L E T T U R E


Recensione di Alessandro Tacconi

“La musica è architettura svolta,
mentre l’architettura è musica pietrificata”
Johann Wolfgang von Goethe


Dal connubio di queste due arti Claudio Angeleri trae il senso stesso della propria attività non solo di musicista ma anche di organizzatore di eventi e concerti, rassegne, progetti multidisciplinari e insegnante. Quante vite vi sono nell’esistenza di un individuo? Le stesse che vi sono percorrendo le vie di una città, magari proprio una di quelle Città invisibili di cui narra Italo Calvino nel celebre romanzo, perché se c’è un architetto sopraffino della letteratura italiana del Novecento è proprio lui. Così Angeleri inizia un progetto a lui dedicato “in cui testi e parole vengono inseriti in partitura come linea melodica di uno strumento a fiato”. A interpretare la parte scritta viene chiamato l’attore Oreste Castagna con cui aveva già collaborato.

Foto © Roberto Priolo

E allora teniamoci vicina la metafora dell’edificio. Tutto è struttura(to) in modo più o meno visibile. Quali sono le fondamenta di un musicista, l’impalcatura che ne fa un creatore o un semplice esecutore? La passione, lo studio, gli incontri amicali e professionali. Niente di nuovo sotto il sole, quindi? Tutt’altro.
C’è una forte tensione etica in tutto quello che scrive e progetta musicalmente Claudio Angeleri: “A quel tempo (gli anni Settanta, n.d.r.) eravamo tutti di sinistra. Credevamo davvero in alcuni valori straordinari che oggi non esistono più in quegli stessi termini. Le responsabilità stanno ancora in quegli anni in cui l’immaginazione al potere non era solo uno slogan, ma un modo di essere e di vivere la quotidianità. Progressivamente molti l’hanno tradito, altri no, e in ogni caso ci troviamo in un tempo di degrado morale e culturale. Dobbiamo quindi prenderci la responsabilità del caso”.

‘Note’ che possono apparire un po’ dolenti, ci rendiamo conto, ma non pensiamo un po’ tutti la stessa cosa? “L’aver creduto, lottato e cambiato tante cose, oggi ci consegna a un contesto quasi identico a prima”. Lo scarto lo realizzi rispetto alla qualità e non alla quantità/velocità con cui si pretende di ottenere successo; ma già sai che se scegli la musica jazz quanto successo potrai ottenere invece della strada lastricata d’oro della musica pop o rock? Ma in questo modo si aderirebbe alla retorica favola della volpe e dell’uva, qui invece la scelta viene da una profondità di sguardo sull’esistenza e sulla musica nel suo complesso. E allora contano le collaborazioni, eccome se contano, musicisti di spessore umano e professionale (anche perché ti voglio vedere a suonare con qualcuno che detesti una musica che richiede grande interplay e feeling!), magari che siano più bravi di te così avrai da imparare e potrai sfidarti ogni volta sul palco. “(…) Nel jazz è lo stesso compositore che richiede ai musicisti di fornire un contributo più complesso, creativo e articolato. Il punto di equilibrio sta nell’esecuzione rigorosa della partitura senza rinunciare alla cifra stilistica dei solisti, al loro suono, alla micro variazione melodica, armonica, ritmica apportata a ogni singolo musicista.” Ecco un altro pezzetto di quell’edificio che serve a definire non solo un musicista ma anche un essere umano, che voglia progredire con dedizione nella conoscenza di se stesso e della propria arte.

Se la prima parte del volume racconta la formazione dell’artista fin da giovane, la seconda sezione del volume è dedicata proprio agli incontri che hanno contribuito a formare l’autore come persona e come musicista, e come è giusto che sia non vi sono solo musicisti: da Gianni Basso a Bruno Bozzetto, da Franco Cerri a Gianluigi Trovesi, da Martin Wehner a Gianni Bergamelli, da Gabriele Comeglio a Franco Ambrosetti, da… a…
Ognuno di loro è stato una via nuova da percorrere, una strada che si è aperta davanti a Claudio Angeleri, qualcuno con cui fare un tratto di strada insieme in modo complice, profondo e al tempo stesso lieve.