Articolo di Simone Nicastro

Quelli della Oscura Combo Romana sono tornati. In tempi brevi, tra l’altro, e annunciando il nuovo lp come anche l’ultimo che realizzeranno. Chi vivrà, vedrà. Detto questo faccio rapidamente mia anche un’altra loro affermazione: “Prima i grattaceli e poi lo stadio di Roma, prima la coattowave e poi l’indie pop meanstream”. Per mettere in chiaro da subito da che parte scelgo di stare.

Ricapitolando: nel 2016 questa misteriosa formazione capitolina che fa base allo 03:33 Basement Roma Est pubblica (autoprodotto) un album intitolato, appunto, “Roma Est” che mette insieme le migliori sensazioni wave vecchia scuola con un recitato romanesco pieno zeppo di elementi citazionisti, reali/metaforici e incredibilmente “cantabili”. Per il sottoscritto amore al primo ascolto e recensito come tra i miglior album dell’annata scorsa.
In questi giorni il ritorno segnalato sulla loro pagina facebook (come fatto per l’album precedente) tra fotografie raffiguranti primi piani di personaggi (più o meno) famosi e didascalie personalizzate, post con brevi excursus di vita vissuta (quella del Combo), riflessioni circostanziate al loro (neo) fenomeno e videoclip (anche se non effettivamente realizzati). Tutto bellissimo.

Come del resto è bellissimo questo secondo lavoro in studio.
Primo brano in scaletta, “Vojo sona’ l’arpa come Nerone mentre tutto brucia”, e si riparte immediatamente con un nuovo inno: “Io lo odio Johnny Marr. Profondamente. Ho coperto perfettamente con del nastro nero isolante laddove il suo nome tronfio appare. Bell’affare”. Basso, chitarre e batteria in perfetta modalità lo fi, synth evocativo e autorevolezza alla Bauhaus. Strepitosa.
Si prosegue con “Siderale bellezza upper class” dedicata al desiderio irrealizzabile (o no?) di frequentare l’icona italiana Eva Riccobono. Un mantra (personalmente condiviso) ripetuto su un andamento post punk veloce e efficace: “Dove la sua bellissima voce speziata da quell’impareggiabile erre moscia pronuncia parole come bicchiere, crinale, parappappero. Solo per me. Solo per me!”.

“Chiodo e disadattamento” spinge ancora più in là l’atmosfera di incitazione pubblica al fine di contemplare una presa di posizione umana atipica ma preferenziale: “La realizzazione attraverso la procreazione, preferisco un bel chiodo. Comporta meno responsabilità e fa figura. Comporta meno egoismo e consente i margarita. E permette gli old fashioned”. Ancora chitarre in evidenza, smaccatamente taglienti, mentre le tastiere fanno riaffiorare sogni tedeschi d’annata mai dimenticati.
A seguire un momento esclusivamente musicale: “True crime ist freundschaft/Bundytismo silenzioso” che in realtà, come da titolo, anticipa le sonorità che ascolteremo su un pezzo successivo. Claustrofobia gothic.

“Prima de Visconti c’è la più grande verità che abbia mai riscontrato: nei miti veri dell’occidente, nei belli e bravi davvero, non c’è mai stata traccia alcuna di borghesia”. E chi può rappresentare al meglio questa asserzione se non “Alain Delon”, attore simbolo del cinema francese (europeo) e titolo del brano omonimo che, grazie ad una base di tastiera marziale ma con un crescendo sempre più arioso, coadiuvato da una sei corde ritmica e fredda, si innalza per poi ridiscendere come in un assioma ovviamente incontrovertibile.
Eccoci al brano richiamato precedentemente, “Bundytismo”, primo pezzo rilasciato su youtube, senza videoclip annesso, già qualche mese fa. Elenco di ragazze, fidanzate e/o compagne con i loro difetti in risalto e la conseguente impossibilità a concepire un rapporto amoroso (duraturo): “Alle volte l’entusiasmo bisogna tenerlo a bada che poi i sogni sfumano”. Come detto prima l’atmosfera è claustrofobica e tende a rimarcare una sensazione da finale decadente inevitabile.

Settima canzone dell’album e per i sottoscritto già da questi mesi primaverili uno dei vertici di questo 2017: intro narrativo immaginifico su Raffaella Carrà, New Order anni “Power, Corruption & Lies”, estetismo d’annunziano e Alan Parker e “puoi forse capire ma più facilmente condannare”. Da ascoltare e riascoltare in continuazione. La Mute dovrebbe distribuire all’estero un possibile 7” single version.
Non contenti i Bobby Joe Long’s Friendship Party ci regalano probabilmente il loro pezzo più edm finora concepito: “Soko Soks” è la dramasynthcoattowave tirata house, imbastardita e tutta da ballare mandando a memoria le cinque strofe sui ricordi andati.
Non poteva mancare infine la canzone intitolata al capitano: “Totti”, ambientata nel 2005 e riconoscente esplicitamente, ma non molto nell’andamento musicale, a “Controversy Between” dei Front 242, band che sembrerebbe molto amata dai romani. Le chitarre, quasi funky, e lo slapping di basso si fanno abbattere dagli inserti sintetici d’atmosfera e in qualche maniera maniera melodici. Semplicemente da restare incantati.

Qualche momento di silenzio e arriva l’ultimo brano dal titolo esplicativo “Donato Bilancia listens to Front 242”: ennesimo splendore costruito su tastiere, loop e ritmo da guerriglia dove proclami interscambiabili tra il pubblico e il privato si incuneano da subito nel cervello: “La terra è piatta e l’ottocento non esiste, gli amici veri stanno ad Agarthi. Mio zio è morto e mi ha diseredato”. Finale granitico e epico per un album strepitoso.

P.S. Chiedo preventivamente scusa all’Oscura Combo Romana per inesattezze, imprecisioni e prossimità non confermate. Questo articolo rappresenta solo il tentativo di un fan (per lo più milanese e quindi in difficoltà ontologica) più che di un ascoltatore/recensore di descrivere in minima parte le sensazioni pervenute e, sicuramente, in misera parte recepite.

Tracklist
01. Voglio sonà l’arpa come Nerone mentre tutto brucia
02. Siderale bellezza upper class
03. Chiodo e disadattamento
04. True crime is freundschaft
05. Alain Delon
06. Bundytismo
07. Harry angel
08. Soko socks
09. Totti
10. Donato Pilancia listen to front 242 (ghost track)