R E C E N S I O N E


Recensione di Nadia Cornetti

Se fluttuassi nello spazio, o se mi trovassi a scorgere in volo paesaggi estremi e incontaminati o, ancora, se raggiungessi una vetta altissima non ancora esplorata da nessun essere umano, so per certo due cose: la prima è che non rimpiangerei di certo il caos della città, la seconda è che, se mi vedessi da fuori, la colonna sonora di tutto questo sarebbe Songs for a Dreamer, ultimo disco dell’affascinante progetto denominato Atom Made Earth.
Songs for a Dreamer – autoproduzione che ha visto la luce lo scorso 18 ottobre – è un trip sonoro e mentale scandito da nove tracce legate tra loro, ma autonome allo stesso tempo, concluso dopo due anni di lavorazione e la cui uscita è stata anticipata da due bellissimi singoli, Memorial e Asleep.
Prima di accompagnarvi alla scoperta del disco vorrei parlarvi del suo artefice, Atom Made Earth, appunto, un progetto scaturito dieci anni or sono dalla mente e dalle mani del chitarrista anconetano Daniele Polverini; l’avventura era iniziata insieme a diversi compagni di viaggio, ma, nel corso degli anni – per impegni diversi, progetti e, ultimamente, data l’imprevedibilità del settore portata dalla pandemia – si è tramutata in un pellegrinaggio solitario.

Daniele ha portato avanti il progetto in uno studio di registrazione privato creato appositamente per poter gestire in modo autonomo ogni aspetto del lavoro – seppure sia accompagnato nella realizzazione di Songs for a Dreamer (terzo album di Atom Made Earth) da Lorenzo Giampieri (al basso), Daniele Duranti (alle percussioni) e Mariachiara Caraceni (alle voci).
Il mondo di Atom Made Earth, al netto di una notevole evoluzione sonora, è oggi composto da un sound di impronta shoegaze, dream pop, psichedelica e ambient, mondo che vede non pochi capaci rappresentanti anche nel nostro paese (anche se ci tengo a sottolineare che, nonostante le origini, il risultato risulta sempre di taglio internazionalissimo).
Conosco già da tempo portavoce esteri di questi generi musicali – cito tra questi i Mogway – e recentemente ho avuto occasione di scoprire i veneti Zugabe, che realizzano sonorità assimilabili al progetto Atom. Nei miei approfondimenti ho maturato delle convinzioni, prima tra tutte che per produrre musica di questo tipo devi essere capace – azzardo – più che con altri generi più definiti e standard.

Iniziamo l’ascolto, dunque: l’album parte con la  splendida Her and Me, dove un crescendo di piano e synth, mi accostano a un sound che da subito percepisco quasi come universale, più che internazionale, dal momento che la lingua utilizzata, l’inglese, oltre che mezzo di comunicazione è anche – decisamente – puro suono: ricorreranno in tutto il disco vocaboli molto avvolgenti, la cui pronuncia aiuta quasi a ricreare l’effetto eco, come wound, wait, sun, death/dead; le immagini evocate testualmente sono forti, riflessive, a volte cupe, come i suoni del resto, lenti e avvolgenti, che ci trascinano quasi in uno spazio profondo.
La seconda traccia, Asleep è anche il secondo delicatissimo singolo, avviato da una bellissima intro di piano, scandito dopo i primi secondi da un ritmo metronomico e accompagnato da un coro all’unisono di voci maschile e femminile fuse assieme in maniera morbida e soave; in certi momenti mi richiama alla mente le soffici sonorità di uno dei miei artisti del cuore, i francesi The Kwoon, con i quali è condivisa una vocalità presente ma non invasiva, amalgamata alla perfezione con gli altri strumenti.
L’album prosegue con la già citata e splendida Memorial, primo singolo estratto, che non si discosta dal resto dell’album quanto a sonorità, e la cui curiosa peculiarità è la reiterazione dal principio al termine del brano di una misteriosa frase – a orecchio dall’idioma asiatico, anche se non ne sono affatto sicura, a dire il vero.
Incontriamo nel disco due brani opposti e complementari, che si inseguono e si riprendono in due momenti diversi, Day and Night e Night and Day. Il primo, dal cantato lento, lontano, ecoico, dai suoni bassi, dark e compressi, che richiamano silenzio e vuoto, e mi evocano un orologio rallentato, cadenzato pesantemente da un tempo che avanza rallentato ma inesorabile. Il secondo esordisce più nitido e cristallino, ma il piacevole sound dilatato e orchestrale non tarda a farsi sentire. E ancora, Rain Market, scandita da morbidi accordi di piano che introducono e infine si trasformano in suoni di synth, la solenne Climbing up the Wall, che avanza e ondeggia come fosse un’altalena in assenza di gravità, e che mi proietta nella mente i primordi di un mondo dove la vita lottava per farsi largo, e ancora Natural During, dall’attacco incisivo e stile ballata.
Infine Cloud Whisperer, un vero sussurro alle nuvole che ci riporta in armonia con la natura, grazie, questa volta, all’assenza di echi e rimbombi cupi e lontani, ma, al contrario, alla presenza di versi cinguettanti e tenui e acuti accordi di pianoforte; non servono parole a questo brano, è un “punto a capo” che rimette in pace, in armonia e in sintonia con un mondo naturale che sicuramente è tra le Muse ispiratrici di questo progetto.

Ed ecco che questo album si può riassumere così, con una similitudine: come una matita sottolinea i concetti importanti di un libro, allo stesso modo qui note, effetti e cori evidenziano, accompagnano e fanno da colonna sonora a un viaggio mentale e sensoriale in un mondo dove la frenesia della società e delle città del terzo millennio vengono chiuse fuori dalla porta. Probabilmente il sottobosco musicale ambient è molto fervido, ma Songs for a Dreamer di Atom Made Earth (mai nome potrebbe essere più evocativo: la terra – fatta di atomi – ci racconta molto di sé) ha qualcosa in più, un biglietto di sola andata verso quel resto del mondo, dove, sono certa, verrebbe accolto con il rispetto e l’attenzione che, decisamente, gli sono dovuti.

Tracklist:
01. Her and me
02. Asleep
03. Memorial
04. Day and Night
05. Rain Market
06. Climbing up the wall
07. Night and Day
08. Natural During
09. Cloud Whisper