R E C E N S I O N E
Recensione di Antonio Sebastianelli
“La mia distruzione è in ritardo di un’ora” – Buddy’s Rendevouz
Ci sono due modi in cui si può approcciare il nuovo lavoro di Josh Tillman aka Father John Misty; il primo è rilevare di un sound e un’ispirazione sempre più seppelliti nel passato remoto. Il secondo è lasciarsi affondare in queste undici gemme melodiche senza tempo, tra arrangiamenti orchestrali curatissimi, una voce mai così misurata che raramente si fa travolgere o diventa veicolo di istanze personali come nel passato recente. Sceglie di nascondersi dietro le storie dei suoi personaggi (la Chloe del titolo, ragazzina viziata e gelida, immune al fascino del nostro e che finirà suicida; la scrittrice autoreferenziale di Q4 e … un gatto di angora … morto!). La musica che le accompagna è un meraviglioso azzardo. Lontana (ma non troppo) dall’ispirazione seventies delle precedenti prove, ora si abbevera alle antiche fonti del Crooning, della tradizione del Great American Songbook e della Hollywood dell’epoca d’oro.

Una boccata di aria fresca, lontano dai miasmi ammorbanti di un presente che racconta di guerra, schieramenti, selfie, fake news ed epidemia; scandito musicalmente da improbabili baby rapper e ciarpame anni 80/90 andato a male e riadattato alla bisogna. Josh, in tempi così duri cala ancora più serratamente la maschera di Father John e da questo cratere postatomico che oramai è il contemporaneo, si riappropria degli spartiti di Irving Berlin e a piedi scalzi e con sarcasmo e classe (oramai vera cifra stilistica del personaggio), ci prende per mano per cinquantuno minuti in cui la noia non fa mai davvero capolino.
Si parte con Chloe e pare di essere calati in un’atmosfera anni Trenta/Quaranta sospesa tra Mago di Oz e Cole Porter. Poi è la volta dell’incanto di Goodbye Mr. Blue, squisita caramella country-blues memore di Everybodys Talking. La serenata notturna di Kiss Me e la elliottsmithiana (Everything But) Her Love preparano cuore e orecchie al piatto forte dell’album: la ballata senza tempo Buddy’s Rendezvous (perfetta per Lana Del Rey e infatti…), la struggente marcetta beatlesiana di Q4, Funny Girl (confidenziale, piena di spleen e meraviglia, un alba che si spiega lentamente nelle nostre orecchie e richiama in maniera più giocosa il primo Scott Walker, prima di essere trafitta da una tromba e un’arpa (!) di soave magnificenza). La chiusa di The Next 20th Century, tra intimismo e brusco risveglio alla realtà, tagliata a metà da una chitarra elettrica satura di elettricità e riverbero, di chiara marca nineties, aperture orchestrali e maracas. Altrove si scivola addirittura nella bossanova di Olvidado e in una sorta di riscrittura dell’ultimo Dylan (quello in fissa con Sinatra) di Only a Fool.
Un disco che suona come uno dei primi romanzi di Nabokov, gioiosamente “out of time”. Il gioco supremo dell’arte che trasporta in un altrove che non cerca aderenza con la realtà ma la ricrea e la reinventa. Trascinandoci in un nuovo ventesimo secolo, dove la malinconia soffiata da un vento caldo si mischia all’incanto di un tempo che non è più, eppure continua ad esistere da qualche parte. Forse dietro la maschera di Father John Misty.
Tracklist:
01. Chloë
02. Goodbye Mr. Blue
03. Kiss Me (I Loved You)
04. (Everything But) Her Love
05. Buddy’s Rendezvous
06. Q4
07. Olvidado (Otro Momento)
08. Funny Girl
09. Only A Fool
10. We Could Be Strangers
11. The Next 20th Century
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