L I V E – R E P O R T – D A N Z A


Articolo di Annalisa Fortin

È tradizione delle stagioni scaligere di balletto, presentare al pubblico ogni anno una serata dedicata ad autori del nostro tempo. Le firme scelte dal direttore del Ballo, Manuel Legris, per quest’anno sono Garrett Smith, la coppia Paul Lightfoot e Sol León, Simone Valastro. Un viaggio tra stili e mondi coreografici profondamente diversi anche nelle proposte musicali.
Già quando era direttore dello Staatsballett di Vienna, Legris aveva individuato in Garrett Smith un autore su cui aveva intenzione di puntare. Il talentuoso giovane americano ha al suo attivo creazioni firmate per il Bol’šoj, il Mariinskij, il Norwegian National Ballet, Les Grands Ballets Canadiens, oltre a numerosi debutti per compagnie statunitensi tra cui lo Houston Ballet, dove ha danzato per varie stagioni. È proprio per quest’ultimo ensamble che, nel 2015, l’allora ventiseienne Smith firma Reveal, che il maestro Legris gli ha chiesto di riadattare per 12 ballerini del corpo di ballo scaligero, otto maschi e quattro donne.

Il pezzo trae ispirazione dall’accostamento di due estratti musicali contrastanti: Double Concerto for Violin, Cello and Orchestra e Tirol Concerto for Piano and Orchestra, entrambi di Philip Glass. In questa contrapposizione si cela l’intento del coreografo: rivelare, al limite del confine tra vulnerabilità e virtuosismo, la conflittualità dell’essere umano. Smith ama lavorare attingendo da più stili: accademico, contemporaneo, jazz, hip hop. Sa anche sperimentarsi nell’incontro con danzatori di varia estrazione. I ballerini scelti riescono ad immedesimarsi molto bene nello sviluppo coreografico in cui il movimento parte da una riflessione introspettiva sull’essere umano. Nel lavoro perfettamente trasmesso da Smith ai danzatori, si assapora il gusto delle linee circolari che trovano respiro in avvolgenti ed estatici lifts, nell’energia delle veloci scivolate di gruppo. L’opposizione tra le dinamiche diventa perfetta espressione dell’alterità umorale dell’essere umano. Lo stesso vale per la fluidità delle partnership a contrasto con il ritmo dinamico e battente dei momenti corali.

Come Smith anche Lightfoot e León sono al debutto scaligero e per l’occasione scelgono un quartetto chiave del loro repertorio, Skew-Whiff, quindici minuti all’insegna di una spumeggiante comicità (lo stesso titolo significa “off balance”, ovvero “fuori dall’equilibrio”) danzati sulla giocosa ouverture della Gazza Ladra di Gioacchino Rossini. Questo balletto del 1996 rappresenta una appassionata danza di corte di tre uomini intorno ad una donna, dando origine ad un exploit di vero virtuosismo e ironia. Si tratta senz’altro di un pezzo che necessita di danzatori capaci di brioso atletismo e esilarante goffaggine. León e Lightfoot hanno senza dubbio segnato vent’anni di storia del Nederlands Dans Theatre, raccogliendo l’eredità di altri due grandi coreografi che hanno forgiato la storia della compagnia olandese: Hans van Manen e Jiří Kylián. Ne è derivata una danza contemporanea molto espressiva ma capace anche di basarsi sul rigore delle linee neoclassiche americane e di agguantare le tensioni drammatiche, caratteristiche dell’espressionismo mitteleuropeo. León e Lightfoot (coreografi residenti per la compagnia olandese dal 2011 al 2020) apprendono dai loro maestri la spiccata sensibilità musicale e la capacità di infondere al gesto una valenza simbolica. La coppia, lei spagnola e lui inglese, formatasi al Royal Ballet di Londra, iniziò subito a distinguersi per l’abilità nella messa in discussione di temi riguardanti i rapporti di coppia e le relazioni umane, con la lente della loro vivida genialità.

La stretta collaborazione sfocia in un processo creativo in cui le visioni artistiche si alimentano a vicenda, ovviamente tra momenti di accordo, discussione e persino scontro. Il risultato finale è frutto del dialogo di due punti di vista diversi, quello di una donna e quello di un uomo. Skew-Whiff oltre all’approccio blandamente ironico, offre una danza energica, vulcanica, che sorprende per l’abilità degli autori di trasformare in linguaggio coreografico la loro riflessione sull’identità del genere maschile e del genere femminile e sulle loro relazioni. La coppia di coreografi, così come il pubblico del Teatro alla Scala, hanno esaltato in maniera entusiastica l’alto potenziale dei quattro danzatori scaligeri Maria Celeste Losa, Navrin Turnbull, Darius Gramada e Rinaldo Venuti. Gli stessi León e Lightfoot in una intervista hanno dichiarato che è sbagliato credere che un balletto di danza contemporanea non richieda una formazione classica, sostenendo che questa creazione, se non si conoscessero le posizioni e i passi accademici, non si sarebbe in grado di eseguirla.

A chiudere il trittico è Simone Valastro, italiano, classe 1979, la cui carriera di ballerino e coreografo è cresciuta all’Opèra di Parigi. Legris gli ha affidato una creazione, accogliendo la proposta dell’autore di lavorare con un numeroso gruppo di danzatori (34 in tutto). Valastro è legato a doppio filo con il Teatro alla Scala, sia per la sua formazione avvenuta proprio nella Scuola di Ballo del medesimo teatro, sia per aver già partecipato come coreografo scelto nel 2021 per una serata contemporanea in cui aveva rimontato per due ballerini Arbakkinn. La creazione del 2024 invece si intitola Memento, titolo tratto dal versetto Genesi “Ricordati, uomo, sei polvere e polvere ritornerai”, motivo per cui celebrare con la danza la bellezza di saper vivere ciò che è concesso, visione di cui il palcoscenico, stupendamente adattato con una discesa e salita che lo rendono interminabile, diventa metafora. Anche in questo terzo titolo la musica è prima ispiratrice. Valastro ha creato il balletto su un dialogo musicale tra due compositori: Max Richter e David Lang. Sette brani in totale, in cui al minimalismo cinematografico di Richter si alterna la matrice più sperimentale di Lang, tra cui Simple Song #3, dalla colonna sonora del film Youth di Sorrentino. L’impatto che deriva da un numero così elevato di danzatori, di musiche così evocative e da una scenografia che parte dalla platea e dà la sensazione di salire all’infinito, è proprio di una sorta di rappresentazione cinematografica che coinvolge in tutti i sensi lo spettatore, estasiandolo. Travolgendolo.


Per quanto riguarda le scelte stilistiche Valastro dice no alle scarpette da punta per le donne, cercando invece la fisicità del corpo reale, in una sorta di relazione con lo spazio che non abbia paura del peso, con un linguaggio che pur non raccontando storie, fa tesoro dell’espressività del torace e del centro del corpo. Il balletto, anche a detta del coreografo, ha in sé qualcosa di darwiniano, rimandando alla ciclicità della vita e alla frase della grande Isadora Duncan “la danza è il movimento dell’universo concentrato nel corpo di un individuo”.

Lo spettacolo ovviamente si è concluso con un interminabile applauso rivolto sia ai talentuosi coreografi sia ai meravigliosi ed impeccabili interpreti. Dalla platea si sono elevati consensi e ammirazioni. Dalla platea si sono levati consensi e ammirazioni che si sono ripetuti tra le bocche del pubblico uscente anche nel foyer e sotto il porticato dello splendido teatro. Il consiglio è quello di rivivere questa meravigliosa serata nel canale streaming del Teatro alla Scala, poiché è stato davvero un evento unico e favoloso.  

Photo Credit © Brescia e Amisano