R E C E N S I O N E


Recensione di Andrea Notarangelo

Per me l’aspetto legato allo schermo è davvero da prendere alla
lettera. Mentre facevamo questo disco ci sembrava di vivere le

nostre vite solo attraverso gli schermi

(Martin Doherty, Chvrches)

I Chvrches arrivano al loro quarto album e oggi non è più possibile considerarli dei promettenti talenti musicali. Abbiamo di fronte dei musicisti con un certo gusto che col trascorrere del tempo cercano una loro via personale al Dream pop. Quella musica sognante che caratterizzò gli anni ’80, si sviluppò in forme più o meno commerciali in un decennio particolare e pieno di cambiamenti sostanziali. Trent’anni dopo, la situazione è talmente simile, da sembrare capovolta in uno specchio. Allora la Guerra Fredda condizionava le persone e ci teneva separati, mentre oggi, l’isolamento è dovuto a cause di tipo sanitario ed è in questa direzione che si muove Screen Violence, cioè l’arte di raccontare la disillusione, la paura e l’isolamento ai giorni nostri. Questo titolo fu un’opzione, poi scartata, per il nome della band e dieci anni più tardi, se ne sono ricordati e lo hanno utilizzato come metafora della società.

La “violenza sullo schermo”, è quella che ci infliggiamo e ci autoinfliggiamo quotidianamente attraverso le interazioni via social e Asking For A Friend, la traccia di apertura, cita proprio un modo di dire (“chiedo per un amico”), che va talmente di moda da renderci tutti uguali e stereotipi di noi stessi. Attraverso un’orgia di sintetizzatori di Martin Doherty e Iain Cook, ecco stagliarsi la voce cristallina di Lauren Mayberry che ci offre il benvenuto in quello che sembra un sogno, ma che a ben ascoltare racconta storie da horror ed incubo. Incubo, come Nightmare, la nona traccia, dove Lauren canta disperata un testo maturo “I get the last word, only because I write on the walls in my head. Maybe some things are better unsaid to be left on the sheets of your bed” (Ho l’ultima parola ma solo nei muri della mia testa. Forse alcune cose è meglio che restino non dette e rimangono sotto le lenzuola del letto). E ancora “An ugly song came from a ballad for a friend…”, nella quale i Chvrches di sicuro non fanno riferimento a Nightmare, forse la canzone più bella e imperdibile di questo disco. Il pezzo forte è però How Not To Drown, il singolo nel quale il trio scozzese collabora con Robert Smith dei Cure, e si sente. La carica della Mayberry viene piacevolmente smorzata dalla voce di Smith, con la quale si mescola in un turbinio di emozioni in un pezzo dove si parla di come non annegare, di come sopravvivere e di come andare avanti. In questo, il leader dei Cure è un professionista e nobilita la traccia offrendo un contributo sincero e tutt’altro che manieristico.
Si potrebbe parlare per ore di questo disco e delle associazioni di pensiero che ci riportano all’individuare le influenze. La band però ha carattere, dopo essersi imposta in un periodo nel quale non si sperimenta più e dopo aver collaborato con chi quegli anni ’80 li ha vissuti ed è sopravvissuto per raccontarli e cantarli, ora deve prendere il coraggio a piene mani e fare un salto di qualità. Che il quinto disco diventerà il loro personale capolavoro? Per il momento godiamoci questo Screen Violence premendo di nuovo play e pensando che l’apocalisse può attendere ancora per un po’.    


Tracklist:
01. Asking For A Friend
02. He Said She Said
03. California
04. Violent Delights
05. How Not To Drown (ft. Robert Smith)
06. Final Girl
07. Good Girls
08. Lullabies
09. Nightmares
10. Better If You Don’t