R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Qual è lo status della voce nel jazz, in particolare in quello di ricerca? È fuor di dubbio che non sia lo stesso della voce nel rock, ma nemmeno della voce nella classica (forse con la sola eccezione della musica classica contemporanea) e tantomeno potrà avere uno status simile a quello che la voce ha nella lirica, dove sono spesso le partiture ad essere modellate per la voce. Nel jazz di ricerca la voce è un strumento al pari degli altri; anzi è il corpo ad essere strumento, e la voce non è altro che l’energia che lo fa vibrare. Complessa relazione quella tra voce, musica e strumenti nel jazz, dove la voce non è utilizzata per veicolare una canzone o una ballata, ma uno strumento dialetticamente impegnato a creare intersezioni, tensioni, incanti, armonie e disarmonie. Quando ci si imbatte in un lavoro come Cálòr di Camilla Battaglia, tutte queste elucubrazioni mentali possono apparire superflue, tanto è subito intellegibile e tangibile il risultato musicale.

Il disco, uscito per Parco della Musica Records, è stato registrato presso la Casa del Jazz di Roma tra il settembre e l’ottobre 2022 con una formazione che vede Camilla Battaglia alla voce, live electronics e autrice delle composizioni, Jiulius Windisch al pianoforte, Nick Dunston al contrabbasso e Lukas Akintaya alla batteria.
Corpo e pensiero le tematiche concettuali delle undici, rarefatte e preziose track del disco, puntualmente commentate ed esplicate nelle note che accompagnano il lavoro. Titoli che alludono al corpo (Eyes, Hands, Throat, My Body), ma anche a concetti puramente mentali (Mind air, Sacrum) o fisico-mentali (Scent). A fronte di un “concept” del disco molto cerebrale, l’ascolto dei brani richiede solo quella predisposizione fondamentale per il jazz di ricerca: l’apertura mentale, cosa semplice per chi ne è dotato naturalmente, ma comprensione dei pezzi difficile da raggiungere se si cerca di arrivarci per ragionamento. La voce di Camilla Battaglia è uno spettacolo di versatilità: dalla divertita dolcezza di Eyes al racconto, dal tono quasi brechtiano, della bellissima How much a dollar cost, un’ode al testo poetico scritto da Kendrick Lamar e che mette in guardia dalle false verità. Di straordinario impatto, pur nella sua rigorosa linearità (o forse proprio per questo), Throat, elettronicamente mistica, che precede la pacata riflessione sul corpo e sulla sua dolente ma pervicace esistenza, un brano che mi ha fatto tornare alla mente il testo di Daniel Pennac, “Storia di un corpo”.

Un disco di grande fascino e profondità da ascoltare e sui cui riflettere (insieme al proprio corpo).

Tracklist:
01. Hear
02. Eyes
03. Scent
04. Hands
05. Sacrum
06. Mind Air
07. Chest
08. Radice
09. Throat
10. My Body
11. How Much a Dollar Cost

Photo © Musacchio, Ianniello, Pasqualini, Fucilla