C I N E M A


Articolo di Riccardo Provasi

Fa ancora caldissimo. Siamo già oltre la metà di settembre, ma dell’estate non riusciamo proprio a liberarcene. Ed ecco che alle 14 sono, come spesso accade, dentro al bellissimo cinema Arcobaleno di Milano, in zona porta Venezia, questa volta per un evento veramente magico, per me personalmente, ma anche per come è stata sviluppata l’opera in sé. Carlos: il viaggio di Santana, racconta per filo e per segno e dalla sua bocca, la storia del grandissimo chitarrista americano, eroe di Woodstock e osannato da tutte le generazioni. Come al solito in questi casi, la produzione è di altissimo livello, distribuita a livello italiano da Nexo Digital, con una qualità visiva estremamente accurata e soprattutto tantissimo materiale interessante per gli appassionati.

Cosa non si è detto di Carlos Santana, leggenda della musica rock che ha incantato il mondo con le sue note per oltre cinquant’anni e che ancora calca i palchi più prestigiosi del mondo? Il regista Rudy Valdez ha provato a spiegare le ragioni, le difficoltà e i processi di questo lavoro nel breve pre-show posto appunto all’inizio della pellicola, prima che parta la vera e propria storia. E quindi eccoci pronti a seguire le orme di questo ragazzo, da sempre sicuro di se, ricco di sogni e di talento, partendo dalla sua adolescenza, vissuta all’insegna dell’obiettivo di calcare i più importanti palchi con gli dei del rock a quel tempo scintillanti come B.B. King e Eric Clapton.

Già nelle prime scene del documentario, raccontato da un Santana seduto su una sedia in legno, alla luce di un falò su una spiaggia al tramonto, veniamo a conoscenza dello stile di vita e di pensiero che lo ha caratterizzato per tutta la sua esistenza: il suo rapporto con la necessità di esprimersi ed essere sé stessi, e il suo rapporto (religioso) con la magia. Come lui stesso si impegna a spiegare, la magia, nella sua concezione è la capacità di controllare la natura, le sue forze e porsi in diretto contatto e dialogo coi cuori e le anime delle persone vicine. Tutto questo amore e questa concezione per la musica derivano da suo padre, considerabile anche il suo primo “datore di lavoro”, presto abbandonato per la passione crescente e sconfinata per Carlos per il blues e il rock, da sempre anime del suo stile personalissimo, fatto di percussioni e tempi latini, chitarre e congas. Ovviamente è impossibile non citare la lisergica e sorprendente esperienza di Woodstock nel 1969, ma anche i periodi bui e il grande ritorno del nuovo secolo: un vero e proprio viaggio…

Perché questo documentario può aggiungere qualcosa anche a tutti coloro i quali pensano di sapere veramente ogni cosa su Santana? La vera chicca sono dei rarissimi (e molto spesso inediti) filmati realizzati dallo stesso Carlos in casa sua, mezzo nudo e rilassato, intendo a comporre, esercitarsi e studiare. Infatti, quello che rende Santana una vera e propria icona nell’Olimpo della sei corde è proprio la sua attenzione a rimanere sempre al massimo, a non accasciarsi mai e per nessuno motivo.