, se proprio dobbiamo trovarne uno, è che è durato troppo poco. Di bellezza ne abbiamo avuta abbastanza per andar via contenti ma, a conti fatti, un’ora e un quarto è un po’ il minimo sindacale, sarebbe stato bello sentire anche gli altri due brani dell’edizione speciale di Forever, in particolare Romanzo di formazione, talmente bello che avrebbe meritato di essere inserito in tracklist sin dall’inizio. È stato comunque un concerto meraviglioso, probabilmente il più bello visto finora quest’estate; speriamo davvero che per le prossime date la partecipazione di pubblico possa essere più numerosa.





Photo © Lino Brunetti
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