R E C E N S I O N E


Recensione di Sabrina Tolve

Nel panorama del rock underground, pochi gruppi hanno saputo incarnare la pura essenza della musica senza fronzoli come i leggendari Shellac. Il loro sesto e ultimo album, To All Trains, giunge come un epitaffio impeccabile, rilasciato appena dieci giorni dopo la scomparsa del frontman Steve Albini. La firma sonora degli Shellac è sempre stata riconoscibile al primo ascolto, e To All Trains non fa eccezione. Questo è un album che trasuda l’autenticità senza compromessi tipica del trio: niente sovraincisioni, niente concessioni al modernismo, solo rock puro su vinile 180 grammi. Non c’è spazio per rimpianti o sentimentalismi: ciò che rimane è un tributo alla vita vissuta secondo le proprie regole. Albini, insieme al bassista e cantante Bob Weston e al batterista Todd Trainer, ha trascorso quattro decenni dedicati alla sua visione unica del rock underground. La loro musica è un’istantanea di rabbia, ironia e umorismo tagliente, un vero e proprio manifesto contro i cliché dell’industria musicale.



To All Trains è un album che non delude le aspettative. Con una durata di soli 28 minuti, è il più breve e immediatamente gratificante della loro carriera, senza strumentali o prolungati deviazioni post-rock. Le influenze dei Minutemen si fondono con la rabbia e l’umorismo degli Shellac in tracce come Chick New Wave, Days Are Dogs e How I Wrote How I Wrote Elastic Man (Cock & Bull) mentre Scabby The Rat è un’ode divertente e senza compromessi alla lotta per i diritti dei lavoratori, un omaggio all’iconica mascotte dei sindacati. Ma abbiamo anche WSOD, Girl From Outside o Tattoos che si distinguono per la loro carica d’energia e intensità, con chitarre incalzanti, sezioni ritmiche potenti, testi che si fondono con il crescendo emotivo della musica. E poi ci sono Wednesday e Scrappers al centro dell’album, che s’illuminano nei loro momenti malinconici ed introspettivi, dando all’intera opera un’impronta più solida e carica, rinnovandone i vari livelli di lettura. Chiude l’album I Don’t Fear Hell che affronta temi legati alla morte e alla trascendenza, con versi come “I’ll leap in my grave like the arms of a lover” (Salterò nella mia tomba come nelle braccia di un amante) e “If there’s a heaven, I hope they’re having fun/’Cause if there’s a hell, I’m gonna know everyone” (Se c’è un paradiso, spero che si stiano divertendo/ perché se c’è un inferno, conoscerò tutti). Un finale che sembra adesso un epitaffio commovente e suggestivo.

La produzione fotorealistica di Albini e le composizioni cariche di silenzi offrono spunti per apprezzare i dettagli più sottili, come il decadimento dei piatti e il rimbombo del rullante. Trainer si distingue come batterista eccellente per le sue abilità tecniche, la sua creatività e la sua capacità di influenzare positivamente il suono complessivo dell’album, con le sue percussioni vigorose e musicali che riempiono le pause con maestria. To All Trains chiude il capitolo della band in modo esemplare, confermandone il legato indelebile nel panorama del noise-rock. Sebbene la sua uscita sia oscurata dalla prematura scomparsa di Albini, rimane un testamento finale al suo impegno incrollabile per la qualità audio, le condizioni di lavoro equilibrate e l’etica fai da te. Un tributo alla vita di uno dei più grandi della musica alternativa nordamericana, senza traccia di sentimentalismi.

Tracklist:
01. WSOD
02. Girl From Outside
03. Chick New Wave
04. Tattoos
05. Wednesday
06. Scrappers
07. Days Are Dogs
08. How I Wrote How I Wrote Elastic Man (cock & bull)
09. Scabby the Rat
10. I Don’t Fear Hell