I N T E R V I S T A


Articolo di Arianna Mancini

Adil è il singolo d’esordio del neonato progetto artistico Picaro & The Magic Theatre. Ci troviamo a Novara, sede della band, e noi di Off Topic abbiamo incontrato Marco Picaro (compositore, autore, voce e chitarra elettrica), mente e fondatore di questa nuova realtà musicale. Adil è solo un singolo ma contiene in sé la fascinazione del viaggio e l’audacia nell’infrangere schemi prestabiliti e confini. Per iniziare, mettetevi comodi e ascoltate il brano, perdetevi nella cangianza delle sue sfumature. Ciò che seguirà, non vi ruberemo molto tempo, è una breve intervista. Il racconto della nascita di una nuova creatura con un brillante ed inaspettato esordio.

I primi di marzo è uscito Adil, il singolo d’esordio del tuo nuovo progetto artistico: Picaro & The Magic Theatre. Come nasce questa nuova realtà musicale? Raccontaci qualcosa di voi…
Questa nuova realtà musicale è nata lo scorso anno ma la stavo già meditando dal 2020/2021. In quel periodo, oltre alla sostanziale riduzione dei concerti, mia sorella, cantante dei Ramrod, si è trasferita in Spagna e, per una serie di motivi, il lavoro di dieci anni di band ha cominciato a rallentare pian piano fino a fermarsi. Questi avvenimenti non hanno bloccato la mia produzione musicale, che è proseguita nella stessa maniera di come facevo prima e, intorno al 2023, mi sono ritrovato con un repertorio intero e con arrangiamenti scritti. Mi mancava soltanto la band. Prima ho parlato con Michele Isoni, il bassista e contrabbassista del gruppo, che, oltre ad essere uno dei miei migliori amici, ritengo una persona geniale sotto vari aspetti, musicali e non. Ci siamo trovati in sintonia sul fatto che entrambi abbiamo un background jazz, siamo innamorati del rock psichedelico anni ‘60/’70, del progressive, del krautrock e ci lega una forte voglia di non porre limiti alla ricerca e alla scoperta di differenti estetiche e significati nel mondo della musica, in tutta la sua totalità. Credo che queste siano le fondamenta su cui si basa il gruppo. Più avanti nel tempo, Michele mi ha presentato Giuseppe Troncale, che è un hammondista e pianista. Ciò che mi piace di Giuseppe è che anche lui ha delle basi culturali e musicali molto simili alle nostre. A parte la forte radice rock e progressive anni ’70, quando ci spingiamo in divagazioni e improvvisazioni di stampo jazzistico o libero, tutto si sviluppa secondo una sintonia perfetta. Se in certi momenti volessimo fare riferimento a Coltrane, Mingus, Ornette Coleman o al rock jazz dei Soft Machine, Nucleus o Area, l’intesa arriva naturalmente e senza discutere o accordarsi, in quanto si tratta del nostro bagaglio comune. Alla batteria c’è Pietro Giovaninetti anche lui è un caro amico. Ci siamo conosciuti perché anche lui viene dal jazz e sta finendo in questo periodo il conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, dal quale pure io provengo. Il mio desiderio, dopo i Ramrod, era proprio quello di fondare un gruppo rock psichedelico, trovando musicisti con un background jazz, in modo da rendere le improvvisazioni molto liquide, possibilmente meno strutturate ed imprevedibili. Sono felice di aver trovato questi musicisti molto bravi.

Cosa ha ispirato il nome del progetto? Ti confesso che mi ha catturata all’istante, mi ha fatto pensare ad Hermann Hesse, al Lupo della Steppa.
Esattamente, l’hai beccato subito! Io sono rimasto folgorato da Il Lupo della Steppa. Il libro in sé è una sorta di precursore di una direzione intrapresa da molte persone negli anni ’60/’70, anche se in realtà si porta dentro una filosofia che è molto più vecchia ed antecedente a quel determinato periodo storico. Mi piace l’idea ed il concetto di Teatro Magico, di dissoluzione e di apertura dell’ego. Il tentativo di superare l’idea di dividere la nostra personalità in due o poche approssimative facce, quando noi stessi siamo costituiti da infinite sfaccettature. Ed è su questo che si basa il viaggio psichedelico di quando il protagonista si interfaccia con i mille lati di se stesso. Mi piace l’idea del teatro, decostruzione e ricostruzione, di questo ambiente che può, anche con una certa angoscia, metterti difronte a nuovi lati di te stesso, magari alcuni anche ignorati e altri semplicemente ignoti, smontando la grandiosità delle poche facciate che ci sembravano apparentemente forti e che ci siamo costruiti per evitare questi tipi di confronti. Questa è la mia idea di Teatro Magico e di viaggio psichedelico. Inoltre mi piace anche come rappresentazione estetica della musica che facciamo. Come in Hermann Hesse, il protagonista apre tante porte e trova tanti lati di se stesso così noi cerchiamo di far confluire nello stesso discorso estetiche musicali che possono apparentemente sembrare distanti.

Sì, esatto. Mi hai letta nel pensiero perché hai anticipato la domanda che stavo per farti. Il vostro brano d’esordio è un meraviglioso biglietto di presentazione. Un viaggio di sette minuti che spazia, toccando e fondendo in maniera libera le sfumature di varie realtà estetiche. Ti va di presentarci questo viaggio sonoro?
Io sono molto soddisfatto di questo brano, perché come singolo di lancio può dare un’idea della varietà di musica che suoniamo, anche se sono solo sette minuti. La mia premura è che per essere un primo singolo ha una forma un po’ anomala rispetto alla media del mondo musicale moderno. I primi minuti rientrano di più nella forma “canzone rock” più classica (strofa/ritornello). Ha quella vibe da rock psichedelico, nonostante in realtà si alterni con parti di swing e walking bass. Dopo il cantato inizia un’escalation: una sorta di tentativo di mettere in scena un’evoluzione che partendo dal jazz-rock, passa dal rock classico e finisce nello stoner. Un discorso che in maniera lineare ti faccia vivere questa evoluzione. Io a volte mi sento sempre molto titubante nell’osare così tanto.

Avete reso l’idea, a me è arrivato tutto in maniera inequivocabile e nitida. È stato come essere dentro un flusso magnetico, ci sono dei passaggi meravigliosi ed imprevisti. Passate da momenti di liquida psichedelia, a scenari jazz che si evolvono in aperture stoner. Tu osa, continua ad osare, solo così puoi rompere gli schemi e approdi dove devi arrivare.
Esatto! Grazie, grazie! È quello che voglio. Con i Ramrod, esteticamente, toccavamo blues, rock e psichedelia, e mediamente facevamo canzoni con una struttura più classica (nonostante abbiamo avuto anche noi le nostre belle espansioni psichedeliche, soprattutto live). Adesso però, con questo nuovo progetto, mi sono chiesto: perché continuare a stare negli schemi? Questo vincolo a cosa mi può portare? Tanto, alla fine, non sono un personaggio che vorrà mai sposare un certo tipo di cultura mainstream, quindi tanto vale che osi. Almeno chi ama questo mondo potrà trovare pane per i suoi denti.

Allora mi metto in fila già da ora fra le future bocche da sfamare.
Ah ah, grazie!

Nelle didascalie del brano c’è scritto: “Questa canzone è ispirata alla tragica storia di Adil Belakhdim accaduta a Novara nel giugno 2021”. Qual è la storia che l’ha ispirata?
Qui tocchi un tasto dolente. Sono riuscito a scrivere la canzone ma mi risulta davvero difficile parlare di questo argomento in maniera chiara e brillante. Forse questa cosa deve rimanere così. Penso che chi ascolta davvero il brano e legge la didascalia ha i riferimenti necessari per informarsi e capire da dove nasce questa storia. Chi vuole intendere, intende. Posso dire che nel 2021 ero ancora nell’onda di fare musica coi Ramrod e, anche se già stavano sfumando un po’, comprai un quadernetto e scrissi il testo di getto. Mi sono promesso che se avessi ricominciato un progetto musicale nuovo, diverso dai Ramrod, sarei ripartito proprio con questa canzone. Una connessione che posso aggiungere è che la storia di Adil si è sviluppata nella stessa frazione di Novara in cui cinquant’anni fa è stato girato il film La Classe Operaia Va in Paradiso. Sulla superficie sembra che le cose siano cambiate ma nel “cuore” i problemi sono sempre gli stessi. Ricominciare con Adil, per me, è proprio come ricominciare dalla mia città e dalla mia zona.

Spero che questo caleidoscopico esordio possa evolversi e crescere. Ci sarà un album?
Certo! Al momento abbiamo già materiale per due dischi; anche se abbiamo pubblicato solo un singolo, non ci fermiamo mai, continuiamo a lavorare e sperimentare. Nonostante il materiale accumulato, ci scontriamo con le difficoltà dell’autoproduzione: pubblichiamo e registriamo a spese nostre, grazie alle nostre fatiche e investimenti. Naturalmente, visto che abbiamo appena pubblicato il primo singolo e siamo indipendenti, le cose si muovono ad un ritmo coerente con la nostra situazione: col tempo le cose si evolveranno!

Si dice che ogni grande viaggio inizi muovendo i primi passi e noi ci auguriamo che questo cangiante esordio sia la premessa per un nuovo e longevo percorso creativo di sperimentazione…