R E C E N S I O N E


Recensione di Alessandro Tacconi

Gli Arch, al secolo Luca Sguera (pianoforte), Joe Rehmer (contrabbasso) e Giovanni Iacovella (batteria), sono giovani e audaci. Siamo qui per trovare e non per ripetere sembrano dirci a ogni brano. L’album ha una durata complessiva di 33 minuti e mantiene in elettrica attesa l’ascoltatore a ogni traccia.
La frenesia ripetitiva di Asleep at the disco ci serra in un trip di straniamento sensoriale. L’insistita ripetitività di alcune note non può non rievocare latitudini asiatiche. Il secondo brano, Jaw, ci conduce lungo vie notturne popolate di ambigui personaggi dagli sguardi sghembi e i ghigni sardonici. Dove il contrabbasso amplia gli spazi sonori dentro cui la batteria scalcia e stride, il pianoforte crea un’inquietudine sorniona: “Venite, venite quaggiù, non vi succederà niente”. Potessimo credergli.

Eye contact si apre al pulsante silenzio, attesa di quella melodia che tarda ad arrivare per farci prendere un momento di respiro. Si rincorrono in questo modo i tre musicisti alternandosi alla guida del brano. Con Jenny Lind, tributo alla celebre soprano lirico svedese (1820-1887), un momento delicato. Una sospensione ariosa come le dolci melodie che cantava la Lind all’epoca. Ma si deve procedere oltre, non c’è tempo, sembrano dirci i tre musicisti perdendosi nella forma libera di Disco Dream. Dopodiché l’immersione inesorabile del brano che chiude l’album: Fishes, still around. Il pianoforte di Sguera ci conduce sempre più in profondità, mentre il contrabbasso di Rehmer e la batteria di Iacovella ci si offrono di continuo per poi ritrarsi.

Luca Sguera, classe 1992, pianista e compositore studia con musicisti del calibro di Alfonso Santimone, Simone Graziano, Rita Marcotulli e Stefano Battaglia; proprio con quest’ultimo inizia un percorso biennale sull’improvvisazione in solo. Tra i vari progetti musicali vi sono quello con gli AKA: Francesco Panconesi (sax tenore), Alessandro Mazzieri (basso), Carmine Casciello (batteria), e il trio She’s Analog con Stefano Calderano (chitarra) e Giovanni Iacovella (batteria, live electronics).
Joe Rehmer (1984) arriva da Woodstock, Illinois, e dal 2010 si stabilisce in Italia. Numerosi i progetti cui ha preso parte negli anni: dal trio Hobby Horse al sestetto Ghost Horse, dal Giovanni Guidiʼs Avec Le Temps a El Portal (Miami), da Tensil Test (Berlino) agli ARCH. Ha collaborato con musicisti del calibro di Jim Black, Uri Cane, Michael Blake, Enrico Rava, Gianluca Petrella, Maria Schneider, Dave Liebman, Avishai Cohen, Stefano Battaglia, Troy Roberts e Paul Bender.
Giovanni Iacovella da sempre abbina lo studio della batteria all’elettronica e agli audiovisivi, per ampliarne il più possibile la gamma espressiva. Ad Amsterdam ha seguito un corso biennale per approfondire il rapporto sonoro e concettuale tra strumenti acustici ed elettronici. Tra i vari progetti e collaborazioni quello con She’s Analog.

L’arte del trio non conosce requie dopo le muscolari prove di ensemble come The Bad Plus ed E.S.T., del mai troppo compianto Esbjörn Svensson, e gli ARCH lo hanno dimostrato… fino in fondo.

Tracklist:
01. Asleep at the disco (3:06)
02. Jaw (7:25)
03. Eye Contact (6:02)
04. Jenny Lind (5:50)
05. Disco Dream (5:29)
06. Fishes, still around (5:36)